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La politica sopra le righe

Paolo Pombeni - 21.06.2023
Nordio e Berlusconi

Finita l’orgia di panegirici su Berlusconi (un eccesso che non crediamo abbia giovato davvero al suo profilo), spentosi rapidamente per fortuna il tentativo di trasformare la tragedia che ha colpito Romano Prodi in un poco serio controcanto di maniera, la politica ha ripreso il suo corso “normale” con il ritorno al vizio di giocare sul “sopra le righe” come un tratto identitario che dovrebbe compattare i rispettivi fan club.

Ogni parte cerca di puntare il dito censorio su quel che fa l’avversario, ma il costume è purtroppo largamente condiviso. Schlein e la sua corte puntano a magnificare battaglie di schieramento i cui contenuti reali sono a dir poco evanescenti. Meloni non riesce a tenere a freno i suoi pasdaran che ha portato al governo e che continuano ad esprimersi come polemisti da comizio (o da twitter, adesso i comizi non si usano più) senza mostrare alcuna maturità da uomini delle istituzioni.

I comportamenti sono poi ondivaghi a dir poco. Schlein prima va ad una manifestazione dei Cinque Stelle per sentire Moni Ovadia che dal palco presenta una teoria più che strampalata oltre che filo putiniana sulla guerra in Ucraina, ma anziché denunciare la trappola un minuto dopo esserci caduta dentro aspetta un giorno per dire che il PD continua ad essere per il sostegno all’Ucraina anche con l’invio di armi, salvo a far dire per il giorno dopo che farà votare contro l’uso parziale di fondi del PNRR per produrre armi e munizioni (in contrasto con i socialisti europei). Meloni che ha dato esempio di coinvolgimento solidale nella tragedia della alluvione in Emilia Romagna, lascia poi che due sprovveduti, il ministro Musumeci e il vice ministro Bignami, si lancino in frasi da bar su una vicenda gravissima.

Perché succede tutto questo? Perché i partiti guardano solo alle elezioni europee, convinti che tanto in quel genere di competizione votano solo quelli “militanti”, che pertanto bisogna tenere insieme lisciando il pelo alle leggende metropolitane di cui si nutrono (con il concorso ciascuno di un proprio sistema mediatico di cui più che utilizzatori finiscono per essere se non schiavi pesanti debitori). Tutti, ma proprio tutti sono convinti che alle europee, dove ogni partito correrà da solo e col sistema proporzionale sia necessario apparire al massimo possibile “duri e puri”. Certo nella maggioranza di governo come nelle opposizioni si dà un po’ di spazio al problema delle coalizioni da mantenere o da costruire, ma sono discorsi vaghi, fatti giusto per evitare che ci siano incursioni nel proprio campo da parte degli alleati-avversari (incursioni che invece inevitabilmente ci saranno).

Chiedersi come noi nel nostro piccolo facciamo da qualche tempo se si possa andare avanti così per un anno è una domanda di buon senso. Nel lasso di tempo che ci separa dalle europee ci saranno elezioni amministrative di un certo significato in Molise e in Trentino Alto Adige, territori dove non sappiamo se questa politica del sopra le righe potrà portare buoni frutti, ma non ci sembra che l’argomento appassioni i gruppi dirigenti dei principali partiti, che per esempio ignorano bellamente il fenomeno in crescita delle liste civiche. A dire il vero la dispersione di voti in liste minori non preoccupa, se è vero che si sta dibattendo per abbassare il quorum per il diritto a partecipare alla ripartizione dei seggi alle elezioni europee dal 4% al 3%.

Anche a voler prescindere da questi passaggi, ci sarebbe la questione delle riforme politiche cui il governo vuol mettere mano. Anziché cercare terreni di serio confronto si continua nello scontro a base di bandierine da sventolare. In astratto far passare delle riforme su aspetti importanti in un clima di confronto costruttivo gioverebbe alla destra-centro per consolidare la sua immagine di affidabilità e alla sinistra per potere credibilmente resistere su alcuni punti specifici senza essere etichettata come quelli che dicono sempre no a prescindere.

L’esempio delle riforme in materia di giustizia è emblematico. Che bisogno aveva il ministro Nordio di intitolare delle riforme di cui si discute da tempo alla memoria divisiva di Berlusconi, non proprio un faro della scienza giuridica? E che necessità ha Elly Schlein di impuntarsi a difendere una norma sull’abuso d’ufficio che è criticata ampiamente, anche da membri del suo partito (persino da Bertinotti che non crediamo possa essere additato come destrorso), solo per tenere viva la contrapposizione contro la destra al potere? Naturalmente possiamo notare che la battaglia fra i due campi a colpi di bandierine è ben sostenuta da una stampa e da un sistema di talk show che sono felici di offrirsi per mettere in scena questa commedia.

Resta il fatto che una politica fatta in questa maniera fa disamorare i cittadini e quando questo non accade li incita a ragionare per slogan e per atti di fede, cioè con modalità che recano pregiudizio ad una corretta vita democratica.

Di questa ci sarà grande bisogno nei mesi futuri, per fronteggiare la sfida dell’inflazione, per affrontare i cambiamenti che si intravvedono sulla scena internazionale, per gestire il PNRR, ma non solo visto anche che alcuni indicatori economici sembrano far presagire un indebolimento del nostro quadro di riferimento.

In questo contesto abbiamo bisogno di gente abituata a ragionare di politica fattiva e non a proporci sceneggiate, slogan, manifestazioni di piazza e quant’altro. C’è bisogno della tenuta del sistema-paese, cioè di un quadro in cui le forze si compongono e si integrano pur nel confronto anche deciso fra loro. Fuori di questo ci sarebbe solo un indebolimento della nostra struttura di cui tutti pagheremmo le conseguenze.