La società satura e seduta

La definizione che De Rita offre sul Corriere della Sera di martedì 16 settembre secondo la quale la nostra società sarebbe “satura e seduta” e priva di inquietudine creativa, mi pare al contempo infondata e fuorviante. Una parte sempre crescente negli ultimi dieci anni della nostra società è tutt’altro che satura. Semplicemente non consuma o perché non ha i soldi o perché è inquieta rispetto ad un futuro incerto. Se in una famiglia un componente è in cassa integrazione, in contratto di solidarietà, in mobilità o è esodato oppure lavora in un’impresa che grazie alle tecnologie riduce l’occupazione (tipico il caso delle banche grazie all’home banking). Se nella stessa famiglia i due figli (tutt’altro che choosy) non trovano lavoro nonostante siano disposti a fare qualsiasi cosa e quindi ti tocca passargli non si ancora per quanti anni una paghetta che equivale a quello che in gergo si chiama salario di cittadinanza. Se nella stessa famiglia devi affiancare ad un genitore anziano una badante per non stravolgere la tua vita normale anche se questo si mangia buona parte del tuo stipendio, allora è evidente che cercherai di ridurre al minimo i tuoi consumi, farai di tutto per risparmiare anche pochi euro al mese (magari 80) per affrontare un futuro assolutamente incerto. Un comportamento assolutamente razionale dopo sei anni di recessione, non emotivo, che induce automaticamente una contrazione dei consumi. Questa larga parte della società, assolutamente maggioritaria e in crescita non solo non è satura ma non è nemmeno seduta perché tutti i giorni sta in piedi dalla mattina alla sera per cercare di far quadrare i conti. Esiste in vero un’altra parte della società minoritaria ma non irrilevante che è davvero satura e seduta, ma bisogna chiedersi perché. Il ceto medio alto, quella che una volta veniva definita la borghesia, composta da medici, professori universitari, magistrati, parte degli avvocati e dei professionisti in genere, dirigenti pubblici e parte degli imprenditori che negli ultimi anni hanno avuto un buon reddito (anche perché spesso si sposano tra di loro e assommano due buoni redditi) e contano di mantenerlo nel prossimo futuro è certamente saturo nel senso che negli anni ha acquisito tutto quello che gli serve per vivere tranquilli. La prima e la seconda casa e magari quella per i figli, una qualche assicurazione, un po’ di Bot e Btb, un paio di automobili, tutte le diavolerie tecnologiche in commercio etc. Eppure ha da parte ancora dei risparmi che non investe e quindi sta seduta in attesa che qualcosa cambi. Non investe nelle case perché da anni il valore degli immobili scende e quindi aspetta che scenda ancora per eventualmente acquistare un nuovo appartamento da mettere a reddito. Reddito che per altro non è chiaro perché la tassazione sulla casa, così come su tutte le rendite, cambia da governo a governo e resta il dubbio che se prima o poi si dovesse arrivare ad una patrimoniale quella colpirebbe gli immobili che, per definizione, non si possono portare all’estero. Basta Bot e Btp perché oltre a quelli già in portafoglio quelli nuovi (per fortuna dello Stato) rendono sempre meno. Basta consumi vistosi e inutili perché dopo l’epoca del consumismo sfrenato siamo entrati in una fase in cui la sobrietà è diventato un valore. Basta automobili perché facciamo sempre meno chilometri e perché i nostri figli non sono più interessati perché in città girano in motorino e in vacanza vanno all’estero con i low cost. E grazie alla permissività dei genitori non hanno più nemmeno bisogno della mitica cinquecento con i ribaltabili che la nostra generazione ha usato non solo come mezzo di trasporto. Resterebbe il mercato azionario. Ma è un mercato difficile, per addetti ai lavori, che nel recente passato ha creato non pochi danni. Dovresti affidarti ad un intermediario, tipicamente la tua banca. Ma quando ti ricordi di Cirio e Parmalat e quando realizzi che comunque al di là dei depliant accattivanti con i diversi profili di rischio l’impiegato che ti segue deve piazzare nel corso del mese quello che la banca gli ha dato come target e che non necessariamente corrisponde a ciò che ti serve e/o ti interessa anche l’investimento in azioni diventa problematico e quindi resti seduto. Se poi pensi che i tuoi soldi investiti in azioni servono più alle grandi imprese che con i loro investimenti tecnologici continuano a ridurre il personale e non vanno invece alle start up dei giovani con idee brillanti e innovative ti passa anche la voglia. Chi sta bene ed è saturo in questa fase sta seduto. E anche questo è un comportamento razionale e non emotivo che però blocca ingenti risorse per lo sviluppo del Paese. Se questo è il quadro resta da chiedersi che fare per sbloccare la situazione, ma di questo parleremo in un prossimo articolo.
* Docente universitario di Teoria delle organizzazioni
di Paolo Pombeni
di Novello Monelli *
di Stefano Zan *