A volte ritornano
Nicolas Sarkozy si è ripreso l’UMP, a dieci anni dalla prima conquista del partito post-gollista creato dalla coppia Chirac-Juppé nel 2002. Il 28 novembre 2004 Sarkozy aveva ottenuto l’85% dei voti dei militanti e avviato la sua rincorsa all’Eliseo, coronata con la vittoria del maggio 2007. Il 29 novembre 2014 il 63% dei militanti gli ha riconsegnato le chiavi del partito della destra repubblicana francese.
Un decennio è passato e si vede! Si potrebbe affermare così, con una battuta. Infatti, le differenze sono davvero notevoli. Cominciamo da quelle più banali, ma non per questo meno importanti. L’attuale Nicolas Sarkozy è l’ex presidente per cinque anni alla guida del Paese e non in grado nel 2012 di ottenere la riconferma per un secondo mandato. La parentesi maggio 2012-settembre 2014 è stata caratterizzata da una serie di faide interne e di guai giudiziari che hanno condotto l’UMP sull’orlo dell’implosione. Si può senza retorica affermare che il trauma del 2012 non è mai stato superato dal partito ed ora è chiamato a risolvere la situazione colui che, di quel trauma, per molti versi è una, se non la principale, causa.
Non si devono poi sottovalutare le differenze di sostanza tra novembre 2004 e novembre 2014. Intanto lo score. Un plebiscito per Sarkozy nel 2004, con l’85% dei voti (anche se in termini effettivi, solo 60 mila voti contro gli oltre 100 mila odierni) e al secondo posto un misero 8% per Dupont-Aignan e un 5% di testimonianza per Christine Boutin. Questa volta Sarkozy vince ma non convince, con il suo 63%, più o meno soglia minima richiesta affinché il suo ritorno sulla scena politica non fosse considerato un fallimento. La seconda differenza, più significativa, è che l’outsider di turno questa volta è credibile, ottiene circa il 30% (pari a 45 mila voti) e soprattutto si presenta con un chiaro e netto messaggio di rinnovamento. Bruno Le Maire, infatti, è il vero volto nuovo della destra repubblicana e post-gollista francese. Brillante enarca, eletto deputato nel 2007 e poi rieletto 2012, già sottosegretario e poi ministro nei cinque anni di presidenza Sarkozy (pur essendo da sempre considerato un uomo di de Villepin), Le Maire è un grande conoscitore di questioni europee e di relazioni internazionali (con una predilezione per la Germania anche grazie al suo perfetto tedesco). Allo stesso modo ha solo 45 anni e ha condotto la campagna per la presidenza del partito all’insegna della necessità di contrastare l’avanzata del FN sfidando Marine Le Pen sulle politiche concrete, più che sulle polemiche, e proponendo la ripartenza guidata da una nuova classe dirigente, da lui ben incarnata. La terza differenza è che Sarkozy si trova tra le mani un partito non solo traumatizzato dalle passate querelle tra Copé e Fillon, ma in generale profondamente diviso, con una serie di “pesi massimi” (Bertrand, Juppé e lo stesso Fillon) tutti proiettati verso la candidatura per le presidenziali del 2017. Come testimoniato da recenti sondaggi, il 68% dei francesi è convinto che l’UMP sia destinato, a breve, al collasso. Peraltro proprio i sondaggi delineano in maniera impietosa un quadro nel quale Sarkozy risulta ancora piuttosto amato dai militanti del partito (il 43% lo considera il giusto candidato per il 2017), ma per nulla credibile se il sondaggio è allargato all’insieme dei francesi (la cifra scende solo al 25%). In questo caso salgono invece le quotazioni di Juppé, che il 53% dei francesi definisce serio e competente e il 47% in grado di allargare il suo bacino di raccolta dei voti al centro (solo il 21% pensa lo stesso di Sarkozy).
Ora che si trova in possesso delle chiavi del partito, Sarkozy come cercherà di sfruttare la situazione? La risposta è da cercare analizzando rischi e opportunità offerti dal nuovo ruolo di presidente dell’UMP all’ex inquilino dell’Eliseo.
Partendo dai rischi, Sarkozy dovrà organizzare un’opposizione organica al PS, in grado di operare nel Paese e all’interno dell’Assemblea nazionale e del Senato. Non potrà limitarsi a sfruttare il livello di sfiducia unanime che accoglie qualsiasi tentativo di rottura dell’impasse da parte del presidente Hollande. In secondo luogo dovrà, con rapidità, affrontare i problemi “materiali” del partito e cioè nello specifico il “buco” da quasi 80 milioni di euro e l’affaire giudiziario Bygmalion (finanziamento campagna 2012), nel quale è peraltro coinvolto in prima persona. Infine, terzo grande cantiere ma probabilmente al primo posto per rilevanza, l’appuntamento delle primarie 2016 per designare il candidato alle presidenziali dell’anno successivo. La “petite victoire” non ha consegnato nelle mani di Sarkozy un “assegno in bianco” e questo significa che il nuovo presidente è costretto ad organizzare un voto che avrebbe volentieri evitato. Juppé è già in lizza, così come Bertrand. Fillon probabilmente sarà della partita ma ancora più temibile sarà la possibilità che anche Bruno Le Maire, forte del suo ottimo risultato nella corsa alla presidenza, decida di portare la sua carica di innovazione nelle primarie del 2016. La “grande questione” sarà verso quale tipo di primarie ci si orienterà. Al momento i margini di manovra sembrano esigui per Sarkozy. Si dovrebbe optare per primarie “aperte” (dunque non solo per gli iscritti). Peraltro se il neo-presidente del partito dovesse spingersi sino ad “annullare” le primarie, magari attraverso un referendum interno agli iscritti, sia Juppé, sia Fillon potrebbero scegliere la via della partecipazione al voto del 2017, con il rischio di avere tre candidati per la destra repubblicana e di conseguenza una frammentazione a destra della quale sia il FN, sia il decrepito PS potrebbero avvantaggiarsi.
Non devono però essere trascurate anche le opportunità che Sarkozy si trova in mano, nel momento in cui ritrova la guida dell’UMP. Alla testa del partito egli può controllare l’apparato e organizzare le candidature e la campagna elettorale per le prossime decisive elezioni del 2015 (dipartimentali e soprattutto regionali). Si tratta delle ultime elezioni “nazionali” prima delle presidenziali del 2017. In secondo luogo, anche se con non poche incognite e difficoltà, Sarkozy potrà procedere a quella rifondazione del partito più volte rievocata negli ultimi mesi. Oltre ad aver parlato di un più ampio rassemblement che riveda in profondità il clivage destra-sinistra (giudicato superato dall’evoluzione post bipolare e post 11 settembre 2001), Sarkozy pare abbia in mente importanti novità organizzative. Il nuovo soggetto dovrebbe vedere la scomparsa della logica correntizia, attribuire più potere alle federazioni locali (e di conseguenza agli iscritti) chiamate a decidere in ultima istanza anche sulle candidature e addirittura introdurre il cosiddetto “metodo partecipativo” (così caro nella campagna 2007 a Segolène Royal) per la costruzione del progetto presidenziale. Dopo l’organizzazione, egli dovrà mettere mano ad un indispensabile aggiornamento ideologico e di cultura politica, dal momento che la rincorsa al FN o ai più disparati movimenti di protesta (dalla Manif Pour Tous ai Bonnets rouges) non può essere sufficiente a creare una base solida sulla quale edificare un’idea di Paese.
In definitiva a dieci anni dal suo primo arrivo alla guida dell’UMP, Nicolas Sarkozy scommette su un nuovo inizio per la sua carriera politica e per l’evoluzione della destra moderata e repubblicana. Egli aveva sognato un “comeback” ben diverso, da “salvatore” e “ultima risorsa” per il Paese, sul finire del 2016. Si è dovuto, pragmaticamente, riadattare agli eventi. Riuscirà nella sua operazione? Parte della risposta si potrà dare osservando le sue mosse nei prossimi mesi. Non bisogna però dimenticare che l’orizzonte del 2017 è lontano, la conquista dell’Eliseo non è decisa e soprattutto in un quadro oramai tripolare, con il FN sempre più lanciato verso un ruolo nazionale, uno scenario con due o più candidati di destra al primo turno (più magari uno del centro) potrebbe non solo fare il gioco di Marine Le Pen, ma addirittura rianimare un partito socialista ad oggi moribondo. Insomma “a volte ritornano” e spesso, come in questo caso, il quadro si complica.
di Michele Marchi
di Duccio Basosi *