Rimborsi per i crack bancari: sono proprio giusti?
Le crisi bancarie italiane non sono state gestite bene. Certo si poteva fare anche peggio. Ma anche meglio. Serve a poco recriminare su chi abbia più colpe: il governo di allora, la Commissione Ue, la banca d’Italia o la Consob. Tutti hanno un pezzo di responsabilità. Nessuno però è unico colpevole. Abbiamo una moneta che ha compiuto 20 anni a inizio anno ma che mostra ancora alcuni caratteri adolescenziali. Non per colpa della BCE e del suo presidente. Ma dei governi che sono riluttanti nel devolvere l’intera fetta di sovranità che richiede una moneta federale come è l’euro. In questa situazione di limbo che da troppo tempo dura la crisi nata nel 2008 ha falciato alcune banche italiane di piccola dimensione e una grande, il Monte dei Paschi di Siena, l’istituto di credito più antico del pianeta. Nel caso di MPS si è proceduto con una nazionalizzazione, soluzione già ampiamente adottata ad esempio nella -a parole ma non nei fatti - iperliberista Gran Bretagna per la Bank of Scotland e altre minori. In Italia le banche minori in difficoltà sono state acquistate a costo zero da grandi banche come Banca Intesa. Ma cosa è successo agli individui coinvolti? Per chi aveva un deposito in conto corrente non ci sono state perdite in quanto le banche acquirenti li hanno garantiti e comunque i conti correnti in Italia sono assicurati fino a 100000 euro per persona per conto dal FITD, il fondo interbancario di tutela dei depositi. Le perdite effettive riguardano i detentori di obbligazioni bancarie e gli azionisti.
Le modalità con cui questi prodotti finanziari sono stati venduti al pubblico è una questione che riguarda la magistratura. Ma rimborsare indiscriminatamente chi ha acquistato titoli non è una buona soluzione. Quello che sembra emergere infatti è una compensazione quasi completa per coloro che hanno un reddito inferiore ai 35000 euro. Per gli altri dovrebbe essere valutato caso per caso. Il problema è che sia Salvini che Di Maio spingono con forza per indennizzare il maggior numero di individui con i rimborsi più alti possibili. L’impressione è di essere di fronte all’ennesimo voto di scambio per affrontare le elezioni europee.
Ma perché non è giusto rimborsare in maniera allargata? Chi ha acquistato di sua spontanea volontà obbligazioni attirato dagli alti rendimenti non dovrebbe essere risarcito. Altrimenti per correttezza dovremmo rimborsare milioni di altri risparmiatori che in questi anni hanno subito perdite su obbligazioni italiane e straniere, a cominciare dai bond argentini emessi negli anni 90 del secolo scorso. Vale la pena ricordare che le obbligazioni sono titoli che pagano un interesse che è in larga parte remunerazione a fronte di un rischio di insolvenza dell’emittente. Anche nel caso argentino di qualche anno fa chi aveva acquistato bond lo aveva fatto perché davano rendimenti largamente superiori (anche di 10 punti percentuali e oltre) a quelli europei ed italiani. Pagavano di più perché erano più rischiosi. Anche per le banche fallite di recente le obbligazioni emesse presentavano rendimenti allettanti rispetto ad esempio ai buoni del tesoro. Il che significa che presentavano rischi maggiori. Non si capisce perché quindi si debba con denaro pubblico sottratto a sanità istruzione e quant’altro rimborsare degli apprendisti speculatori che hanno perso una scommessa azzardata. Certo, nei casi in cui gli acquisti siano stati fatti a seguito di indebite pressioni o informazione menzognera ricatti si configurano reati e di questo si deve occupare la magistratura. Anche se però nessuno denunciò a suo tempo pratiche ricattatorie o collocamenti dolosi. Non lo fecero né associazioni di categoria né consulenti né altri soggetti. Insomma la stragrande maggioranza stava al gioco pregustando buoni guadagni. Come purtroppo avviene spesso in certe fasi del ciclo economico, si tralasciava il fatto che in finanza la probabilità di vincere è quasi sempre uguale a quella di perdere e questo è il significato della parola rischio. Oltre gli obbligazionisti risulta comunque ancora più inaccettabile il rimborso agli azionisti. Le azioni sono capitale di rischio con frequenti perdite per le quali nessuno ha mai pensato di chiedere risarcimenti allo stato. Chi compra un’azione entra in un’impresa economica che può andare bene o male e il rendimento del capitale di rischio, ovvero delle azioni, riflette la natura dell’investimento. Perché allora dobbiamo rimborsare risparmiatori incauti – o spavaldi - che hanno azzardato oltre misura i loro risparmi? Se seguiamo questa strada dobbiamo compensare milioni di altri investitori che hanno puntato perdendo su una infinità di titoli azionari. Ma non solo. Anche tutti quelli che perdono al casinò, quelli che acquistano creme miracolose da Vanna Marchi e via dicendo. In tutto questo forse i veri truffati saranno alla fine i contribuenti vittime ahimè di tanta demagogia o, con linguaggio più comune, di voto di scambio. Allegri italiani!
di Paolo Pombeni
di Gianpaolo Rossini