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11 settembre 2024
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Il Movimento cinquestelle, impreparazione politica e giustizialismo

Maurizio Griffo * - 17.06.2017
Pier Camillo Davigo

Fra i tanti aspetti che colpiscono negativamente nell’attività politica del Movimento cinque stelle ce n’è uno che merita di essere particolarmente sottolineato. Intendiamo riferirci alla scarsa o poca adeguatezza del personale politico che rappresenta il movimento. Si tratta di una lacuna che nei primi tempi si poteva attribuire alla totale inesperienza che caratterizzava i parlamentari pentastellati, tutti eletti per la prima volta e per giunta in un movimento politico nuovo e perciò privi di un qualunque retroterra. Questa spiegazione, però, a distanza di quattro anni dall’ingresso nelle istituzioni non risulta più convincente. Per quanto sia passato un lasso di tempo non breve, i portavoce o gli esponenti più in vista del movimento continuano a sembrare del tutto improbabili nelle loro analisi, per tacere della pochezza e dell’approssimazione delle proposte da loro formulate.

Di questo fenomeno è possibile dare, in prima battuta, una spiegazione di carattere generale, riportandola a una precisa scelta che si potrebbe definire, in senso lato, ideologica. L’idea riassunta nello slogan "uno vale uno", una volta tradotta in pratica significa appunto che è necessario rifiutare la competenza politica e occorre, invece, premiare l’inadeguatezza.

Tuttavia questa spiegazione non rende conto in maniera compiuta del fenomeno e, per risultare esauriente, richiede ulteriori specificazioni. Il movimento pentastellato dal suo primo apparire ad oggi ha mutato molte posizioni. Se si ripercorrono nel tempo gli interventi dei suoi capi, a cominciare da quelli del leader maximo (Beppe Grillo), si riscontra una notevole incoerenza su molti argomenti. Una incoerenza che non va attribuita solo alla necessità di meglio mettere a fuoco posizioni non meditate o frettolose, ma che risponde ad una pulsione demagogica di assecondare ad ogni costo le spinte dell’opinione, per quanto irrazionali e illogiche esse siano. Rispetto a questa grande volatilità c’è però una coerenza di fondo su alcuni temi. Essa investe sostanzialmente due ambiti distinti, ma strettamente connessi fra di loro. In primo luogo abbiamo un disprezzo esibito per la politica come professione o attività specializzata. A questa propensione antipolitica corrisponde poi dal punto di vista, per così dire, programmatico un tetragono giustizialismo. La convinzione, cioè, che per migliorare la condizione politica del nostro paese sia necessario un trasferimento di poteri dall’esecutivo e dal legislativo all’ordine giudiziario. Secondo i pentastellati, insomma, occorre dar vita a un sistema politico in cui le forze politiche siano direttamente e fortemente subordinate alla magistratura.

Nel 2013, quando si doveva eleggere il presidente della repubblica i pentastellati hanno proposto Antonio Di Pietro, uno dei più noti esponenti del pool di Milano nella stagione cosiddetta di "tangentopoli". Più recentemente i grillini hanno fatto il nome, come candidato premier alle prossime elezioni politiche, di un altro reduce del pool di Milano, Pier Camillo Davigo. Un giudice noto per le sue posizioni oltranziste riguardo ai rapporti tra politica e magistratura. In una intervista di alcuni mesi addietro, infatti, Davigo ha teorizzato quella che si può definire la presunzione di colpevolezza dei politici, sostenendo che la corruzione è estremamente diffusa, ma che non sempre è possibile provarla. Rispetto all’invito grillino non è significativo, ai fini della nostra analisi, che Davigo lo abbia declinato in modo assai netto. In caso di vittoria del movimento di Grillo alle prossime elezioni politiche si registrerà di fatto uno slittamento di poteri dall’universo politico a quello giudiziario. Questo fine ultimo dell’agitazione pentastellata chiarisce anche perché, per i dirigenti del movimento risulti del tutto logico e funzionale selezionare un personale politico e parlamentare incapace e impreparato.

 

 

 

 

* Insegna presso il Dipartimento di Scienze Politiche dell’Università Federico II di Napoli