Ultimo Aggiornamento:
14 dicembre 2024
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Brasile: uno tsunami nel Partito dei Lavoratori

Rafael Ruiz * - 09.11.2016
Marcelo Crivella

Ho atteso un po’ di tempo per scrivere questo articolo perché volevo aspettare i risultati definitivi delle elezioni municipali, in modo da avere un’idea esatta delle dimensioni del disastro atteso per il Partido de los Trabajadores (Lavoratori) degli ex-presidenti Lula e Dilma.

Non è stato un disastro ma un’ecatombe o, se si vuole, un vero e proprio tsunami. I numeri sono sufficientemente chiari per rendersi conto di quanto è successo.

Nel 2012 il PT reggeva 644 municipalità ma ora, nel 2016, ne ha ottenute solamente 254; la popolazione interessata è dunque passata da 38 milioni a meno di sei milioni. Questo significa che il PT non solo ha perso in più della metà delle municipalità, ma che ha vinto solo in città molto piccole e in nessuna capitale federale, a parte Rio Branco, la capitale dello stato di Acre, in piena foresta amazzonica, alla frontiera con il Perù.

Da parte sua il PSDB (Partito Social Democratico), partito in lizza per l’elezione presidenziale un anno fa, sconfitto da Dilma Rousseff, oggi nel 2016 governa su 48,7 milioni di persone quando nel 2012 lo faceva su 28,5 milioni. Il partito del presidente Temer (Partito del Movimento Democratico – PMDB) ha invece mantenuto la linea di galleggiamento: nel 2012 reggeva 1017 municipalità, oggi divenute 1038.

Il fatto più rilevante, tuttavia, è probabilmente la vittoria di Marcelo Crivella, vescovo della evangelica Chiesa Universale del Regno di Dio. In lizza con il PSOL (Partito Socialismo e libertà), collocato a sinistra del PT, Crivella ha ottenuto l’importantissima municipalità di Rio de Janeiro.

Non ci sono molti dubbi sulla lettura del quadro generale risultante da queste elezioni. Il PT, finora al potere, ha perso davvero tanto, molto di più di quanto si potesse immaginare. IL PSDB invece è il grande vincitore. Si tratta del partito che nelle ultime quattro elezioni presidenziali (le due di Lula e le due di Dilma) era stato scelto dallo stesso PT come partito di opposizione, simbolo di tutto quello che il PT combatteva e considerava disastroso per il Paese. Ma non è tutto.

Attualmente Lula è sotto indagine in tre diversi processi e in qualsiasi momento potrebbe essere dichiarato colpevole. Ancora, due uomini forti del suo governo – i ministri Palocci e Mantega – sono in stato di detenzione carceraria preventiva, nell’attesa di giudizio e di sentenza definitiva.

C’è chi sostiene che il giudice Sergio Moro, il grande conduttore della mega-operazione conosciuta come Lava Jato (autolavaggio, in italiano), sarebbe interessato ad agire solo contro il PT. In verità, non sembra sia così, o almeno che non sia quello l’unico bersaglio. Moro ha mandato in carcere Eduardo Cunha (PMDB), ex-presidente della Camera dei Deputati e ora ha messo nel mirino José Serra (PSDB), attuale ministro delle Relazioni internazionali e potenziale candidato alla successione presidenziale. Serra è stato messo in discussione dopo la confessione dell’imprenditore Marcelo Oderbretch, che solo dopo più di un anno di prigionia ha firmato un accordo con gli organi di giustizia e ha iniziato a raccontare quello che sa. Questo ha provocato un disperato trambusto a Brasilia, simile a quello che potrebbe causare l’annuncio di una bomba atomica... .

Nel frattempo a San Paolo ha trionfato l’imprenditore João Dória (PSDB), appoggiato dal compagno di partito Gerlado Alckmin, governatore dello Stato. La cosa più significativa di questa elezione paulista è stata che Doria ha vinto al primo turno, cosa mai successa prima, mentre il candidato del PT Haddad non ha superato il 16% dei voti. E ancora. La campagna di Doria è stata costruita sul discorso retorico: non sono un politico e non farò politica. Si tratta di un gestore, di un amministratore, e quello che farà (o tenterà di fare) sarà solo amministrare San Paolo. Cosa questo significhi davvero lo sapremo quando inizierà il suo mandato. Al momento la cosa certa è che il PT è praticamente scomparso dalla scena politica e dovrà reinventarsi, se vuole calcarla nuovamente con una parte, anche minima, da protagonista.

 

 

 

 

* Professore di História da América nella Universidade Federal de São Paulo. Traduzione di Claudio Ferlan