Ultimo Aggiornamento:
17 aprile 2024
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Una donna a Palazzo Chigi? Qualche nota a proposito di Meloni e di una campagna elettorale senza qualità

Raffaella Gherardi * - 21.09.2022
Meloni al Campidoglio

Nel corso di una campagna elettorale che non si staglia certo, per usare un eufemismo, per livelli qualitativamente alti dal punto di vista dei contenuti, una tematica che avrebbe potuto utilmente rappresentare uno dei problemi importanti intorno ai quali focalizzare trasversalmente, da parte dei partiti, l’attenzione degli  elettori sarebbe stata sicuramente quella del ruolo delle donne, della necessità di un loro effettivo riconoscimento nella società e nella politica e di quali concrete misure occorra darsi carico in proposito. Tutto ciò sarebbe stato (e il condizionale è, come sopra, assolutamente d’obbligo!) ancora più necessario nell’era pandemica che da più da due anni a questa parte stiamo attraversando e che ha visto soprattutto le donne pagare un prezzo molto più alto rispetto ai loro colleghi maschi sotto il profilo professionale; problema che, come fior fiore di dati mostra ormai da tempo, viene universalmente riconosciuto, sulla carta almeno, come urgenza cui metter mano da parte della politica. E invece… sì, proprio così: al di là delle dichiarazioni di rito dei vari leader dei partiti, tutti pronti a stracciarsi le vesti e a spergiurare che sì certamente, imbracceranno con convinzione la causa delle donne, una volta che saranno arrivati alla vittoria finale, la campagna elettorale in questo come su altri temi importanti è stata tutto fuorché una occasione di reale e ampio confronto fra programmi, prospettive in causa in proposito, misure concrete da parte dei singoli partiti e/o schieramenti.

Un tema di dibattito e di scontro aspro non solo fra i partiti e i loro rappresentanti - donne e uomini- di maggiore o minor calibro, ma anche da parte della intellighenzia mediatica a vari livelli e più che mai anche da parte di esponenti illustri della cultura, è stato quello di Meloni quale possibile (a tutt’oggi, stando ai sondaggi, probabilissima) prima Presidente del Consiglio donna nella storia della Repubblica. E in proposito abbiamo assistito al formarsi di due opposti ed estremi schieramenti di fondo: da una parte si sono fatte strada le argomentazioni di coloro che sostengono che comunque la novità-donna è in sé positiva e da vedersi con favore l’idea di una donna finalmente a capo dell’esecutivo. Dall’altra ci sono invece gli oppositori di questa tesi, per i quali Meloni, in quanto esponente di una Destra non proprio illuminata anche dal punto di vista della concezione della donna, non saprebbe affatto rendersi interprete delle donne e dei loro bisogni e anzi ci sono politici/uomini che molto meglio di lei saprebbero darsene carico. Quanto più Meloni cresceva nei sondaggi, tanto più si acuivano gli strali, (a volte rivestiti di approfondimenti teorici a vario livello, per esempio a partire dal pensiero politico delle donne), fra gli opposti schieramenti di cui sopra.

Non so se un iper-intelligente extraterrestre, improvvisamente sbarcato su questo nostro pianeta e in grado di inglobare in sé tutti gli innumerevoli interventi sull’uno e l’altro versante, sarebbe poi capace di razionalizzare il tutto e di capire in profondità la reale posta in gioco per gli elettori del fatto di poter avere oggi una donna, e specificamente Meloni, a Palazzo Chigi, alla quale Mario Draghi consegnerebbe la celebre campanella. Quel che appare fin da ora certo è invece che, anche non entrando affatto nelle argomentazioni sopra richiamate, (e tanto meno nei vari tentativi di mediazione che alcuni hanno tentato di costruire a partire dalle due sponde opposte), Meloni ha tratto un grandissimo oggettivo vantaggio elettorale da entrambi gli schieramenti in causa. Infatti, in un’epoca di partiti alla deriva, in cui le figure dei leader che li rappresentano svolgono una funzione fondamentale nel coagulare il consenso, anche il “si parli male di me, ma si parli comunque di me” in vista del voto, svolge paradossalmente un ruolo significativo nel delineare una determinata leadership come punto di riferimento obbligato e quindi oggettivamente più importante degli avversari e dei suoi stessi “amici” (?) di schieramento.  Inoltre la leader di Fratelli d’Italia è stata molto accorta nel cogliere qua e là qualche gaffe sul terreno della correttezza anche nell’uso di determinati vocaboli, nei suoi confronti come leader donna, da parte degli avversari politici quando, a suo avviso, essi si sono macchiati di toni di “misoginia”; qualcuno si è affrettato a chiedere scusa anche quando non ce ne sarebbe stato bisogno. Si veda a tale proposito le scuse di Enrico Letta per aver fatto ricorso all’immagine della cipria nei confronti di una Meloni che nasconderebbe, a suo avviso, ben altri e più pericolosi orientamenti politici rispetto alla sua recente conversione moderata, liberale, atlantista/europeista. Non è chiaro perché Letta non abbia rovesciato l’accusa e l’idea che “cipria” sia di per sé sinonimo di misoginia, dato che tantissimi uomini oggi sono accaniti fruitori di prodotti di bellezza; non parliamo poi di gloriose epoche passate in cui la cipria non era affatto di esclusiva pertinenza delle donne… anzi…

Ma nella campagna elettorale in corso, l’attenzione sull’eventualità/possibilità effettiva di una donna a Palazzo Chigi si inscrive anch’essa largamente all’interno di battaglie politico-mediatiche senza qualità e meno che mai fatte di programmi veri sui quali aprire un approfondito confronto davanti agli elettori, anche auspicabilmente nel segno della uguaglianza e della reale parità uomo-donna. In tale prospettiva i valori fondativi della Unione Europea, appaiono la più salda garanzia, così come i princìpi della democrazia e dello Stato di diritto per gli Stati che ne fanno parte. Da ultimo la risoluzione votata a larga maggioranza dal Parlamento europeo contro l’Ungheria di Orban, in quanto avviata a palesi violazioni di alcuni princìpi chiave della democrazia costituzionale, deve essere presa in seria e preoccupata considerazione, così come qualche legittima preoccupazione debbono destare in casa nostra quelle forze politiche che, come Lega e Fratelli d’Italia, in sede europea si sono schierate appunto dalla parte di Orban.

 

 

 

 

* Professore dell’Alma Mater – Università di Bologna