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27 aprile 2024
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Sulle ferie dei magistrati

Stefano Zan * - 21.10.2014
Magistrati

Le reazioni dei magistrati all’ipotesi di un taglio delle loro ferie da 45 a 30 giorni all’anno vanno dal classico, al curioso, al surreale fino a rasentare la dissonanza cognitiva. Partiamo dal classico. Intendendo con questo termine il fatto che la prima e più consistente loro reazione è esattamente identica a quella di qualsiasi categoria quando venga messo in discussione non necessariamente un privilegio ma comunque una prassi comportamentale consolidata: il problema della giustizia è ben altro! Da sempre professori universitari, medici, dirigenti pubblici, notai, farmacisti ecc. hanno la stessa reazione. Quando si tocca una qualsiasi loro prerogativa ci spiegano che il problema vero del loro settore (università, salute, pubblica amministrazione, ecc.) è ben altro e che nulla si risolve modificando appunto le loro prerogative. Dal classico passiamo alla reazione, anche questa numericamente consistente, ma logicamente paradossale, che dice: la questione delle ferie dei magistrati è irrilevante! Ora, da un punto di vista strettamente logico dire che è irrilevante significa dire che non rileva, che è indifferente e quindi che la stessa riduzione si può fare perché essendo appunto irrilevante non inciderà sulle prestazioni del sistema. Se è irrilevante non risolverà magari i problemi della giustizia ma per la stessa ragione non li aggraverà di certo. Prima di passare all’altra reazione conviene porsi per un attimo dalla parte del legislatore e del cittadino. Per i legislatore, meno sprovveduto di quanto siamo portati a pensare e che sa benissimo che non si risolve il problema della giustizia (solo) con questo provvedimento, vale la legge ferrea del Principe De Curtis: è la somma che fa il totale! Detto con il linguaggio dell’analisi delle politiche pubbliche significa che il legislatore in questo caso, anziché pensare alla solita riforma epocale che cambia radicalmente il sistema, preferisce agire in modo incrementale con una serie di provvedimenti singoli, nessuno deli quali in sé risolutivo, ma la cui sommatoria porta progressivamente (e pragmaticamente) ad una modificazione del sistema. Ai cittadini che, nella loro semplicità cognitiva, operano per comparazione e sillogismi i magistrati dovrebbero spiegare sostanzialmente due cose. Primo perché, appunto in termini comparativi, è giusto che a differenza di tutti gli altri lavoratori i magistrati abbiano 45 giorni di ferie. Ora è vero che alcuni magistrati fanno una vita d’inferno, rischiano la pelle e vivono perennemente sotto scorta, ma è altrettanto vero che questi sono una esigua minoranza ed in ogni caso non sono le ferie e la loro durata a modificare la qualità della loro vita. I cittadini insomma, nella loro semplicità, tendono a pensare che i 45 giorni di ferie siano un privilegio oggi non più tollerabile. Ma gli stessi cittadini, ignari delle trappole logiche dei sillogismi, fanno un altro semplice ragionamento: i processi in Italia durano molto a lungo, le ferie dei magistrati sono molto lunghe, ergo se si riducono le ferie i processi diventano più veloci. Ma qui la risposta dei magistrati raggiunge livelli di vero e proprio lirismo argomentativo: è vero che abbiamo ferie lunghe però durante le ferie scriviamo sentenze! Bene, entriamo nel merito di questa terza reazione. Innanzitutto il cittadino meno sprovveduto sa benissimo che solo una minoranza ancorché consistente di magistrati esprime le sue decisioni attraverso una sentenza: i procuratori non scrivono sentenze, i gip non scrivono sentenze e anche tra i giudici ordinari molti svolgono la loro attività non attraverso sentenze, ma attraverso provvedimenti di altra natura che non richiedono la stesura di dotte e argomentate sentenze, che chissà perché verrebbero meglio durante le ferie. Ma anche ammesso e non concesso che tutti i giudici scrivano sentenze durante le ferie non si capisce la loro reazione. Credo che sia capitato a tutti una qualche volta nella vita di dover dedicare una parte delle ferie a fare un lavoro urgente. Una sensazione frustrante perché mentre amici e parenti se ne vanno in gita ai mari o ai monti tu te ne devi stare a casa (sempre ai mari o ai monti) a lavorare con la doppia sensazione del danno e della beffa. Sei in vacanza e lavori. Non ci crede nessuno e se anche ci crede pensa che tu sia proprio “sfortunato”. Ma se è vero che durante le ferie i giudici lavorano tanto vale riconoscere il loro lavoro come lavoro normale e fare in modo che possano godersi 30 giorni di ferie in vera pace, con la famiglia, come avviene per tutti gli altri cristiani.

 

 

 

* Docente universitario di Teoria delle organizzazioni