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La fine del tripolarismo

Stefano Zan * - 16.05.2018
Di Maio Salvini e Renzi

L’antiberlusconismo e l’antirenzismo militanti e viscerali hanno obnubilato per anni le menti di moltissimi opinionisti, giornalisti, intellettuali, politici e anche di non pochi elettori.

Ad esempio nessuno saprà mai cosa pensano davvero gli elettori italiani delle riforme costituzionali proposte qualche anno fa dal Centro Destra e il 4 dicembre dal PD. Entrambi i referendum sono stati sonoramente bocciati dagli italiani che però, nella stragrande maggioranza dei casi hanno votato, nella sostanza, un altro referendum: il primo contro Berlusconi, il secondo contro Renzi.

Ma la cantonata più grossa presa da coloro la cui lettura del mondo era cognitivamente condizionata dall’anti renzismo viscerale è stata quella di ipotizzare l’avvento del tripolarismo in Italia partendo dalla convinzione che il movimento 5Stelle fosse espressione della (nuova) sinistra, quasi che essere contro Renzi fosse di per sé sufficiente ad essere di sinistra, dimenticando per altro che contro Renzi era schierata da sempre la destra del Paese.

Basterebbe infatti ammettere che i 5Stelle sono “oggettivamente” di destra per capire molte cose di ieri e di domani.

Dico oggettivamente perché basta conoscere un po' di storia dell’Italia, dell’Europa, dell’America Latina per capire che il Movimento 5Stelle si iscrive fin dalle sue origini “naturalmente” in quel filone di pensiero e di esperienze che viene da sempre classificato come di destra, ovviamente adattato ai giorni nostri attraverso, ad esempio, l’uso politico e pseudo democratico della rete.

Obnubilati da questa visione storicamente e oggettivamente infondata (che i 5Stelle rappresentino la nuova sinistra) gli acuti osservatori hanno sostenuto che l’Italia si sia trasformata in un sistema tripolare con al centro il PD, a destra Forza Italia (moderata) e Lega, a sinistra i 5Stelle.

In realtà i 5Stelle hanno sempre rappresentato e rappresentano una delle tante sfumature che può assumere la destra, andando a rafforzare quel “pluralismo della destra” che è caratteristica ricorrente in tutte le democrazie occidentali, nessuna esclusa.

Che i vari osservatori sempre pronti a spiegarci come va il mondo non l’avessero capito è ovviamente grave ma, anche in questo caso, non è una novità. Gli obnubilati, dalla rabbia, dal rancore, dall’essere anti senza se e senza ma, non sono certo le persone più indicate per comprendere i fatti, i numeri, le statistiche. Tutti loro lavorano su una “narrazione” che prescinde sistematicamente dai dati di realtà.

Questa volta però le elezioni e la formazione del nuovo governo disvelano chiaramente e senza ambiguità che il tripolarismo era del tutto apparente: in realtà in Italia esiste una grande destra, che raggiunge circa il 70% dei votanti e una piccola sinistra che non arriva, nel suo insieme, nemmeno al 30%.

Il governo di destra Di Maio-Salvini è il risultato sostanzialmente più rispettoso dei desiderata degli elettori ed è quindi l’espressione della grande democraticità del nostro sistema politico.

Mi si potrebbe controbattere che in realtà molti elettori di sinistra hanno votato 5Stelle per protesta contro il PD. Questo è indubbiamente vero ma bisogna contemporaneamente ricordare che:

-          nessun voto di protesta è andato alla sinistra “classica” di Liberi e Uguali che anzi, in proporzione, ha perso molto più del PD;

-          molti voti di protesta al Nord sono andati da sinistra alla Lega;

-          in effetti molti voti di protesta al sud sono andati ai 5Stelle.

Ma il punto vero è un altro: la connotazione destra-sinistra di un qualsiasi partito non la fanno gli elettori (pregiudizio sociologico) ma la storia, i programmi, i dirigenti del partito e, meno ancora, la fanno gli intellettuali, gli artisti, i giornalisti che propongono narrazioni caratterizzate da grande pathos e da grande sicumera ma, molto spesso, destituite da qualsiasi fondamento. Nessuno, ma proprio nessuno, obnubilato dall’attenzione salvifica nei confronti dei 5Stelle, aveva immaginato una crescita così straordinaria della Lega che, ad esempio, in Emilia-Romagna è passata dl 2,4 al 19%.

Quindi gli elettori che hanno votato 5Stelle convinti di votare per un partito di sinistra, quelli che io chiamo grillisti, sono, per usare un termine classico, “compagni che sbagliano” e sbagliano perché hanno dato retta ai cattivi maestri che ignorano la storia e credono sempre di interpretare il sentiment del popolo: ripeto, non basta essere contro Renzi per essere di sinistra.

La cosa è così vera che è bastata l’ipotesi di un governo Di Maio-Salvini per dare vita al movimento dei “pentiti” che, guarda caso, hanno scoperto in tanti di essersi sbagliati. Quanti siano gli elettori grillisti lo scopriremo alle prossime elezioni alle quali Di Maio non vuole tornare perché, secondo le stime di Pagnoncelli, gli elettori di sinistra dei 5Stelle, quelli contrarissimi al governo con Salvini, sarebbero circa il 30%, cioè più di tre milioni di voti.

 

Finalmente torniamo ad un sano e normale bipolarismo destra-sinistra che, in breve tempo, ridefinirà i pesi relativi e consentirà di riprendere senza troppe paure una prospettiva maggioritaria.

 

Purtroppo il vizio italico di essere soprattutto “anti” è già abbondantemente ripreso, tanto dal PD quanto dai nuovi pentiti, con dichiarazioni roboanti contro i pericoli del populismo dominante, lo sfascio dei conti pubblici, la fine della democrazia.

I “nuovi” obnubilati dall’anti-populismo dovrebbero/potrebbero però riflettere sul fatto che:

-          la campagna elettorale è finita e di qui a pochi giorni discuteremo di fatti (leggi, disegni di legge, decreti) e non più di fantasie;

-          il governo Di Maio-Salvini è certamente rappresentativo dei desiderata, oggi, della maggioranza degli italiani;

-          che tra il dire (della campagna elettorale) e il fare (del governo) c’è di mezzo il mare e questo vale per tutti i partiti in tutto il mondo (anche per Trump);

-          che la Lega ha robuste esperienze di governo che non sono per niente eversive e in alcuni casi (Lombardia e Veneto) sono anche, piaccia o non piaccia “efficienti”.

-           

Inoltre il nostro sistema politico ha non pochi contrappesi:

-          una stampa così libera che può permettersi anche di dire qualsiasi sciocchezza senza che nessuno, ma proprio nessuno, pensi di imbavagliarla;

-          un Presidente della Repubblica che con il suo ruolo politico può condizionare in maniera significativa l’operato di qualsiasi governo;

-          una opposizione che quando si riprenderà dalla batosta elettorale potrà vigilare sull’operato del governo e cominciare costruire un’alternativa credibile (volendo gli spazi sono enormi)

-          un sistema di vincoli europei che si possono anche contrastare in campagna elettorale ma che restano sostanzialmente cogenti (vedi Tsipras in Grecia);

-          una dinamica globale dei mercati che darà segnali molto precisi su cosa si può e cosa non si può fare. Né Salvini né Di Maio hanno interesse a sfasciare i conti pubblici perché alla fine gli si rivolterebbero contro molti dei loro elettori;

-          infine un’opposizione sociale che, anche grazie ai social ma non solo, può fare sentire il suo peso. Potrebbe anche darsi il caso che la CGIL si rinvenga e scopra chi sono i veri “nemici” del sindacato.

Quindi un quadro nuovo, chiaro, non drammatico che nel giro di poco tempo verrà messo alla prova dei fatti.

Nel caso qualcuno avesse dei dubbi sono sempre stato non leghista, non berlusconiano e ho sempre considerato di destra Grillo e compagni. Quello che non sopporto, e in questo senso sono anch’io anti qualcuno, sono gli “opinionisti” che con tanta sicumera esprimono le loro opinioni senza mai fare un’analisi seria dei dati e delle dinamiche reali insegnando al popolo come dovrà andare inevitabilmente il mondo. In sostanza sono anti-obnubilati ma il problema è che sono tantissimi.

 

 

 

 

* E' stato docente universitario di Teoria delle organizzazioni. Il suo blog è ww.stefanozan.it