Ultimo Aggiornamento:
27 aprile 2024
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La grande tecnologia e la crisi dello sfruttamento sessuale minorile online

Francesco Provinciali * - 10.02.2024
Famiglia e Social

Con questo odg la Commissione Giustizia del Senato USA ha convocato e audito i potenti dell’hi tech, coloro che detengono il primato dei social media americani: in quella sede è andata in scena una sorta di messa in stato d’accusa della comunicazione e dell’informazione via web, per le conseguenze drammatiche provocate in danno di minori e adolescenti caduti nelle “rete” : erano infatti presenti molti genitori di ragazzini vittime di adescamenti sessuali, giochi pericolosi, istigazione al suicidio.

Sul banco degli invitati-imputati i CEO dei cinque principali network USA (ma con influenza e penetrazioni planetarie), da Mark Zuckerberg (Meta), Linda Yaccarino (X), Shou Chew (Tik Tok) Evan Spiegel (Snap) e Jason Citron (Discord). Da quanto diffuso dai media americani non si è trattato di una messinscena, vista la durezza delle accuse peraltro debordate anche sul coté della politica: di fatto la campagna elettorale per le presidenziali è virtualmente aperta pur nell’attesa di presentare i due contendenti ma l’argomento era troppo ghiotto per trasformare la conferenza in una burletta di simulazioni e domande concordate. Da alcuni anni a questa parte la diffusione delle tecnologie, la dilagante digitalizzazione, gli scenari aperti dal metaverso e dagli iniziali esperimenti di intelligenza artificiale hanno imposto un’area tematica che sta rivoluzionando il mondo delle comunicazioni e prelude a scenari persino sconvolgenti negli stili di vita degli “umani” che ne saranno inevitabilmente coinvolti. Fermare questa deriva equivarrebbe a tentare di arrestare uno tsunami con l’uso delle mani ma certamente la facilità con cui hardware e software si sono diffusi, algoritmi e stilemi linguistici hanno sostituito gli alfabeti tradizionali, il fatto che questo universo in gran parte inesplorato e sconosciuto ai più ma gestito con disinvoltura e poco senso etico e della misura da poche mani sapienti per finalità commerciali e con profitti stellari, sia frequentato in prevalenza da giovani o giovanissimi senza una guida orientativa e senza confini tematici, ha costituito una vera e propria rivoluzione culturale che la scuola non è riuscita a controllare, per sdoganare e limitarne gli effetti distorsivi.

Da anni ci si interroga sull’uso e la diffusione dei social che diventano “dissocial”, poiché lungi dal favorire un supporto all’impegno educativo delle famiglie e più specificatamente didattico e pedagogico dei sistemi formativi, ha favorito da un lato una diffusione massiva incontrollata, dall’altro non ha posto tutele e ripari alla fruizione solipsistica e fuorviante delle tecnologie.

Navigare senza rete non ha quasi mai favorito approdi rassicuranti, Itaca è scomparsa dagli orizzonti degli esploratori. Ai genitori presenti all’audizione – in genere muniti di cartelloni di protesta e foto di figli rovinati dall’uso incontrollato dei social media fino a diventarne vittime sacrificali, Zuckerberg si è rivolto direttamente per chiedere scusa, eludendo le domande più tecniche poste dai senatori. Negli USA il fenomeno delle devianze prodotte dalla tecnologia incontrollata nell’uso fino a normalizzare una serie infinita di abusi e comportamenti distorsivi è presente da molto tempo: ma la globalizzazione ha rapidamente esportato tutti gli aspetti più deleteri e deteriori di questa dilagante deriva. Dobbiamo porci anche qui, in Italia e in Europa, più di un interrogativo sul da farsi ricordando il ‘non fatto’: sono innumerevoli gli episodi che già da diversi anni si sono verificati con crescente intensità e perniciosa creatività: l’emulazione, l’indifferenza degli adulti ammantata da un’assenza di regole e norme di comportamento che rasenta l’incoscienza hanno consentito una sovraesposizione al pericolo nella frequentazione dei social, fino a farli diventare una sorta di cloaca maxima dove affogare senza tornare a galla. Per questo il senso di questa iniziativa del Senato americano dovrebbe avere il valore di un incipit per la politica a livello planetario. Troppo episodi archiviati come errori, infortuni o fatalità vanno invece ricondotti alle politiche diseducative che i grandi network hanno favorito, anteponendo la contesa tra loro di una primazia di diffusione e ‘potentato’ senza interrogarsi sugli esiti disastrosi possibili. Poiché ovunque è ormai così: ricordo come grazie all’ospitalità di Barbara Stefanelli molti anni fa potevo segnalare su ‘La 27a ora’ i casi di cyberbullismo, di violenze agite attraverso le tecnologie, le fide assurde alla morte, seguendo video diffusi in rete, le prove di impiccagione, l’attraversare i binari del treno all’ultimo secondo.

E insieme a questo la diffusione della pornografia, della prostituzione minorile agganciata in rete e tutte le raffinate distorsioni che ne sono via via derivate, a cominciare dal revenge porn, la trasgressione più odiosa, la “vendetta” realizzata attraverso la diffusione di immagini intime carpite a insaputa delle vittime. Perciò quanto accaduto al Senato USA dovrebbe valere – come fatto eclatante che scuote le coscienze – ovunque. Il reporter del New York Times, David McCabe, ha raccontato di non aver mai visto nulla di simile in un’audizione. I CEO dei network più potenti messi alla sbarra, anche sotto il profilo della liceità di accordi commerciali con Paesi competitor degli USA e rappresentanti dell’altra faccia del pianeta, quella delle dittature e delle mire espansionistiche. Tema che ci riguarda da vicino poiché attraverso questi interessi commerciali delle grandi aziende può essere favorita l’infiltrazione di ideologie che combattono le democrazie del mondo, a partire dalla disgregazione delle singole democrazie (come spesso mi ricorda il Prof. Vittorio Emanuele Parsi).  Né va dimenticato come i social siano spesso i megafoni dell’omologazione culturale: la negazione della loro essenza poiché falsificano e distorcono la comunicazione fino a diventare la causa più diffusa delle solitudini siderali e spesso disperate del nostro tempo.