Troppi shock per la cara vecchia Europa
E’ passato un altro primo giovedì del mese. Sono mesti gli occhi dei mercati e della gente comune puntati sulle decisioni della BCE, insediata nel nuovo grattacielo a Francoforte costato più di una avveniristica sonda spaziale. La BCE, per bocca del suo presidente, si è di nuovo negata alle richieste dell’economia. Non ci sarà alcuna espansione monetaria. Forse se ne riparlerà nel 2015. Per chi crede nella Befana ci sono ancora speranze. Per chi è invece già adulto c’è la certezza che dalla torre di cristallo di Francoforte non verranno doni. Dovremo invece sorbirci ancora una volta il trito invito a fare riforme. Forse la deflazione non fa più paura e questa potrebbe essere la spiegazione. Non è chiaro su quali basi poggi questa spavalderia. Ma forse è semplicemente l’aut aut di qualche fastidioso rappresentante delle banche centrali nazionali nel board BCE. Ci risulta però che la BCE abbia un obiettivo di stabilità dei prezzi che vale sia per combattere l’inflazione sopra il 2% sia per impedire che i prezzi scivolino sotto zero. E la BCE l’abbiamo vista ben attiva e accigliata quando l’inflazione stava di un pelino sopra il 2% con i saggi teutonici che agitavano la falce lugubre della iperinflazione della Germania di Weimar. Ora in quasi tutti le lande dove tintinna l’euro i prezzi strisciano sopra lo zero o sono già sotto di un bel po’ (come in Spagna). Eppure sembra si viva con un certo piacere a Francoforte questa pseudo armonia di prezzi che galleggiano sull’acqua di un mare calmo in cui rischiano presto di finire sul fondo. Il paradosso è ancora più stridente se si legge quanto dichiarato da Draghi, sempre più simile ad un internato che fa volare tra le sbarre della sua gattabuia un messaggio disperato sperando che qualcuno abbia la grazia di raccoglierlo. Draghi dichiara che per ora non si fa niente aggiungendo che la caduta dei prezzi dell’energia potrebbe rendere però ancora più difficile e meno efficace l’intervento della BCE quand’anche avesse la sacra dispensa tedesca per espandere l’offerta di moneta (quantitative easing). Insomma ora il pericolo c’è ed è già grande. Si potrebbe fare ancora qualcosa con qualche speranza di successo. Più avanti, se la BCE interverrà, sarà ancora più difficile che l’intervento abbia efficacia. Un esperto di psiche umana ha la definizione corretta di questo comportamento, ma a me, grigio economista, sfugge. La BCE non farà mai nulla e questo lo affermiamo da mesi su queste colonne. Il problema è che il non fare nulla della BCE non è a costo zero. Tanto è vero che il tasso di cambio dell’euro, nelle ore immediatamente seguenti la conferenza stampa di giovedì 4 dicembre di Draghi, si è subito rivalutato. Dimostrando per l’ennesima volta che l’inanità della BCE non solo non risolve la spirale deflattiva in cui siamo entrati ma genera nuovi problemi che potrebbero rendere la deflazione, esacerbata dalla caduta dei prezzi dell’energia, ancora più acuta se il cambio lo si lascia rivalutare.
In questo contesto tutti i paesi dell’euro cercano di spingere al massimo le esportazioni. Tra di loro l’Italia lo sta facendo con grande abilità ed energia ingaggiando una concorrenza coraggiosa su tutti i mercati del globo. I risultati per i nostri conti con l’estero sono brillanti visto che siamo il quarto paese al mondo per surplus commerciale nel 2014. Ma questo sta gonfiando di nuovo squilibri che potrebbero generare nuove tensioni. Non per nulla il disavanzo delle partite correnti della bilancia dei pagamenti USA è quasi pari all’avanzo corrispondente di eurolandia. Che è capitanato dalla Germania che continua ad accrescere la sua posizione di creditore sull’estero. Nel passato i paesi che smaniavano per accumulare oro (la vecchia versione del credito estero) venivano definiti “stupidi tesaurizzatori” dagli economisti classici riportandoci alla commedia di Moliere che irride alla avarizia di un uomo senza dimenticare che i paesi sono fatti di uomini.
La stanca Europa deve affrontare le instabilità politiche ed economiche generate da affrettate sanzioni alla Russia e da una persistente e discutibile spinta all’espansione verso Est della Nato. A Sud deve fare i conti con guerre civili e instabilità politiche di fronte alle quali né gli Usa né la ferrea economia tedesca hanno ricetta alcuna. E intanto a Francoforte ci si dice di aspettare la Befana. Forse un po’ troppi shock per la cara vecchia Europa.
di Gianpaolo Rossini
di Donatella Campus *
di Ugo Rossi *