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Incongruenze

Stefano Zan * - 31.10.2018
Lega e 5 stelle

L’analisi che legge l’attuale situazione politica sostanzialmente come voto di protesta nei confronti del PD sconta alcune incongruenze logiche che rischiano di rendere meno puntuale ed efficace l’autocritica che si è aperta in vista del congresso.

La prima incongruenza è quella che sembra ravvisare nel voto una sorta di razionalità politica del popolo che scientemente ha attribuito a Lega e 5 Stelle il governo del Paese in netta contrapposizione col PD. Attribuire ex post una razionalità politica al voto è esercizio frequente ma sostanzialmente infondato. I cittadini hanno votato per i partiti e non per il governo e, se si fosse fatta l’alleanza 5 Stelle PD, cosa non impossibile, oggi ragioneremmo in tutt’altri termini. L’aritmetica parlamentare ha portato a questo governo al quale oggi attribuiamo una razionalità che non aveva al momento delle elezioni.

La seconda incongruenza deriva dall’ipotizzare che il voto dell’elettore sia il risultato di una scelta razionale laddove l’elettore conosce tutte le alternative, le rispettive conseguenze e si limita a sceglier sulla base della sua funzione di utilità. Anche questa è un’ipotesi che non sta in piedi soprattutto per un elettorato scarsamente interessato alla politica per larga parte del tempo, poco informato, caratterizzato da un forte analfabetismo funzionale. Il voto è un momento di espressione libera del cittadino in cui le componenti emotive di varia natura (speranze, paure, ribellioni, attese, ecc.) prevalgono sulla componente razionale. Al momento del voto nessun elettore pensava a un governo Lega 5 Stelle.

Attribuire ex post una razionalità politica ad una entità metafisica (il popolo) intesa per di più come somma di razionalità individuali mi pare davvero pericoloso e fuorviante.

Così come mi pare fuorviante concentrare l’attenzione solo sul voto di protesta. In tutte le elezioni accanto al voto di protesta (scelgo questo partito contro un altro) c’è anche un voto di “attrazione” (scelgo questo partito perché mi piace in sé, perché mi convince). Capire quanto conta l’attrazione in sé è fondamentale sia in termini generali che per costruire un’opposizione congruente.

Da una prima e superficiale analisi mi pare si possa dire che i fattori di attrazione di Lega e 5 Stelle sono:

-          La novità

-          L’individuazione dei nemici

-          Il nuovo linguaggio

Dati non solo italiani sembrano dirci che i nuovi partiti godano di un vantaggio di prima mossa e cioè ottengano una parte dei loro consensi proprio perché sono nuovi. Il “nuovismo” sembra essere un valore in sé che racchiude molte componenti diverse: la non compromissione con il passato, la gioventù, la voglia di fare e di innovare, l’assenza di colpe, ma anche la curiosità di sperimentare qualcosa di diverso. Il dilettantismo che si accompagna inevitabilmente al nuovismo lungi dall’essere considerato un demerito viene vissuto come una tabula rasa su cui si costruirà l’esperienza. Il nuovo è l’alternativa al vecchio, alle solite facce, ai soliti discorsi di elites incapaci di rinnovarsi e che non vogliono mollare le loro poltrone. Con il nuovo entra aria nuova e forse le cose andranno meglio. La grande abilità di Salvini è stata quella di presentarsi come nuovo, pur provenendo da una vecchia esperienza.

 

L’individuazione dei nemici non solo è un fattore di aggregazione in sé ma è una componente fondamentale dei processi di sense making per spiegare la propria situazione di disagio: “Se sono in questa situazione è colpa di…”. Da quando le sinistre sono andate al governo non hanno più avuto nemici chiari ed identificabili: i padroni, le banche, i preti, gli americani, le multinazionali. 5Stelle e Lega in questi anni hanno costruito un repertorio infinito di nemici del popolo: la casta, i privilegiati, le banche, l’euro, l’Europa, i vecchi politici, le elites, i migranti, per cui votare per loro era votare finalmente contro qualcuno di questi nemici a prescindere da ogni altra considerazione. Tra l’altro bisognerebbe ricordare che gli anni più difficili della crisi economica sono stati vissuti con una bassissima conflittualità sociale sostituita da una sorta di rassegnazione per ricette “tecniche”, in quanto tali politicamente neutrali. Che oggi, a dieci anni di distanza, ci si ribelli alla neutralità delle ricette tecniche non dovrebbe essere sorprendente

 

Il nuovo linguaggio rappresenta un ulteriore fattore di attrazione. Finalmente questi parlano chiaro, dicono pane al pane e vino al vino, non fanno ragionamenti complicati, li capisco bene anch’io che non ho studiato e che non mi occupo di politica. A volte sono un po' sgrammaticati, come noi del resto, però promettono poche cose ma chiare. E poi sono moderni, usano i social, fanno i selfie e non si fanno intimidire da nessuno. Rispetto al vecchio linguaggio della politica ci troviamo in un altro mondo. Questi sono fatti e parlano come noi e quindi davvero possono rappresentarci perché sono in sintonia con noi, non come gli altri che sembravano tutti intellettuali anche quando dicevano di essere di sinistra.

 

Se, al di là degli esempi, riconosciamo che esista nel voto un valore di attrazione in sé, dobbiamo prendere in considerazione alcune conseguenze logiche.

Il non voto ai vecchi partiti è in parte un voto di protesta (magari su singoli provvedimenti) ma molto più probabilmente è un voto di abbandono. Abbandono di identità, appartenenza, linguaggi, stili comportamentali, leader, dirigenti.

E’, come abbiamo detto nel precedente articolo, un salto fideistico in un nuovo universo semantico, un nuovo paradigma della politica.

Attardarsi sugli errori (certamente) compiuti senza analizzare le ragioni di successo degli altri è pericoloso perché rischia di risolversi in un’operazione tutta interna al vecchio paradigma (vedi congresso PD).

In passato maggioranza e opposizione si contrastavano ma si parlavano e si capivano. Oggi il rischio è che non si parlino e non si capiscano perché sono su due pianeti diversi. E un’opposizione che non interloquisce con la maggioranza si limita ad una testimonianza sterile.

 

 

 

 


* E' stato docente universitario di Teoria delle organizzazioni. Il suo blog è ww.stefanozan.it