L’attacco alla Tunisia

In questi giorni la Tunisia è prepotentemente rientrata sotto i riflettori internazionali a causa del vile attacco terroristico sferrato nei confronti di civili tunisini e stranieri. Il sanguinoso attacco al Museo del Bardo, simbolo di quella transculturalità che da sempre appartiene allo stato nordafricano, rivela il tentativo di destabilizzare il paese che più di altri rappresenta un’eccezione dell’area.
Definita come laboratorio politico, la Tunisia ha dimostrato, nonostante la complessità del processo di costruzione della democrazia intrapreso, di continuare ad essere quell’esempio di sintesi tra Islam e laicità che l’ha storicamente contraddistinta. Un’eccezionalità che trae le sue origini dal vasto consenso sociale della rivolta del 2011, dal pragmatismo di Ennadha che ha saputo ottenere fiducia a livello internazionale attraverso alcune concessioni e compromessi, come, ad esempio, non aver inserito la Shar’ia nella Costituzione emanata nel gennaio 2014, e dalla presenza di un solido fronte laico.
L’attacco al museo del Bardo -la cui paternità sembrerebbe attribuibile a Daesh- rivela la volontà di voler far naufragare la delicata transizione del paese attraverso una strategia ben definita.
Com’è noto il paese è soggetto ad una fragilità economica che ha indubbiamente provocato un corto circuito nella società e in particolar modo nelle giovani generazioni protagoniste della rivolta dei gelsomini. Quei giovani che auspicavano interventi legislativi risolutori su questioni delicate quali il lavoro e la disoccupazione che continuano a patire il disagio sociale che già vivevano prima della rivolta. Incerti sul proprio futuro, alcuni tra questi rivolgono lo sguardo a organizzazioni sovversive e da alcuni anni si respira nel paese un forte timore di vederli reclutati nelle file del terrorismo. Timori, che com’era prevedibile, non sono così infondati dopo la dichiarazione nel corso di una conferenza stampa del giugno 2014, rilasciata dall’ex ministro degli interni Lofti Ben Jeddou, in cui ha rivelato che il numero di jihadisti tunisini che combattono in Sira era pari a circa 2400. Nonostante i governi, compreso quello in carica presieduto da Habib Essid, abbiano sottoscritto l’impegno a lottare contro l’infiltrazione del terrorismo nel territorio tunisino, il numero dei giovani che rispondono all’appello lanciato da Daesh sembra destinato ad aumentare. Il reclutamento dei giovani dai 18 ai 27 anni avviene per lo più attraverso la rete di Internet (social network) che è un ottimo veicolo di propaganda capace di influenzare. Questi giovani il cui profilo non appare ancora così chiaro, possono provenire da zone popolari e disagiate, ma tra loro molti possiedono un’istruzione superiore e conoscono le lingue.
Complice tuttavia di questo processo involutivo è indubbiamente l’instabilità economica che il paese sembra non superare nonostante la sottoscrizione di alcuni accordi di collaborazione stipulati con l’FMI e con alcuni stati del Golfo.
Con la vittoria di Nidaa Tounes, alle recenti elezioni avvenute alla fine del 2014, i tunisini che hanno congedato Ennadha, incapace ai loro occhi di fornire risposte concrete ai problemi del paese, attendono adesso soluzioni per fronteggiare la situazione. La speranza di un rilancio economico che possa aiutare il paese, anche attraverso il turismo, è nell’agenda del nuovo governo guidato da Habib Essid, anche se resta indispensabile l’attivazione di programmi di aiuto da parte dell’Europa.
Con l’attacco al Bardo si pensava di mettere in crisi il delicato processo di democratizzazione e di rilancio economico ma, la compattezza e la voglia di andare avanti della società tunisina e la fermezza delle istituzioni stanno in queste ore dimostrando ai terroristi che ciò che è accaduto non fermerà il processo di transizione che è iniziato nel 2011, con la messa in fuga del dittatore Ben Alì.
* Leila El Houssi si occupa di storia, culture e questioni di genere nel Nord Africa. Coordinatrice scientifica e docente del Master Mediterranean Studies presso l’Università di Firenze, è autrice di "Il Risveglio della democrazia. La Tunisia dall'indipendenza e la transizione" (Carocci, 2013)
di Paolo Pombeni
di Leila El Houssi *