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27 aprile 2024
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La crisi del centro destra in prospettiva

Maurizio Griffo * - 20.10.2015
Manifestazione Forza Italia

Osservando le recenti vicende politiche italiane risulta evidente la crisi del centro destra. Forza Italia subisce una lenta emorragia di parlamentari, il Nuovo centro destra di Alfano è diviso. Più in generale, i sondaggi vedono scemare i consensi a un’area politica che, fino a qualche anno addietro, riscuoteva il voto di almeno un terzo dell’elettorato. A prima vista la crisi sembra da attribuire all’ascesa della leadership renziana. Il premier, infatti, appare sempre più capace di porsi come un referente credibile per l’elettorato moderato. Una tesi che accreditano anche alcune recenti prese di posizione polemiche, come l’accusa di "copia" che Berlusconi ha rivolto a Renzi riguardo all’idea di abolire la tassa sulla prima casa. Un appunto che non si sa se giudicare più puerile o più ingenuo, ma che esprime in modo sintetico le difficoltà che quell’area politica sta attraversando. Pure, se l’ascesa di Renzi costituisce un fattore non trascurabile, si tratta comunque di una causa occasionale, perché le ragioni ultime del declino vanno ricercate più indietro nel tempo. La crisi del centro destra comincia, infatti, nell’autunno del 2013 quando viene abbandonata la prospettiva di un partito a vocazione maggioritaria. Per  chiarire questo aspetto conviene ripercorrere sinteticamente le scelte operate in questi ultimi due anni.

Il governo Letta era un successo politico di Berlusconi che subito dopo le elezioni aveva caldeggiato una grande coalizione come l’unica via di uscita dall’impasse. Le cose cambiavano dopo la condanna inflittagli dal tribunale di Milano. Nell’autunno c’è la scelta di cambiare nome al partito.  Abbandonata la dizione Popolo della libertà si tornava a Forza Italia. Anche sotto il profilo del marketing politico, che è sempre stato il punto forte dell’imprenditore milanese, pensare di rinnovare l’immagine del partito con un ritorno alle origini era un’idea poco brillante. Assai più infelice era la mossa successiva, cioè ritirare la fiducia al governo dopo la decadenza da senatore. Una scelta che portava alla scissione da cui nasceva il Nuovo Centro Destra. In quel momento si abbandonava la prospettiva di un partito moderato e plurale, dove far coesistere diverse sensibilità politiche; inoltre si metteva in discussione anche l’appartenenza all’area dei partiti popolari europei cui ci si era riconosciuti fino ad allora. La nuova Forza Italia sposava una linea protestataria, accodandosi, con poco smalto, alla Lega. Una via di uscita da questo cul de sac era offerta, all’inizio del 2014, dal patto del Nazareno. Com’è noto il patto non era fissato in un preciso capitolato, si trattava di un accordo di massima in cui il nuovo segretario del Pd si impegnava a non prendere iniziative di riforma costituzionale senza concordarle con Berlusconi. Certo, era un patto asimmetrico in cui la parte principale spettava a Renzi, ma esso offriva a Berlusconi quella piena legittimazione da parte della sinistra che in passato era sempre mancata. All’inizio di quest’anno, dopo l’elezione del presidente della repubblica, il patto veniva rotto unilateralmente dal leader di Forza Italia. Così si tornava di punto in bianco a una linea protestataria che portava, con perfetta incoerenza, il partito berlusconiano a votare contro la nuova legge elettorale e la riforma costituzionale che aveva in precedenza appoggiato. Come si vede da questo breve sommario, la crisi del centro destra affonda le sue radici in scelte politiche ondivaghe se non schizofreniche. Scelte che hanno portato gli elettori potenziali a rifugiarsi nell’astensione e numerosi parlamentari a cedere alla tentazione trasformista del bandwagon.

Per uscire da questa situazione occorre rimettere insieme i cocci del centro destra. Un’operazione non semplice ma che ha un non trascurabile appiglio istituzionale. La  clausola della legge elettorale che assegna il premio di maggioranza al partito, e non alla coalizione, invoglia a promuovere una forza politica che non sia un incoerente sommatoria di sigle. Sicuramente, c’è il rischio di non arrivare al ballottaggio alle prossime elezioni politiche, ma la riunificazione del centro destra è l’unica prospettiva che può consentire di salvare la democrazia dell’alternanza italiana. Facendo in modo che le elezioni non si risolvano in una contesa fra governo e forze antisistema.





* Insegna presso il Dipartimento di Scienze Politiche dell’Università Federico II di Napoli