Ultimo Aggiornamento:
18 gennaio 2025
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La politica italiana nel turbinio della politica internazionale

Paolo Pombeni - 11.12.2024
Conte e Grillo

Con l’esito della replica delle votazioni della costituente Cinque Stelle come chiesto da Grillo si arriva ad una provvisoria conclusione di una querelle che secondo alcuni avrebbe potuto movimentare la politica italiana. Siamo davanti ad un modo un poco provinciale di guardare alle vicende di casa nostra, perché c’è da dubitare che con il turbinio di eventi in corso nella politica internazionale possa diventare determinante la diatriba che coinvolge Grillo e Conte.

Ciò non significa ignorare che una qualche ricaduta anche questa vicenda ce l’avrà. Il capo dei Pentastellati ha vinto (neppure in misura travolgente) la sua battaglia per il controllo del partito, ma i costi potrebbero non essere lievi. È bene non dimenticare che si tratta di un confronto all’interno dei soli militanti registrati del Movimento, che rappresentano una frazione minima degli elettori, per cui non è affatto detto che il duello ingaggiato dal comico fondatore non abbia poi successo nell’erodere il consenso di M5S nelle urne.

Non si dimentichi che, a meno di scioglimento della legislatura prima della scadenza (2027), al momento improbabile, i prossimi test elettorali saranno tutti a livello amministrativo (regionali e comunali), terreni su cui già di suo i pentastellati non vanno bene, ma su cui potrebbero incidere ulteriormente eventuali formazioni di dissidenti grillini come viene in qualche modo annunciato. Per tacere dell’effetto che potrebbe avere un protrarsi del confronto fra il giudiziario e il mediatico fra Grillo e Conte.

Senza farci intrappolare nell’oroscopo su questi scontri, segnaliamo piuttosto che l’attacco del Fondatore al cosiddetto mago di Oz si svilupperà su un terreno minato. Il comico genovese infatti attacca sostenendo, vedi la sua lettera a Schlein, che Conte è di fatto un alter ego della leadership del PD, il che spingerà il riconfermato capo di M5S ad esasperare la sottolineatura della sua diversità dal partito del Nazareno: una diversità che si pretenderà programmatica, ma che invece è piattamente populista (si veda per esempio l’abbraccio al pacifismo farlocco sulla questione dell’Ucraina).

Come risponderanno Schlein e il suo gruppo dirigente a queste tattiche di differenziazione e come incideranno queste nelle battaglie per la prossima tornata di elezioni amministrative? Non è una questione banale ed è ciò che ci rimanda al turbinio delle relazioni internazionali. A noi sembra evidente che difficilmente il PD può pensare di tutelare la sua credibilità come alternativa di governo se rimane a metà del guado nel posizionamento sulle spaccature che percorrono la geopolitica in generale, ma al tempo stesso l’Europa in specifico.

Lasciate perdere le fantasie su Trump che sbroglierà le matasse delle guerre in corso. È un personaggio bizzarro, ma si muoverà nell’ambito di una sua visione degli interessi USA, che al dunque saranno meno isolazionisti di quel che tanti accreditano: non si smonta un impero in una notte (soprattutto dopo aver proclamato che si vuol fare l’America di nuovo grande). Sarà meno ideologico, o se vogliamo dirla più correttamente meno moralmente responsabile verso il peso di certi doveri che competono agli USA come uno dei perni dell’equilibrio internazionale, ma dubitiamo voglia dare spazio a quelli che vorrebbero ridimensionare radicalmente il ruolo della potenza americana (e il sistema in cui è inserito non lo favorirebbe in questa direzione).

Avendo presente questo contesto, una alternativa all’attuale maggioranza di governo che si presenti come incapace di elaborare una politica estera all’altezza delle sfide internazionali in campo è fortemente indebolita: si tenga conto che in quella (ipotetica) coalizione ben due componenti, M5S e AVS, hanno visioni in quel campo a dir poco utopistiche e che lo stesso PD è piuttosto spaccato al suo interno.

Da questo punto di vista la maggioranza di destra-centro è messa meglio. È vero che contiene una componente, ovvero Salvini, a dir poco erratica, ma da un lato non è neppure certo che rappresenti il pensiero profondo di quote importanti della Lega, e dall’altro le posizioni di FdI, a partire dalla leadership di Meloni, e di FI, con Tajani, ma non solo, sono largamente predominanti e in politica internazionale molto più in sintonia con l’evoluzione della geopolitica di quanto non lo sia il PD.

Queste considerazioni valgono anche per il contesto europeo, che non cesserà di essere centrale sia per quel che riguarda il confronto con le crisi internazionali (incluso il delicatissimo campo della presenza di una forza armata europea), sia per quanto concerne la gestione delle trasformazioni economico-sociali che incidono in maniera pesante sul nostro sistema (la crisi dell’automotive è in questo momento agli onori delle cronache, ma non è che una delle punte dell’iceberg).

Anche in questo caso riferendoci alla determinazione della politica italiana le spaccature interne a quello che un tempo si definiva campo largo sono molto più estese di quelle che attraversano la maggioranza di destra-centro. Certamente per quest’ultima il posizionamento nell’ambito del parlamento europeo non è agevole visto il blocco delle destre, ma può essere compensato dal ruolo della premier nel Consiglio Europeo, mentre dal versante opposto è ancor più complicata la collocazione dell’(ipotetico) centrosinistra nostrano nel contesto della traballante “maggioranza Ursula” gravata da tensioni non piccole fra le diverse componenti nazionali e ideologiche attive in essa.