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Sciences Po, specchio della Francia?

Michele Marchi - 20.10.2015
Sciences Po

Il FN conquista Sciences Po? Espresso in questo modo il concetto è mal posto e può essere derubricato a livello di boutade mediatica. Se si decide di affrontare la questione con attenzione e fuori dal gioco degli slogan, allora si fa interessante.

Prima di tutto i fatti, di per sé non eclatanti. FN Sciences Po ha rapidamente raccolto le 120 adesioni necessarie per diventare una delle numerose associazioni (politiche, culturali, sportive) accreditate in uno dei più famosi e prestigiosi istituti di formazione universitaria e post-universitaria a livello mondiale, almeno per quello che concerne le scienze umane, la politologia e la storia politica. Dunque come ha prontamente dichiarato il suo direttore, Frédéric Mion, siamo di fronte alla conferma della vocazione aperta e pluralista di questa grande istituzione, erede dell’Ecole Libre de Sciences Po, poi rifondata nel post ’45 dalla coppia De Gaulle-Debré, dando origine all’Institut d’études politiques e alla Fondation Nationale des Sciences Politiques.

È ugualmente vero che non si è di fronte ad una “prima assoluta”. Nei tardi anni Settanta, il Groupe d’Union Défense (molto attivo nelle facoltà parigine di diritto) aveva avuto al 27, rue Saint-Guillaume una sua rappresentanza e lo stesso si può dire del Cercle National, abbastanza attivo tra fine anni Ottanta ed inizio Novanta, in tempi insomma di grande influenza politico-culturale nel FN di Bruno Mégret.

Dove si colloca allora la novità? In realtà più che di novità si può parlare di un segnale.

Prima di tutto non bisogna dimenticare che nel lungo periodo di direzione di Sciences Po da parte di Richard Descoings (prematuramente scomparso tre anni fa), il mediatico direttore aveva contribuito a rendere il 27 rue Saint-Guillaume una sorta di fabbrica per la formazione di un’élite dirigente mondializzata, simbolo della circolazione delle idee al di là delle frontiere, ma anche tempio laico (per i detrattori) di un politicamente corretto sempre meno in linea con l’evoluzione politico-culturale del Vecchio Continente e della Francia in particolare.

Ecco allora che il ritorno di una rappresentanza studentesca del FN può perlomeno far pensare a qualcosa che possa assomigliare ad un’inversione di tendenza. Se poi lo sbarco del FN nella sua componente studentesca lo si accompagna ad almeno altri due interessanti passaggi, il discorso si fa più complesso, ma anche più intrigante. Bisogna allora ricordare l’attivismo a Sciences Po dell’antica associazione cattolica Centre Saint-Guillaume nelle settimane più calde dell’opposizione alla legislazione sul matrimonio gay. La cosiddetta Manif pour Tous ha visto svolgere un ruolo di primo piano proprio alla rappresentanza studentesca cattolica di Sciences Po. Cosa dire poi del circolo Critique de la raison européenne, che organizza nei locali di Sciences Po frequentati dibattiti sulla crisi del progetto europeo, sul ritorno prepotente del nazionale e delle frontiere invitando tra gli altri l’ex ministro di Mitterrand poi leader del sovranismo di sinistra, Jean-Pierre Chevènement o l’ex penna di Nicolas Sarkozy Henri Guaino?

Come detto il quadro si arricchisce di sfumature e di conseguenza la dimensione solo mediatica perde di significato. Non bisogna peraltro dimenticare che il FN è oggi il partito più votato dai minori di 35 anni. E infine non si deve trascurare la voce dei protagonisti dell’operazione ritorno del FN a Sciences Po. Come gli stessi studenti in maniera molto diretta affermano, la prima ragione è mostrare che i giovani frontisti non sono “gli skinheads dell’UNEF” (Union Nationale des étudiants de France).

A questo punto è possibile individuare anche l’operazione “politica” sottesa o meglio complementare ad un’indubbia torsione culturale che è in atto nel Paese e che solo il tempo potrà stabilire se passeggera o strutturale.  Si è ancora all’interno di quella logica di ricerca della dédiabolisation e della normalisation delle idee e della cultura politica che la coppia Marine Le Pen – Florian Philippot sta elaborando oramai da un lustro. E non a caso è stato proprio Philippot, il numero due del partito, diplomato dell’ENA e dell’Ecole des Hautes Etudes Commerciales, a sottolineare l’importanza per il FN e per la sua immagine di questo ritorno in una delle grandes écoles del Paese.

Come acutamente ha fatto notare il direttore del Centre d’histoire de Sciences Po, Marc Lazar, è osservando con attenzione il profilo di uno dei giovani leader della rappresentanza studentesca FN che la notizia assume ulteriore interesse. Il ventiduenne Davy Rodriguez è arrivato a Sciences Po grazie ad un accesso prioritario garantito agli studenti meritevoli delle aree più depresse delle periferie urbane e soprattutto proviene da due anni di militanza nel Front de gauche. Oggi si trova in prima linea per criticare la Francia della mondializzazione e per denunciare il malessere delle aree periurbane e rurali depresse. L’impressione è che la France periphérique di Guilluy abbia raggiunto, con tutte le possibili ricadute del caso, la storica strada che incrocia Boulevard Saint-Germanain.

In definitiva senza gridare allo scandalo, né ingigantire un passaggio che, almeno al momento resta minore, è comunque interessante rilevare una mutazione in atto. Nelle epoche di transizione come quella che la Francia e tutte le democrazie post-industriali stanno vivendo da oltre un quarantennio, le spie provenienti da importanti “laboratori sociali” (e Sciences Po lo è, a livello francese e continentale) hanno una loro importanza.

Dunque Sciences Po rimane oltre che un’eccellenza nel campo dell’istruzione universitaria e post-universitaria, un formidabile luogo di incontro e formazione della futura élite dirigente dell’attuale mondo globalizzato. Non deve essere però trascurata la riflessione del direttore Frédéric Mion quando afferma che le recenti evoluzioni mostrano quanto il 27 rue Saint-Guillaume sia connesso e in linea con l’evoluzione politica, sociale e culturale del Paese. Che questo piaccia o meno è un altro discorso. Ma che nel tempio delle scienze sociali si respiri l’air du temps non pare, a chi scrive queste righe, né così deprecabile, né tantomeno così sconvolgente.