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27 aprile 2024
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Il fact-checking funziona?

Lo staff di "Pagella Politica" * - 05.05.2015
New News Cycle

Il fact-checking – la pratica giornalistica di verificare i fatti citati da figure pubbliche – sta attraversando un vero e proprio rinascimento a livello globale. L’accelerazione del news-cycle e le ristrettezze economiche di molti media avevano portato molte redazioni a sacrificare lo strumento verso l’inizio del millennio. Se l’avvento di Internet ha remato contro il fact-checking all’interno dei media, lo ha reso al contempo più facilmente perseguibile in autonomia. E vista l’enorme mole di informazione imprecisa disponibile online, forse anche più urgente.

E così a partire da metà degli anni 2000 sono nate numerose organizzazioni dedicate interamente al fact-checking, spesso delle realtà non commerciali e legate più al mondo accademico che a quello giornalistico. Un censimento della Duke University ne conta 64 attualmente operative in giro per il mondo, dall’Argentina all’Australia passando per il Sudafrica e la Turchia.

Qual è l’effetto di tutto questo fact-checking? Alcuni studi hanno addirittura avanzato il rischio che il fact-checking possa essere controproducente dal momento che nel citare nuovamente un’informazione falsa (condizione necessaria per smentirla) la si diffonde ulteriormente. Cinque studi pubblicati nelle scorse settimane sotto l’egida dell’American Press Institute, focalizzate sugli USA, danno invece ragione di essere cautamente ottimisti riguardo al fact-checking (si veda qui e qui per gli articoli completi).

 

La popolarità del mezzo

 

Innanzitutto gli studi hanno riscontrato un aumento nella popolarità del mezzo, sia dal lato della domanda di informazione che dal lato dell’offerta. Tra il 2008 e il 2002 il numero di articoli di fact-checking pubblicati negli USA è infatti aumentato del 300% (Graves, Nyhan e Reifler). Allo stesso tempo l’84% degli americani ha espresso un’opinione favorevole rispetto al fact-checking (Nyhan e Reifler).

 

L’effetto sui lettori

 

Per quanto sia positivo scoprire che lettori e giornalisti hanno una valutazione positiva del fact-checking, è decisamente più importante capire quale sia l’impatto di questo strumento sulla qualità dell’informazione. Anche in questo caso i segnali dagli studi commissionati dall’API sono positivi; sembrerebbe infatti che il fact-checking abbia un impatto correttivo sulle percezioni dei lettori. Uno studio randomizzato condotto durante le elezioni presidenziali USA del 2014 (Nyhan, Reifler) ha riscontrato che la corretta conoscenza dei fatti è aumentata dell’11% nel periodo analizzato nel campione sottoposto ai fact-checking rispetto al gruppo di controllo.

Inoltre, vedere un dato corretto aumenta in maniera significativa la probabilità di ricordarlo correttamente in futuro (Thorson), il che parrebbe attenuare il rischio di diffondere ulteriormente un’informazione falsa riscontrata negli studi citati in introduzione.

 

Il credo politico e il fact-checking

 

Più allarmante è invece il fatto che, almeno negli USA, le proprie preferenze politiche abbiano un effetto su come si interagisce con gli articoli di fact-checking. Innanzitutto, sembrerebbe che i Repubblicani siano leggermente meno favorevoli allo strumento dei Democratici (Nyhan, Reifler). In secondo luogo, un articolo di fact-checking ha meno probabilità di correggere l’opinione di un lettore quando il politico oggetto di fact-checking è di un partito opposto a quello del lettore. Questo perché di partenza il lettore propende per credere che l’affermazione sia falsa (Amazeen et al). Il fact-checking, che nasce proprio per offrire uno spazio di informazione neutrale ed oggettivo, un punto di incontro per lettori che spesso si informano tramite mezzi di comunicazione molto diversi tra loro, rischia di cadere anch’esso vittima della forte partisanship dei media americani.

 

C’è ancora molto da fare

 

Un altro studio ha misurato il numero di tweet che riportano una notizia falsa riguardante il numero di posti di lavoro che sarebbero stati persi a causa di “Obamacare” (la riforma della sanità voluta da Obama) rispetto ai tweet che correggevano la stessa notizia (Guess). Ebbene all’inizio del periodo studiato il 93% dei tweet riportavano la notizia falsa e appena il 7% la correzione; e numeri simili si potevano riscontrare anche con i tweet riguardanti l’Ebola. Una notizia positiva si può trovare anche in questo caso: fortunatamente col tempo i tweet riportanti una notizia falsa diminuiscono e aumentano i correttivi.

 

E in Italia?

 

In autunno Pagella Politica spera di condurre con alcuni degli studiosi sopracitati un’indagine per vedere se i lettori effettuano una sorta di “auto-selezione” in partenza nella scelta dei fact-checking da leggere. Ovvero: un elettore di Renzi ha più chance di aprire un fact-checking che smentisce Grillo di uno che smentisce Renzi stesso? È auspicabile che quella fase sia Speriamo sia l’inizio di una maggiore attenzione nel nostro Paese nei confronti del fact-checking anche in termini accademici.

 

 

 

 

* ”Pagella Politica” (www.pagellapolitica.it) è il principale sito di fact-checking politico in Italia