Ultimo Aggiornamento:
04 maggio 2024
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Quanto pagano le sceneggiate politiche?

Paolo Pombeni - 24.04.2024
Meloni e Schlein

In Basilicata è andata più o meno come ci si aspettava: ha vinto con largo margine il candidato governatore del centro- destra e il cosiddetto campo largo ne esce male. Bassa l’affluenza alle urne: appena il 49,8% in calo rispetto alle precedenti elezioni regionali che avevano registrato un 53,5%, ma neppure il punto più basso perché nel 2013 ci si era fermati al 47,6%.

Tutto fa pensare che la partecipazione politica non coinvolga ormai più della metà (talora scarsa) degli aventi diritto. E sì che nelle elezioni regionali dovrebbe mobilitare l’insoddisfazione per i servizi che non si riescono a garantire ai cittadini. Nel caso specifico c’era una denuncia apparentemente ampia sull’inefficienza del servizio sanitario lucano che avrebbe dovuto spingere a negare il consenso a chi aveva governato nella legislatura precedente. Ora, siccome è difficile credere che invece si trattasse di critiche faziose contro una sanità che funziona benissimo, si deve dedurre che ormai gran parte dei cittadini considera certe inefficienze come croniche chiunque sia al potere e pertanto sceglie sulla base di altre considerazioni.

La lezione che si può trarre dalle elezioni lucane è triplice. La prima è che lì ha vinto una formazione di centro-destra, anziché come sembrava affermarsi nel paese di destra-centro. Lo testimonia l’ottimo risultato di Forza Italia (e indubbiamente Tajani ha visto lungo nel sostenere la ricandidatura dell’uscente Vito Bardi), il risultato molto modesto della Lega, e l’apporto non secondario che è venuto dalle due componenti centriste, specie Azione di Calenda, costrette ad allearsi con il centrodestra. E qui viene la seconda lezione: è stato nefasto per il cosiddetto campo largo cedere al diktat di Conte che non voleva Calenda e il gruppo renziano, perché con quelle forze probabilmente non si sarebbe vinto egualmente, ma non ci sarebbe stato il baratro che divide Bardi dal candidato Marrese.

La terza lezione è che le candidature non vanno scelte a Roma, ma nei territori. Inizialmente anche nel centro-destra c’era stata la tentazione di scegliere come candidato l’esponente di un partito che in sede nazionale fosse più forte di FI, cioè uno di FdI o della Lega. Per loro fortuna non è andata così, visto che non avevano candidati all’altezza. Nel campo largo (che ci rifiutiamo di chiamare centrosinistra, perché M5S è molto dubbio che sia di centro o di sinistra) quasi tutti i giochi sono stati condotti dagli staff romani con la supervisione di Conte e Schlein: il risultato disastroso è sotto gli occhi di tutti.

Impareranno dall’esperienza? Ne dubitiamo.

Non c’è stata però solo la questione delle elezioni in Basilicata a tenere banco. C’era il tema delle liste elettorali per le europee che in casa PD ha polarizzato l’attenzione. Anche qui sceneggiate che non si sa bene a cosa possano servire. A dominarle la telenovela circa la proposta di mettere il nome di Elly Schlein sul simbolo elettorale del partito. Una scelta difficile da accettare per una forza politica che da un ventennio predicava contro la “personalizzazione” delle leadership politiche, anche se poi in maniera più o meno soft l’aveva anche praticata. Certo questa volta era diverso, perché la segretaria non è né l’espressione di una storia di militanza nel partito, né il cosiddetto “papa straniero” come fu con Prodi, ma piuttosto una “esterna” che ha scalato il PD sfruttando il movimentismo esterno accorso nelle primarie a far dispetto agli iscritti al partito.

Alla fine Schlein, sommersa da un inaspettato mare di critiche provenienti dalle fonti più diverse e di fronte all’insoddisfazione che si percepiva fra i militanti, ha rinunciato al nome sul simbolo perché “troppo divisivo”. Vedremo se in cambio si candiderà come ha minacciato di fare in tutte le circoscrizioni anziché solo al Centro e nelle Isole, ma al momento sembra che non lo farà.

Comunque vada non esce bene da questa storia, né a livello personale, né come cerchio magico che le ruota intorno. È tutto un puntare sulla sceneggiata, sull’effetto comunicazione, con scarsa capacità di presentare azioni politiche che diano il senso di una capacità di governare: che è poi quello che in definitiva la gente chiede in tempi tribolati come quelli in cui viviamo.

I sostenitori a spada tratta della “novità” movimentista del partito schleiniano sostengono che la destra-centro fa più o meno le stesse cose, ovvero battaglie di comunicazione, sicché è su quel terreno che bisogna competere. A noi non sembra esattamente così. Non perché la destra-centro sia aliena dall’immergersi nelle vicende da talk show, anzi lo fa in continuazione, per di più presentandosi come la vittima di lunghe esclusioni passate da quei palcoscenici: anzi i suoi uomini e donne, ubriachi del successo del momento, esagerano non poco in spettacolarizzazioni (poi c’è chi è irrefrenabile come Salvini, e chi, come FI, sa gestire il tutto con maggiore moderazione). Il fatto è che quella maggioranza al momento ha un vantaggio importante, anzi decisivo: essendo al governo può mostrare alla gente anche una certa capacità di prendersi fattivamente in carico i problemi. Può essere in politica estera, dove ci sono iniziative (discutibili come sempre in questi settori, ma operanti), può essere in alcuni settori della vita economica e sociale sia pure favorendo interessi settoriali: ma anche qui può comunque dare il messaggio di una qualche politica del fare che stride con le lamentazioni più o meno a vuoto dell’opposizione, che privilegia le battaglie di bandierina la cui presa sulla gente è tutta da dimostrare.

Vedremo adesso se le strategie della sceneggiata gioveranno o meno alla stabilizzazione del sistema politico italiano. Si tratta di aspettare ancora poco più di un mese, anche se i tempi sono così turbinosi che possono sempre succedere eventi che scuotono l’apatia di metà dell’elettorato e che magari spostano qualcosa anche in quella metà per lo più legata alle collocazioni tradizionali. Chiuso però il tormentone delle elezioni-sondaggio del 8-9 giugno ci sarebbe da aspettarsi qualche riflessione seria sulla fase che attraversa il nostro paese.

Purtroppo non c’è da illudersi: i risultati delle europee si mescoleranno con quelli delle elezioni amministrative svolte insieme e poi ci saranno altre tornate in autunno e nella primavera 2025. Significa che ci sarà ampio spazio per mettere in scena altre sceneggiate, anche se ci auguriamo che qualcosa porti il ceto politico al cosiddetto ravvedimento operoso.