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Il sorpasso dei matrimoni civili su quelli religiosi

Francesco Provinciali * - 23.11.2019
Il sorpasso

Chi ha visto o ricorda il film “Il sorpasso” di Dino Risi girato nel 1962 ha certo in mente l’Italia di quegli anni: boom economico, industrializzazione del Paese, nazionalizzazione dell’Energia elettrica, piano-casa, famiglia tradizionale come asse portante, nucleo e fondamento del contesto sociale.

Allora il Presidente del Consiglio era Fanfani, oggi è Conte, di acqua ne è passata sotto i ponti e gli stili di vita degli italiani sono radicalmente mutati ma nessuno avrebbe immaginato che in un Rapporto ISTAT riferito a 56 anni dopo, quindi al 2018 e pubblicato in questi giorni, il titolo di quel film che esaltava un Gassman guascone e libertino, sarebbe stato utilizzato per sancire un sorpasso storico nell’Italia dal dopoguerra ad oggi: quello dei matrimoni civili su quelli religiosi, un dato statistico che descrive un mutamento di mentalità e probabilmente una svolta irreversibile,  i primi sono stati infatti 92.182 su un totale di 195.778 celebrati, pari al 50.1 % contro il 49,9% di quelli religiosi.

Attenzione però: il dato riguarda appunto il numero complessivo dei matrimoni mentre nell’ambito delle prime nozze il rito sotto l’altare batte ancora quello davanti all’autorità civile, con il 70% contro il 30%. c.a.

Significativo il confronto tra nord e sud del Paese: nel primo caso i matrimoni civili sono stati il 63,9 del totale di quel contesto territoriale mentre al Sud solo il 30,4.

Ciò significa in pratica che l’inversione di tendenza ha riguardato in maniera significativa le nozze celebrate al Nord mentre al Sud - in eguale misura e con la stessa percentuale - le nozze in chiesa hanno largamente superato quelle in Comune: in entrambi i casi, ma in misura opposta, il doppio e la metà.

L’Istat ha rilevato che ci si sposa sempre più tardi con una età media per gli uomini di 33,7 anni e di 31,5 per le donne (contro rispettivamente i 32.1 anni e i 29,4 anni del solo 2017). “Questa contrazione ha contribuito alla diminuzione dei matrimoni dei giovani tra i 16 e i 34 anni. Infatti mentre nel 2018 l’incidenza delle prime nozze dei giovani è del 59.7% tra gli sposi e del 72,5% tra le spose, nel 2008 era di circa 10 punti percentuali in più” e questo spiega quanto l’Istituto Presieduto dal Prof. Blangiardo aveva già ampiamente evidenziato e documentato in una importante, recente Ricerca denominata dalla stampa “delle culle vuote e del Paese invecchiato”: in dati numerici “secchi” le nascite sono calate di 120.000 unità nel decennio 2008/2018.

Utilizzando le cifre per cogliere le derive in atto ciò significa che il Paese invecchia, nascono meno bambini e – si aggiunga – emigrano oltre 100 mila italiani all’anno per studio, lavoro o rivalutazione economica della pensione.

Sono dati che dovrebbero far riflettere sulla tenuta sociale del Paese: che vuol dire gap generazionale, trasformazione culturale, impoverimento economico. Specie in epoca di stagnazione, di scarti dello “0,1”, di ascensore sociale fermo, di svendita di asset strategici, di calamità dovute ai cambiamenti climatici, di incuria del territorio e del patrimonio culturale.

La tendenza decennale delle nozze è in discesa ma si è registrato un aumento di 4500 matrimoni in più nel 2018 rispetto al 2017.

In calo anche le unioni civili tra persone dello stesso sesso: erano 4376 nel 2017 e sono state 2808 nel 2018, con una netta prevalenza delle unioni degli uomini (il 54,2 % del totale), con dati decisamente più bassi al sud (8.6%) e nelle isole (5,5 %).

L’aumento dei matrimoni civili che ha portato al sorpasso sulle nozze celebrate in Chiesa è peraltro dovuto alle seconde e terze nozze che sono aumentate del 6,1% negli ultimi dieci anni, anche grazie all’introduzione del cd. “divorzio breve”: esse sono il 94,6% del totale delle nozze successive al primo matrimonio.

Oltre il dato storicamente significativo del sorpasso dei riti civili su quelli religiosi vanno osservati altri fenomeni comunque ad esso correlati: l’invecchiamento del Paese, il calo delle unioni civili legittimate, il trend negativo delle nascite, l’inversione parziale di tendenza rispetto alla deriva decrementale del numero complessivo dei matrimoni che – come accennato più sopra – ha segnato un più 4500 matrimoni nel 2018 rispetto al 2017.

Ancora troppo poco per ricollocare la famiglia al centro di un modello di società futura per il Paese che la consideri come centro di imputazione di risorse e investimenti, in una parola di “rivalutazione” della sua importanza strategica.

 

 

 

 

* Ex dirigente ispettivo MIUR