Non diventi la "peste nera"
“La prevenzione è preferibile alla cura: evitare droghe, eccitazioni e il ridere fino a scoppiare” suggeriva Erasmo da Rotterdam ad un caro amico mentre invitava i regnanti ad impedire “la vendita di vino acido e di pesce putrido”. Raccomandazioni che i medici allora avrebbero potuto impartire, ma vi si astenevano per il timore di minare i sistemi politico-sociali pur essendo “gli uomini più potenti, perché papi e imperatori debbono sottostare ai loro ordini” (R. H. Bainton, “Erasmo della cristianità”, ed. Sansoni 1970).
Nell’attuale emergenza la Medicina parla e la Politica ascolta ed agisce attraverso i poteri del Governo di una Nazione democratica, quale è l’Italia, avvalendosi del parere di una “cabina di regia” e seguendo la "linea della massima precauzione": sospensione in tutto il Paese, come per le zone rosse, di manifestazioni ed eventi "di qualsiasi natura e in qualsiasi luogo", chiusura delle Scuole di ogni ordine e grado, l’invito diffuso a rispettare le raccomandazioni dell'Istituto superiore di Sanità, l’impegno a rafforzare le strutture sanitarie e che “nessun posto di lavoro vada perso”.
Cosa si poteva e si potrebbe fare di più? Purtroppo nulla. Non si possono fermare tutte le attività individuali e comunitarie, compresi i trasporti pubblici. Non si possono ridurre “le quarantene” come fu concesso nei secoli scorsi nei porti europei per ragioni prettamente economiche, sfidando il progredire della “peste nera” della metà del XIV secolo, che abbatté un terzo di tutta la popolazione europea. Ed è inutile anche sperare in immediate soluzioni farmacologiche specifiche che assomiglierebbero agli effetti di terapie basate su "polvere di millepiedi, emulsione di semi di mefione, di viole rosse spiccate dal 28 al 30 luglio, di alchechengi…cibo fatto con brodo di gamberi bolliti e spremuti nel brodo di pollo con gelatina di raspatura di corno di cervo ed infuso di vipere condito con latte di capra nera o rossa allungato con un terzo di acqua di viole e di bettonica da prendersi subito dopo un bicchiere di acqua stibiata sotto il segno zodiacale del leone " ( B. Ramazzini “De morbis diatriba”, Bologna 1700).
Antivirali, uso di staminali e vaccini non potranno fermare questa fase dell’epidemia il cui picco non è ancora raggiunto, visto che una persona infetta può, a sua volta, infettare da due a dieci-dodici persone, che, a loro volta, potrebbero irraggiare la malattia secondo una progressione indefinibile e incontrollabile se non vengono attuate da ciascun cittadino le semplici, ma efficaci, precauzioni suggerite dall’Istituto Superiore di Sanità. E’ da notare che il numero di “persone risultate infettate”, come riportato dai vari media, bisognerebbe correttamente qualificarlo come “numero accertato”. Infatti, non tutti coloro che accusano sintomi simil-influenzali vengono sottoposti al test specifico per varie ragioni e dunque divengono potenziali diffusori del virus. Negli Stati Uniti d’America, ad esempio, la scarsa rilevanza del numero di “infetti accertati” può essere ascrivibile all’assenza di un Servizio sanitario pubblico e alla dispendiosità del test, che avrebbe toccato il costo di 3.000 dollari cadauno.
In questo quadro critico, che produce un tasso di mortalità che varia fra il 3.5 e il 5% (altroché “bassa come una influenza”), risultano capziose le divisioni all’interno della Comunità scientifica fra favorevoli e non favorevoli alla chiusura delle Scuole. Sostenere la “non evidenza scientifica di un reale beneficio mediante la chiusura delle attività didattiche” appare una forzatura del significato stesso di “evidenza scientifica”, la quale può basarsi soltanto su modelli ed esperienze precedenti ben vagliate e consolidate sul piano epidemiologico. Peraltro, il virus compie mutazioni (come del resto il virus influenzale) se è vero che si sono verificati casi di ricaduta nella medesima malattia a dimostrazione che gli anticorpi acquisiti non hanno dimostrato una loro efficacia.
In definitiva, sta in capo ad ogni cittadino cercare di interrompere i corti circuiti epidemiologici con misure opportune, ma senza esagerare ed evitando accuratamente di comportarsi come descritto, in condizioni del tutto differenti da quelle attuali, dal grande chirurgo ed anatomista medioevale Guy De Chauliac: «Si moriva senza servitore, sepolti senza prete, il padre non visitava il figlio né il figlio il padre, la carità era morta, la speranza annientata» (Manuale di Storia della Medicina, ed. Felici 2011).
* Già docente di Chirurgia Generale nell’Università di Bologna e direttore di Chirurgia generale negli Ospedali Bellaria e Maggiore di Bologna
di Paolo Pombeni
di Gianpaolo Rossini
di Francesco Domenico Capizzi *