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27 marzo 2024
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Iowa means nomination? L'attendibilità dei caucus che aprono le danze

Francesco Maltoni * - 06.02.2016
Iowa nomination

Il momento più atteso, infine, è arrivato. Ieri notte si sono tenuti i tanto annunciati caucus dell'Iowa, primo vero banco di prova per gli aspiranti alla carica di presidente degli Stati Uniti d'America.

 

Tradizionalmente, il tranquillo Stato del midwest fa parlare di sé ogni quattro anni perché ospita il via ufficiale alle primarie: d'ora in poi, sia in campo repubblicano che in quello democratico, sarà una gara a eliminazione in cui non mancheranno frecciate e colpi bassi se, come sembra, le nomination dovessero rimanere in bilico fino all'ultimo.

 

Ma come valutare affidabili i risultati dei caucus in Iowa? Davvero sono uno dei termometri più fedeli per valutare le chance di vittoria dei singoli candidati? Intanto, è bene precisare due aspetti, i quali da una parte aumentano l'importanza dell'appuntamento, ma, insieme, la ridimensionano: dopo mesi di dichiarazioni e sondaggi, si tratta del primo, vero test elettorale. D'altro canto, però, va ricordato che i caucus si svolgono secondo un complicato sistema di votazione, al quale non partecipa il popolo votante in senso stretto, ma solo i dirigenti e gli attivisti dei singoli partiti. Sono, dunque, attendibili anzitutto per valutare il clima all'interno dei vari schieramenti, specie negli anni più difficilmente pronosticabili, come pare il 2016.

 

Ogni volta che un presidente esaurisce i due mandati, infatti, intorno alle primarie c'è un fermento ancora più elevato: il partito che vuole riconquistare a ogni costo la presidenza – solitamente favorito - deve vedersela con un dedalo di possibili successori alla personalità in uscita sul campo avverso. Ma quest'anno, i favori del pronostico sembrano pendere ancora una volta verso i Democratici, che puntano al terzo mandato consecutivo. Un filotto che, in epoca recente, è riuscito solo ai Repubblicani, con il passaggio di consegne a fine anni Ottanta tra Ronald Reagan e George H.W. Bush.

 

Davvero l'asinello riuscirà a inanellare una nuova vittoria? Ancora è presto per dirlo, anche se da ieri ai convenevoli dei dibattiti televisivi e dell'ossessivo coverage mediatico, si sono finalmente sostituite le preferenze dei cittadini.

 

I risultati dei caucus sono importanti perché influenzano il dibattito dei mesi a venire, almeno fino al Super Tuesday, il martedì in cui si svolgono le primarie in molti Stati dell'Unione simultaneamente – quest'anno sarà il primo marzo.

 

Oggi dobbiamo chiederci, però, se i vincitori di questo primo round riusciranno a rimanere in piedi fino alla Convention dei propri partiti in cui verrà data l'investitura finale. Forse, un aiuto può arrivare se guardiamo all'esito dei caucus nelle precedenti tornate.

 

Quattro anni anni or sono, nel 2012, con Obama saldamente in cerca della conferma, i caucus dell'Iowa videro primeggiare tra i Repubblicani quel Mitt Romney che infine ottenne la nomination. Il margine, però, fu impercettibile: appena otto voti, uno dei confronti più incerti della storia delle elezioni in USA. Ancora più interessante, proseguendo a ritroso fu l'affermazione proprio di Barack Obama, contro tutti i pronostici, nei caucus del 2008: l'allora senatore dell'Illinois partì proprio dall'Iowa per soffiare la candidatura a Hillary Clinton. Sul campo repubblicano, invece, a spuntarla fu Mick Huckabee, a discapito di John McCain, addirittura quinto, che, però, alla fine arrivò a giocarsi la Casa Bianca.

 

Saltiamo indietro di altri quattro anni, alle elezioni del 2004, quando per la seconda volte George W. Bush. Sul fronte democratico, ad aggiudicarsi la nomination fu l'attuale segretario di Stato John Kerry, che accelerò sui contendenti già dall'appuntamento in Iowa, vincendo i caucus.

 

Infine, arriviamo al 2000, quando la situazione dei due partiti era simile a quella attuale – si usciva dal doppio mandato dem di Bill Clinton – quando a spuntarla furono il futuro presidente Bush sul fronte Repubblicano e, dall'altro lato il vice di Clinton, Al Gore.

 

Insomma, percorrendo a ritroso le elezioni del nuovo millennio, sembra proprio che i caucus in Iowa – malgrado la bassa rappresentatività del voto espresso – riescano ad aprire la strada per la nomination. Va comunque sottolineato come la presenza di forti candidati front-runner, come nel 2000 o nel 2004, ha regolarmente influenzato sia le assemblee dei dirigenti che le seguenti primarie ver.

 

Quest'anno, però, le incognite sembrano più pesanti di altre occasioni: la candidatura di Hillary Clinton, sempre favorita, sembra in discussione per lo scandalo delle email e un certo logorio dell'immagine dell'ex first lady, da molti anni sulla scena. Dall'altro lato, invece, il partito Repubblicano vive un momento molto travagliato, con crepe interne mai così profonde tra ala moderata e figure estreme, sintomo della mancanza di un nome forte in grado di unire le diverse anime. Nonostante i risultati di stanotte, insomma, la corsa è ancora lunga e rimangono aperti scenari imprevedibili su entrambi i fronti.

 

 

 

 

* Classe 1984, giornalista professionista, sociologo, dottore magistrale in “Mass-media e politica”. Ha svolto esperienze in Rai (sede di New York) e Sky.