Ultimo Aggiornamento:
04 maggio 2024
Iscriviti al nostro Feed RSS

La crisi portoghese

Goffredo Adinolfi * - 09.12.2014
Maria José Morgado

Venerdì  21 Novembre l’ex primo ministro portoghese, il socialista José Socrates (2005-2011), è stato arrestato all’aeroporto di Portela mentre rientrava a Lisbona da Parigi.  Le accuse sono pesanti: riciclaggio di denaro, frode fiscale e corruzione.

Quello di Socrates è solo l’ultimo caso di una lunga serie che stanno lambendo più o meno direttamente il mondo della politica e dell’economia. È di pochi giorni fa la notizia di un’indagine su di una rete di corruzione che coinvolgerebbe i più alti livelli dell’amministrazione pubblica. In questo caso i capi d’imputazione riguardano le  “gold visa” ovvero i visti di entrata permanenti concessi dal governo portoghese in cambio di investimenti. C’è poi la condanna per l’ex deputato del Partido Social Democrata (Psd - centro destra) Duarte Lima, a dieci anni di prigione per frode nei confronti del Banco Portugues de Negocios. C’è infine la paradossale questione dei sottomarini militari acquistati in Germania dal governo di centro-destra nel 2004. Per quel contratto due alti funzionari tedeschi della Ferrostaal, impresa produttrice di armi, sono stati condannati dal tribunale di Monaco per corruzione senza che in Portogallo, siano stati condannati i relativi corrotti.

Dietro a questi casi, per il momento perlopiù sporadici, sembrerebbe nascondersi un fenomeno decisamente più esteso. Maria José Morgado, pubblico ministero che per due anni ha guidato la Direcção Central de Investigação da Corrupção e Criminalidade Económica e Financeira, denuncia in un’intervista alla rete televisiva Sic, come, nel corso degli ultimi tre decenni, grande parte dei sostanziosi fondi concessi dall’Unione Europea (si calcola che dalla metà degli anni ottanta siano arrivati circa 9 milioni di euro al giorno) siano stati usati non per il bene pubblico bensì per l’arricchimento individuale (Sic – 25 aprile 2014 – Expresso da Meia Noite). Tutto ciò è potuto avvenire grazie al fatto che parte dell’élite politica ha beneficiato di una sorta di regime di sostanziale irresponsabilità. I dati in questo senso parlano chiaro: i processi, fino ad adesso sono stati pochi e dei pochi nemmeno l’8% è arrivato a una condanna.

La struttura del sistema giudiziario gioca, dal nostro punto di vista, un ruolo cruciale. Contrariamente  a quanto accade in Italia, per i pubblici ministeri portoghesi è decisamente meno facile agire, soprattutto quando si tratta di processi importanti e delicati. Innanzitutto vige nell’ordinamento una rigida separazione tra magistratura giudicante e pubblica accusa. Questo principio è a livello teorico una garanzia d’indipendenza tra le due funzioni e quindi di maggiore imparzialità del processo. Tuttavia, osservando in dettaglio i rapporti gerarchici all’interno della catena di gestione della pubblica accusa, si può notare come essi siano  fortemente accentrati nella figura del procuratore generale della repubblica, di nomina governativa, e della relativa debolezza dell’organo assembleare, peraltro anch’esso in parte di nomina politica (5 su nomina del parlamento, 2 del governo e 11 scelti  dai magistrati). Il considerevole sblocco, per il momento apparente, dei processi contro la politica e l’economia (vedere il caso del Banco Espirito Santo) sarebbe stata resa possibile, secondo Paulo Morais, vice presidente di Transparency Intenrational Portugal, dall’azione impressa dalla neo-nominata Joana Marques Vidal (2012) alla guida della Procuradoria Geral da Republica Portuguesa.

Eppure a contrastare un certo ‘ottimismo’ proprio in questi giorni preoccupazioni in questo senso sono state espresse dall’Unione Europea che in un rapporto sullo stato della corruzione in Portogallo lamenta la scarsità di mezzi, di pene adeguate e soprattutto di condanne.

Un altro punto debole, secondo l’opinione della Morgado,  riguarda la libertà del giudice nell’esercitare la sua azione. Da un lato vi è un’obbligatorietà dell’azione penale che ammette varie eccezioni e dall’altra, se vogliamo ancora più limitante, la responsabilità extracontrattuale stato-giudice, ovvero la possibilità che lo stato si rivalga sul giudice nel caso questi, commettendo errore grave, condanni un imputato. È una possibilità difficilmente concretizzabile, soprattutto perché a decidere dev’essere un collegio di giudici. Tuttavia, spiega la Morgado: “quelli che giudicano  guadagnano 2000 euro e devono istruire cause di milioni e se sbagliano rischiano di dovere  pagare per il resto della loro vita”.

A fronte di un incremento nel numero dei casi di corruzione oggetto di indagine l’indice della corruzione percepita stilato annualmente da Transparency International ha registrato un lieve miglioramento.  Il punteggio misurato su di una scala che va da 0, paese a più alti livelli di corruzione percepita, a 100, è di 63, guadagnando un punto rispetto al 2013. Nella classifica generale il paese lusitano passa dal 33º posto tra i paesi con inferiore corruzione percepita, al 31º.

Nonostante questo miglioramento, Morais indica nello scollamento di fiducia dei cittadini nei confronti della politica un’altra delle cause alla base di un nuovo modo di agire da parte delle procure. Il punto, denuncia Morais, è che se prima vi era una porosità eccessiva tra il mondo politico e quello giudiziario, ora tale prossimità è stigmatizzata e la magistratura agisce in modo più indipendente. Bisogna anche dire che in realtà la crisi economica ha probabilmente ridotto la capacità di attrazione e attribuzione di incarichi remunerati a magistrati da parte della politica.

A complicare le cose non c’è solo la mancanza di rigidi confini tra il mondo della politica e quello della magistratura, ma anche tra quello della politica e quello dell’economia. Uno studio di Pedro Tavares de Almeida e António Costa Pinto rileva come la professione principale del 24% dei ministri del periodo democratico (1979-1999) sia quella di amministratore di impresa. Di per sé lo scambio dei ruoli non è sinonimo di corruzione, ma certamente non favorisce l’esercizio imparziale delle competenze esecutive.

  Ci vorranno ancora mesi per capire se effettivamente il 21 di novembre sarà per il Portogallo quello che è stato per l’Italia il 17 di febbraio del 1992, ovvero il giorno dell’arresto di Mario Chiesa. Che l’eventuale condanna di José Socrates possa  ingenerare un effetto domino su tutto il sistema politico è difficile da dire. Vale la pena sottolineare che da 40 anni i partiti sono rimasti sostanzialmente gli stessi, che la disaffezione nei confronti della politica è cresciuta esponenzialmente  e che, dati Eurobarometro 2013, meno del 15% della popolazione tende ad avere fiducia nelle istituzioni democratiche (parlamento, partiti e governo). 

La strada verso le elezioni politiche del prossimo anno è quindi ancora molto lunga e incerta. Al momento il partito socialista guidato da Antonio Costa è dato come sicuro vincitore, tuttavia l’affaire Socrates potrebbe costargli la maggioranza assoluta e obbligarlo ad un governo di ‘grande coalizione’ con la destra.

 

 

 

 

* Centro de Investigação e Estudos de Sociologia – CIES

Instituto Universitário de Lisboa - IUL