Le ragioni di fondo delle elezioni anticipate
Forse non è inopportuno e può anzi risultare utile, proprio perché siamo in piena campagna elettorale, cercare di capire le motivazioni politiche che ci hanno portato a queste, poco opportune, elezioni anticipate. In premessa possiamo dire che sono motivazioni che vanno ricondotte da un lato alla ragione di partito, modernamente intesa, e dall’altro a più profonde, anche se non sempre percepite, affinità ideologiche.
Le cause immediate della crisi di governo sono abbastanza evidenti, si riportano, infatti, ad un calcolo di bottega: la volontà di alcuni degli attori politici di arginare la perdita di consensi che si sarebbe registrata se la legislatura fosse arrivata al suo termine naturale.
Questo riguarda in primo luogo il Movimento 5Stelle che da tempo registrava un calo costante nei consensi. Una situazione che Giuseppe Conte sperava di fronteggiare portando il partito all’opposizione, o comunque in una posizione critica rispetto alla maggioranza, per i prossimi mesi. Un discorso del tutto analogo vale per la Lega. Anche il partito di Salvini è dato da tempo in calo costante nei sondaggi, perciò il leader leghista ha colto la palla al balzo dell’iniziativa grillina per sfilarsi dalla maggioranza, far cadere il governo e andare ad elezioni anticipate. A suo avviso, restare nella maggioranza ancora per cinque o sei mesi avrebbe significato una ulteriore emorragia di consensi.
Tuttavia, se abbandoniamo le vicende ultime e guardiamo agli avvenimenti dello scorso luglio in una prospettiva di maggiore ampiezza, le ragioni della crisi di governo si possono riportare ad un assetto più risalente. Esse dipendono, in ultima analisi, dagli equilibri politici che si sono determinati alle elezioni del marzo 2018.
In quella circostanza, come è noto, il movimento grillino risultava il partito di maggioranza relativa riportando oltre il 32% dei voti validi. Non meno significativo era il risultato della Lega. Il partito di Salvini, infatti, più che quadruplicava i voti ottenuti alla precedente tornata elettorale passando dal 4,1 al 17,37%, sopravanzando di ben tre punti Forza Italia. In sostanza, due partiti populisti o, più precisamente, due partiti antisistema avevano la maggioranza in parlamento. Il varo del governo cosiddetto giallo verde era la logica conseguenza di questo risultato elettorale. I due partiti, infatti, trovavano una intesa che si caratterizzava per misure demagogiche di politica economica (che azzeravano rapidamente la già modesta crescita del PIL italiano) e, più in generale, per una messa in discussione della collocazione europea e internazionale del nostro paese.
Da allora il quadro politico è mutato profondamente, un mutamento sollecitato da episodi contingenti ma anche e soprattutto da eventi imprevisti come la crisi pandemica di origine cinese. Per fronteggiare la pandemia, e anche per gestire il PNRR voluto dalla Unione europea per lenirne i danni economici, si era insediato, nel febbraio 2021, un governo di larga convergenza nazionale presieduto da Mario Draghi. Un esecutivo che era anche un tentativo di riportare in un quadro di lealtà europea e di responsabilità politica le forze antisistema. A tal fine si faceva leva sulla componente governista della Lega, interessata alla gestione dei fondi del PNRR, e si sollecitava la tendenza trasformista dei 5Stelle. Il governo ha retto brillantemente per oltre un anno ma, superata la fase più acuta della crisi pandemica e anche a ragione del sostegno alla resistenza ucraina contro l’aggressione russa, che non risulta gradita a settori filorussi della Lega e dei pentastellati, terminava la sua corsa. In sostanza, anche il calcolo politico cui si faceva riferimento in precedenza è solo la ultima manifestazione pratica delle profonde affinità, (la propensione demagogica e la natura antisistema), che esistono fra la Lega e il Movimento 5Stelle.
Non sappiamo come andranno le elezioni, ma se dalle urne usciranno indebolite le forze antisistema la fragile democrazia italiana ne trarrà sicuramente giovamento.
* Insegna presso il Dipartimento di Scienze Politiche dell’Università Federico II di Napoli
di Luca Tentoni
di Maurizio Griffo *
di Francesco Provinciali *