Ultimo Aggiornamento:
27 marzo 2024
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La battaglia alla sindrome narcisistica? Parte dall’educazione (e dai doveri)

Carlo Marsonet * - 15.01.2020
Cartello a Bagà

Qualche giorno fa ha fatto notizia, rincorsasi attraverso molteplici canali d’informazioni – particolarmente gustoso “Il caffè” di Massimo Gramellini sul Corsera dell’11 gennaio –, un evento singolare e curioso (ma non troppo, in realtà: si capirà in seguito il perché). Dopo aver ricevuto svariate lamentele da parte di numerosi clienti, il gestore di un locale della provincia di Sondrio ha deciso di esporre un cartello con il seguente messaggio: «I bambini lasciati incustoditi a correre in giro per il locale, che urlano o in piedi su panche e sedie, disturbano gli altri clienti. Pertanto ci riserviamo il diritto di prenderli in cucina a lavare i piatti, con tanto di nastro adesivo sulla bocca. I clienti che vengono nel nostro locale hanno il piacere di passare il loro pranzo/cena in assoluta tranquillità, senza sottofondi di bambini maleducati che strillano. Se tutto ciò non vi fosse possibile, potete: 1) venire a Bagà – La pizza digeribile senza bambini; 2) educare i vostri figli; 3) cambiare pizzeria; 4) starvene a casa vostra. Se tutto ciò non dovesse riguardarvi perché bambini non e avete o se li avete sono educati, vi auguriamo buon appetito. L’uomo nero». Al di là della firma, di ironica serietà, l’accaduto merita attenzione.

Mettiamo le mani avanti: non si vuol fare qui del moralismo a buon mercato. Chi, come il sottoscritto, ha passato momenti di gioventù abbastanza vivaci (eufemismo), ben si ricorda cosa ha significato essere bambino e poi adolescente. Tuttavia, oltre a ciò, si ricorda pure le copiose (e istruttive) dosi di redarguizioni (si legga: schiaffi). Insomma, ad azione (sbagliata), corrispondeva una reazione (giusta). Qualche genitore potrà pensare “ma i bambini devono essere lasciati liberi di esprimersi!”. La controreplica, secondo chi scrive, potrebbe essere però la seguente: “la libertà illimitata concessa a un bambino, verosimilmente evolverà, quando questo sarà un adulto, in licenza”. E come può una società – da sottintendersi: società tendenzialmente aperta o libera – esistere e mantenersi più o meno integra se è scevra dell’abc (minimo) della convivenza civile?

In effetti, però, non stupisce neanche più di tanto quanto accaduto. Infatti, è sufficiente focalizzarsi su qualche comportamento o pensiero condiviso di moltissimi adulti per ben comprendere l’inevitabilità di un circolo vizioso che rende la società (ovvero gli individui che la compongono) sempre più narcisistica, cioè a dire autoreferenziale, monadistica e capricciosa. E non è colpa del “liberismo selvaggio”, un nemico immaginario, ma che è molto utile scomodare per non guardarsi dentro, non fare quella necessaria autocritica da cui solamente può scaturire una vera riforma sociale.

Se il diritto, inteso à la von Savigny, come invisibile linea che delimita i confini tra le nostre azioni, viene deformato e deturpato utilizzandolo esclusivamente al plurale, come diritti, alla stregua di pretese che devono necessariamente essere realizzate da qualcuno (siano i genitori, quando si parla di bambini, sia lo stato, quando si parla di adulti: come se quest’ultimo disponesse di risorse proprie, e pure magicamente illimitate), ci si può forse meravigliare che non si parli mai di doveri, cioè a dire di quegli imprescindibili contrappesi che impediscono di far degenerare il diritto in insaziabile richiesta di onnivore rivendicazioni?

Una società sana si regge solamente se tutti i suoi componenti rinunciano a parte delle proprie richieste – dei presunti “diritti”: essi, infatti, possono facilmente tramutarsi in pretese vissute a scapito e sulle spalle degli altri – a favore dell’eguale dose di richieste altrui. Considerazione banale? Può darsi. Ma se si ritiene necessaria e salutare ribadirla, forse è il caso di porsi qualche domanda…e magari di riconsiderare quanto Giuseppe Mazzini scrisse: «Migliorate voi stessi ed altri: è questo il primo intento ed è la suprema speranza d’ogni riforma, d’ogni mutamento sociale» (I doveri dell’uomo). Senza inseguire capri espiatori e alibi inesistenti, la via è quella della ricerca di emendare il narcisismo (e la maleducazione) che alberga in ognuno di noi, rispettando un po’ di più il prossimo. Ne va, a ben vedere, della nostra libertà.

 

 

 

 

* Dottorando in Scienze politiche presso la Luiss Guido Carli di Roma.