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24 aprile 2024
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Elezioni storiche

Nicola Melloni * - 05.05.2015
New Labour

Sono elezioni importanti quelle che si terranno tra pochi giorni nel Regno Unito, per molti versi storiche. Sono, ovviamente, un test sulle politiche anti-crisi del Governo di Coalizione e sull’austerity, il cui risultato è, nella migliore delle ipotesi, piuttosto discutibile: la crescita è ripartita molto prima che nell’area euro, e la disoccupazione è notevolmente calata. Allo stesso tempo, però, i salari rimangono ben sotto i livelli di prima della crisi, gli investimenti continuano a mancare, la produttività è drammaticamente bassa. I tagli al welfare hanno peggiorato la vita delle fasce più deboli e, al contempo, non sono riusciti a ridurre il deficit come inizialmente promesso dal governo. L’insoddisfazione politica verso il governo non sembra però favorire l’Opposizione di Sua Maestà, in questo caso il Labour, e si riversa invece su fenomeni relativamente nuovi come gli anti-europei dello UKIP e gli indipendentisti scozzesi. Il risultato, elettoralmente, potrebbe essere sconcertante: i Tories rischiano di perdere importanti collegi marginali a favore del Labour soprattutto per la crescita dello UKIP; i Libdem perderanno molti voti, pagando il tradimento del manifesto elettorale delle scorse elezioni. Ma il Labour potrebbe non trarne beneficio, a causa dei tanti seggi che saranno persi nella tradizionale roccaforte scozzese, dove, secondo alcune previsioni, lo SNP potrebbe vincere in tutti i collegi. Il risultato sarà che nessun partito avrà una maggioranza chiara in Parlamento – e sottovoce si parla addirittura di una possibile, anche se improbabile, grande coalizione, un evento addirittura clamoroso per la storia politica inglese.

Sono risultati che valicano la presente congiuntura politica e segnalano, piuttosto, una crescente crisi politica e “costituzionale” del Regno Unito. Il declino del bi-partitismo si fa ormai sempre più evidente ed è frutto non solo e non tanto della crisi, ma dei cambiamenti storici, economici e sociologici che hanno stravolto il panorama politico britannico. La de-industrializzazione cominciata coi governi della signora Thatcher ha demobilizzato il lavoro, raso al suolo i sindacati (il tradizionale bastione laburista), distrutto intere comunità ed economie nel Nord del paese. La trasformazione del New Labour ha avuto indiscutibili successi elettorali (e, forse, politici) ma ha contribuito alla rottura delle tradizionali distinzioni politiche su cui era basato il bi-partitismo. Ecco allora che due partiti sempre più simili tra loro hanno cominciato a perdere consenso e voti dei tanti penalizzati da 30 anni di liberismo e da 7 anni di crisi economica: da una parte i Little Englanders che hanno sposato la causa dello UKIP e vedono nell’Europa – ma, in verità, nella globalizzazione tutta – la perdita di identità e certezze che caratterizzavano la piccola borghesia inglese. Dall’altra, prima il voto “radical” e pacifista per i Lib-Dem, ora trasformato nell’ascesa dei Green e, soprattutto, dello SNP. Questi trend mettono a repentaglio la tenuta dell’intero sistema politico.

L’indipendenza scozzese è stata rigettata, per il rotto della cuffia, appena un anno fa, ma è inevitabile che la questione ritorni di attualità con la marginalizzazione dei partiti nazionali a nord del Vallo di Adriano.

Il ruolo della Gran Bretagna in Europa è destinato ad essere sempre più distaccato e, dunque, debole. Il tono del dibattito, d’altronde, è dettato dallo UKIP: la crescita dell’isteria anti-immigrati ha indotto il Labour ad indurire le proprie posizioni sull’immigrazione,  mentre i Tories hanno promesso un referendum sulla permanenza nella UE in caso di loro vittoria alle elezioni. Si tratta di politiche populiste e senza senso, ed ogni studio serio indica che la Gran Bretagna ha solo da perdere da una uscita dalla UE e che l’immigrazione è fondamentale per la crescita economica britannica.

La crisi politica e costituzionale è però ancora più evidente se si guarda il sistema di rappresentanza. La legge elettorale maggioritaria, lungi dal garantire il bi-partitismo (al contrario di quello per anni pensato nel nostro paese) sembra creare un corto-circuito gravissimo: distorce la rappresentanza ed indebolisce la governabilità, con la creazione di hung parliament in cui nessuna maggioranza sembra essere possibile, per ragioni numeriche o politiche. Si pone dunque un problema di legittimità delle istituzioni politiche, sempre meno rappresentative del cambiamento sociale e politico in atto, e sempre meno capaci di offrire risposte ad un Paese in crisi, con bassissima mobilità sociale, crescenti tensioni sociali, razziali e geografiche, con la diseguglianza in rapida crescita, povertà crescente (con un numero incredibile di bambini che vivono in povertà). Una crisi sociale che rischia di diventare una gravissima crisi di legittimità politica.

 

 

 

 

* DPhil, Visiting Fellow, Munk School of Global Affairs, University of Toronto