Ultimo Aggiornamento:
30 novembre 2024
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Le forme multiple e capricciose della malattia

Francesco Domenico Capizzi * - 13.02.2021
Tutte le famiglie felici

“Tutte le famiglie felici si somigliano, ogni famiglia infelice lo è a modo proprio” (Anna Karenina, Lev Tolstoj 1875-1877). Un dittico che potrebbe oggi essere traslato in “la salute rimane sé stessa, la malattia è cangevole nelle sue forme proprie”. Felicità e salute: binomio monocorde, privilegio di pochi. Infelicità e malattia: binomio dalle forme multiple e capricciose, forse per garantirsi il ricambio, appannaggio di molti.

Con la pandemia la malattia accentua i suoi connotati, risveglia il senso di paura, quiescente nell’epoca del progresso illimitato a tutto tondo, della tecnologia estesa, della connessione universale, della disponibilità di ogni bene e consumo, dell’incremento algoritmico dell’attesa di vita, della telemedicina e dell’accertamento diagnostico e cura per ogni evenienza… Ma, i vaccini e le vaccinazioni ritardano e si annunciano con potenzialità e metodi differenti, si paventano meno efficaci a fronte delle mutazioni virali prevedibili, registrate e in aumento, il regionalismo e il localismo si schierano in ordine sparso, anche contro lo Stato centrale, la questione meridionale si ripropone intatta… e  intanto è crollato, quasi come metafora, il ponte Morandi ed emergono analoghi timori per tanti altri e affini, gli allagamenti in agguato come l’acqua alta a Venezia, le chiusure e le dislocazioni di aziende si succedono, aumentano inoccupati, disoccupati e precari, si impennano diseguaglianze e povertà nonostante lo stato sociale e le misure compensative ed assistenziali poste in atto…

Arriva il Governo tecnico-politico, invocato e sostenuto da tanti, per affrontare la pandemia e i suoi effetti, anch’essi dalle forme multiple e cangianti, sopraggiunti come fulmine dentro una società già sconquassata, smembrata, divaricata, delusa, esausta, spoliticizzata, distaccata dalle Istituzioni divenute terreno visibile di contrasti e scontri su tutto e con ogni mezzo e finalità: dalle autonomie differenziate ai colori da attribuire all’emergenza, dall’approccio diagnostico-terapeutico all’accaparramento di materiali sanitari e vaccini, dalla chiusura-apertura di scuole e sedi della cultura ai ricorsi ai Tar regionali che emettono sentenze difformi fra loro pur nell’ambito dei medesimi quesiti…

Il virus e i suoi effetti tracimano, trasformano le nostre vite, eliminano certezze ed imperano aggredendo e falcidiando il tessuto sociale già in crisi per mancanza di modelli di sviluppo e progresso mentre la Politica viene ridotta a tecnicalità e tattica, parole d’ordine e improperi, le Istituzioni a terreno di scontro, anche fisico, e proscenio di inadempienze. In questo quadro critico in cui non trova spazio, in generale, la riflessione e la progettualità politica, si corre il rischio di finire per riproporre la centralità dell’ospedale e dell’iter diagnostico-terapeutico a posteriori, in una visione classica, statica ed emergenziale, per affrontare le malattie conclamate acute e cronico-degenerative e neoplastiche continuando a trascurare ed affrontare nel concreto le loro origini.

Se la difesa della salute continua a ruotare soltanto attorno all’ospedale come unica via effettiva di risoluzione delle malattie, se al cittadino che non sta bene non resta che il pronto soccorso, si vengono a creare due problemi: il primo ad impatto immediato, di ordine organizzativo, per la creazione di ingorghi, sovrapposizioni, ritardi ed impedimenti nei tentativi di assistere il maggior numero di persone e di realizzare un efficiente iter preventivo; il secondo di ordine culturale per il messaggio fuorviante che deriva dalla esaltazione esaustiva dell’organizzazione sanitaria che può condurre a considerare la malattia soltanto diagnosticabile e curabile mentre, involontariamente e giocoforza, si ecclissa l’idea di evitarla ab origine.

Su tutto il globo nel 2020 sono stati accertati 20 milioni di nuovi tumori, cifra certamente sottostimata per varie ragioni, di cui 377 mila (195 mila uomini, 182 mila donne) in Italia provocando il decesso di 183.200 persone. Nel 2020 ammontavano a 4 milioni i cittadini italiani che erano o erano stati portatori di tumore, in sostanza uno su  quindici, mentre l'incidenza neoplastica ha continuato a crescere quasi indisturbata e le terapie hanno segnato modesti e lenti miglioramenti: nel 2018 erano stati stimati 18 milioni di casi nel Mondo e 371 mila in Italia ((Report Aiom-Airtum; OMS 2020). E’ necessario aggiungere che in Italia l’emergenza epidemica ha rallentato gli iter di prevenzione secondaria (diagnosi precoce) con effetti piuttosto gravi: nei primi nove mesi del 2020 sono stati sottratti circa 4 milioni di screening (2.793 della mammella, 1.168 del colon-retto) e di diagnostica corrente e come conseguenza almeno 8000 diagnosi di tumore senza considerare i ritardi nell’espletamento di interventi chirurgici ( per necessità impellente le sale operatorie erano divenute sale di terapia intensiva) e di terapie adiuvanti con conseguenze preoccupanti valutabili soltanto fra alcuni mesi ed anni (AIRTUM, Società Italiana di Chirurgia 2021) .

La pandemia ha dimostrato la necessità, come per le altre grandi categorie di malattie, di ripensare al rapporto fra organizzazioni sociali, modi, quantità e qualità delle produzioni e dei consumi, salute ambientale (“mezzo esterno del sistema omeostatico”) e salute personale regolata dal “mezzo interno del sistema omeostatico” soggetto ai mutamenti del “mezzo esterno”. Ne consegue la necessità di ripensare la salute non soltanto come assenza di malattia, ma soprattutto come pieno benessere al quale contribuiscono la difesa del “mezzo esterno” e la stabilità del “mezzo interno”: ambedue i fattori sono affidati a scelte politiche radicali da programmare e perseguire con solerzia attraverso riforme sociali, il modo di produrre e di consumare e mediante informazione puntuale e capillare e screening di massa efficaci resi facilmente disponibili a tutti e su tutto il territorio.

In conclusione, forse potrà sembrare inusuale che un medico, allo scopo di contrastare pandemie e malattie cronico-degenerative, oltre che a richiamare l’attenzione sugli stili di vita, il modo di produrre e di consumare, si appelli alla rapida riduzione ed azzeramento delle emissioni di CO2, al consumo di combustibili fossili, al controllo della temperatura terrestre e alla difesa della biodiversità, in sostanza alla difesa dell’ambiente.

Le pandemie, sempre in agguato proprio per la devastazione dell’ambiente, si sviluppano con meccanismi analoghi a quelli delle grandi classi di malattie acute e croniche che, insieme, si potenziano a vicenda ed esplodono con effetti devastanti in mezzo a tutti noi, nessuno escluso, e diffondono incertezza sul futuro giungendo a minacciare il tessuto democratico in cui viviamo ordinariamente.

 

 

 

 

* Già Docente di Chirurgia generale nell’Università di Bologna e Direttore della Chirurgia generale degli Ospedali Bellaria e Maggiore di Bologna