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27 aprile 2024
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Vaghe Cinque Stelle (dell’Orsa?)

Michele Iscra * - 18.11.2017
Luigi Di Maio

Davvero i Cinque Stelle hanno probabilità di avere l’incarico per formare il governo dopo che saranno state espletate le elezioni politiche della prossima primavera? La domanda non è del tutto peregrina, perché la situazione politica italiana è così magmatica da rendere possibile più di uno scenario.

Ci si potrebbe consolare dicendo che anche ammesso che M5S risultasse il partito più votato e che non ci fosse una coalizione che come somma ha raccolto più voti di esso (perché questo è il tema) ci sarebbe sempre la difficoltà per il Presidente della Repubblica di conferire l’incarico al candidato di un partito che nelle consultazioni non si è rivelato in grado di raccogliere, almeno ipoteticamente, una maggioranza nelle due Camere. Qui infatti c’è un problema che normalmente non viene preso in considerazione: nel nostro sistema bicamerale non basta vincere in una Camera, ci vuole anche l’altra. Allora forse andrebbe fatto un pensierino alle difficoltà che M5S avrebbe a raccogliere una messe di voti ragguardevole anche al Senato, dove per esempio le soglie di sbarramento si calcolano a livello regionale e dunque nelle regioni del Sud c’è maggiore spazio per le manovre dei partiti minori. Essendo notorio che M5S non fa accordi e coalizioni né prima né dopo le elezioni, non è facile immaginare che altri partiti dichiarino a Mattarella di essere disposti a sostenerlo senza contropartite.

Detto questo è però troppo sbrigativo pensare che i Cinque Stelle non abbiano alcuna chance. Non tanto perché sia facile prevedere un loro travolgente successo elettorale, in termini tali da rendere insignificante la concorrenza del centrodestra e del centrosinistra, quanto perché non è affatto garantito che quelle coalizioni reggano una volta acquisito l’esito delle urne. Già nel centrosinistra è difficile che si riesca a formare una coalizione abbastanza ampia da eguagliare il previsto successo di M5S. Difficile, ma non necessariamente impossibile, perché come alla fine si muoverà il gran corpo degli indecisi e degli astenuti è tutto da verificare. Nel centrodestra poi, che al momento ha il vento in poppa nei sondaggi, abbiamo una alleanza strumentale a denti stretti che potrebbe anche andare in crisi al momento delle consultazioni al Quirinale.

Ciò che infatti potrebbe avvantaggiare i Cinque Stelle è proprio la peculiarità della loro posizione. Tanto nel centrodestra, quanto nella sinistra ci sono forze a cui potrebbe non dispiacere dare una mano per un governicchio pentastellato facendo così un dispetto ai loro tradizionali compagni di strada. Lo farebbero a cuor leggero, convinti che si tratterebbe di un governo destinato a non durare e dunque a riportare rapidamente il paese alle urne, cosa che li rimetterebbe in gioco per un ben diverso futuro. Chi suppone che la Lega da un lato e Mdp dall’altro potrebbero essere tentati dal giochetto forse fa peccato perché pensa male, ma può anche darsi che non si sbagli.

Naturalmente sarebbe tutto da verificare se poi davvero un esecutivo Cinque Stelle sarebbe così facile da mandare a casa. I cosiddetti grillini (ma ormai il termine è obsoleto) non sono poi tutti così sprovveduti come li si dipinge. In cinque anni di frequentazione della politica hanno imparato un po’ di tattica e soprattutto hanno capito che nel paese e anche fuori di esso ci sono forze importanti a cui in fondo non dispiacerebbe avere nelle stanze del governo un personale poco preparato e facilmente manipolabile, ma soprattutto un personale che non ha alcuna intenzione di mettere seriamente mano alla ristrutturazione del sistema italiano.

Forse qualcuno avrà notato l’innamoramento improvviso di Di Maio per Trump e per le sue politiche in fatto di tasse e di investimenti in deficit. La folgorazione per Trump è improvvisa, ma quelle idee hanno una certa tradizione nel populismo grillino, così come altre del genere. Siamo sicuri che non siano prospettive gradite ad una quota forse non così piccola delle nostre classi dirigenti che, in fondo, più o meno su quelle linee hanno prosperato dagli anni Ottanta del secolo scorso in poi?

Certo qualcosa di simile lo si potrebbe ottenere anche dal centrodestra, che già in passato è stato prodigo in quelle direzioni. Quando Berlusconi afferma di poter essere l’argine al populismo grillino sa di poterlo fare proprio perché ha alle spalle quella “credibilità storica”. Però è un signore di 81 anni e con cospicui interessi economici che non gli consentono di mandare troppo a fondo il paese, perché annegherebbe anche lui, mentre i pentastellati sono giovani e non hanno remore.

D’accordo, sono tutti ragionamenti ipotetici, ma converrebbe farci un pensierino. Un quadro parlamentare molto frammentato e senza vere maggioranze certe metterebbe il Capo dello Stato in una posizione difficile. Potrebbe giocare la carta di un governo del presidente di salvezza nazionale, ma è una mossa difficile perché si presterebbe all’accusa di essere una specie di colpo di mano contro il volere popolare e comunque dovrebbe trovare una solidissima maggioranza parlamentare per tentare almeno di aggirare questa obiezione.

Contare su una grande maturità dell’elettorato che risolva con le sue scelte razionali i dilemmi della nostra crisi politica è purtroppo azzardato. Non vorremmo non ci restasse che rimirare, come il noto poeta, dalle nostre finestre le vaghe Cinque Stelle (dell’Orsa) riflettendo su come mai ci siamo ridotti così.

 

 

 

 

* Studioso di storia contemporanea