Ultimo Aggiornamento:
12 luglio 2025
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In un mondo senza coordinate

Paolo Pombeni - 25.06.2025
USA-Iran

L’ulteriore complicarsi della situazione internazionale è sotto gli occhi di tutti e giustamente ci si chiede quale potrà essere il ruolo dell’Europa e nella fattispecie dell’Italia in un quadro che sta perdendo tutte le tradizionali coordinate di riferimento.

Il riferimento al diritto internazionale e all’illegittimità dell’uso della forza bellica per risolvere vere o presunte questioni fra stati non è più proponibile: a parte violazioni limitate che si sono avute anche nei decenni passati, l’invasione russa dell’Ucraina ha dato un colpo decisivo a quel contesto e la vicenda della guerra di Israele le ha dato il colpo definitivo. In questo ultimo caso si è avuta non soltanto una reazione ad un crimine orrendo perpetrato il 7 ottobre da un soggetto non statale come è Hamas, ma una guerra di distruzione che ha coinvolto altre realtà come Hezbollah in Libano, gli Houti in Yemen e ora l’Iran, considerato, fondatamente, il grande burattinaio della guerra ibrida ad Israele. Tutto ciò, a iniziare dall’Ucraina e avanti, senza dichiarazioni di guerra, rispetto di regole anche minime nell’impiego dei mezzi di distruzione, vera attivazione di sedi di arbitrato internazionale (l’ONU è scomparso dalla scena).

È in un contesto del genere che deve muoversi l’Europa e in essa e con essa l’Italia, del tutto spaesate nonostante i due grandi conflitti le tocchino direttamente per ragioni quanto meno geografiche. La domanda riguarda di cosa possa disporre l’Europa, ormai allargata alla Gran Bretagna, per contare nella confusione che sembra dominare al momento. Il primo dato da rilevare è che nessuno dei grandi soggetti che guidano, o che presumono di guidare gli equilibri internazionali tiene in particolare considerazione il ruolo del nostro continente. Va già bene quando si astengono dal rinfacciarci che non contiamo niente.

Ora qualche eccezione si può avere a livello di qualche relazione bilaterale. L’unico leader europeo che Trump ha informato della sua iniziativa di bombardare i siti nucleari in Iran è stato il britannico Starmer, per la semplice ragione che le capacità militari inglesi sono piuttosto buone e c’è una costante collaborazione con le forze USA, basti pensare alle operazioni congiunte contro gli Houti. Gli altri, nonostante Francia e Germania fossero impegnate in inconcludenti colloqui con l’Iran, nonostante l’Italia, col supporto scenografico di von der Leyen, sia impegnata in operazioni di stabilizzazione in Africa, sono stati bellamente ignorati da tutti.

È chiaro che la situazione non è brillante e che non potrà continuare a lungo così. Questa settimana ci sarà un vertice Nato dove non si potrà fare a meno di confrontarsi con i due nodi impellenti: che si fa della situazione in Ucraina, e che si fa se la situazione in Medioriente prosegue nella sua escalation. Non sono interrogativi retorici. Putin è più che mai deciso a risolvere radicalmente la conquista dell’Ucraina riportando quel paese nell’ambito russo, come non si stanca di dire e di far dire alla sua propaganda. L’Europa, allargata a Gran Bretagna e Canada, non glielo può consentire, ma questo pone un problema all’interno della Nato che è ancora dominata dagli USA, che sembrano invece indifferenti a quella che, sbagliando, considerano in fondo una modesta questione di frontiera nell’area ex sovietica. Dall’altro punto di crisi Netanyahu sembra riuscito nel suo piano di iniziare a risolvere, almeno così crede, la questione palestinese destrutturando, ovvero annientando tutto il contesto in cui era inserita (inclusa, ed è cosa orribile, l’estirpazione di enclave palestinesi indipendenti da consegnare all’ottuso messianesimo neo sionista israeliano): per questo gli serve la sconfitta definitiva della potenza iraniana.

Tutto ciò suppone quella che eufemisticamente potremmo definire la riorganizzazione del mondo: una Russia a cui consentire un po’ di imperialismo nella convinzione (illusione) che le basterà per appagarla e metterla tranquilla, un Medioriente con Israele dominante forse con una partnership ibrida con l’Arabia Saudita e niente più terrorismo, gli USA come grande profittatore del nuovo quadro internazionale così pacificato (ignorando l’incognita cinese) che ritengono favorirebbe una rinascita della “grandezza” americana. Non ci vuol molto a capire che non si tratta di uno scenario favorevole alle posizioni dell’Europa, che, nel migliore dei casi, si sfrangerebbe in una serie di stati alla ricerca di un protettore di cui farsi vassalli.

Colpisce la scarsa consapevolezza di questa realtà nelle opinioni pubbliche europee. Una quota non piccola della nostra politica è in mano ad improvvisati demagoghi che credono di essere delle avanguardie speculando sulle paure della gente che non è preparata ad uscire dalla fase di prospera assenza di coinvolgimenti nelle grandi crisi. Qualche politico è consapevole della fase decisiva che ci coinvolgerà, lo vogliamo o meno, ma sembra non avere la capacità di assumere un ruolo di guida contro corrente.

Eppure è con questo scenario che dovremo misurarci tutti. Ci auguriamo naturalmente che si riesca a tenersi lontani dal ritorno alla grande guerra universale: per il momento non è alle porte, ma non sappiamo se e quanto potrà durare. Si deve agire per reagire, se ci è consentito il gioco di parole, ma non lo si può fare coi proclami e le sceneggiate. Occorrerebbe quello che in altri tempi si chiamava paziente e duro lavoro politico. Ma non va più di moda.