Ultimo Aggiornamento:
17 aprile 2024
Iscriviti al nostro Feed RSS

Il deficit di cultura politica che mette in difficoltà il paese

Paolo Pombeni - 30.10.2014
Ballarò

Può sembrare uno sfizio da intellettuali, ma il deficit di cultura politica che affligge il dibattito pubblico è un problema serio, perché quella non è roba da studiosi, ma sono i codici attraverso cui si comunica e ci si capisce.

Prendiamo un caso recente. Renzi propone quella che dovrebbe essere una banalità assoluta: un governo non negozia le leggi col sindacato, ma col parlamento da cui dipende. Apriti cielo: arrivano subito le reprimende sull’autoritarismo e la democrazia in pericolo. Eppure un tempo, neppure troppo lontano, avevamo sentito critiche feroci al ritorno al corporativismo, proprio perché le politiche economiche e sociali venivano contrattate colle rappresentanze di interessi (sindacati, confindustria, cooperative, ecc.) anziché col parlamento.

Abbiamo già avuto modo in questa sede di denunciare le sciocchezze sull’allarme suscitato dalla denominazione di partito “nazionale” perché si sostiene ricordi quello fascista. Nessuno che si sia alzato a dire in una sede con un po’ di audience che, veramente, già nel 1905 era nata una “Lega Democratica Nazionale” fondata da Romolo Murri e compagni, ed era un’espressione del movimento cattolico. Questo anche senza andare ad esempi più importanti fuori d’Italia che abbiamo già avuto modo di ricordare.

Giusto negli ultimi giorni ci sono state le polemiche contro le condizioni particolari in cui è avvenuta la deposizione del presidente Napolitano nel processo sulla presunta trattativa stato-mafia. Abbiamo sentito giornalisti vari tuonare che quanto avveniva era roba Terzo Mondo. Ovviamente pochi hanno obiettato che, veramente, tutti i sistemi costituzionali, tutelano in modo particolare le supreme cariche rappresentative come è quella del Presidente della Repubblica, perché non si può consentire che vengano trascinate nell’agone della polemica di parte. Non è questione di ritorno alla monarchia, ma solo di un riconoscimento del ruolo di chi è chiamato a rappresentare la “sovranità” del potere, che è una cosa un po’ diversa.

L’elenco di svarioni di questo tipo potrebbe essere lungo, e lasciamo perdere quando si fanno paragoni e paralleli con sistemi politici di altri paesi, che in genere sono conosciuti più che altro per sentito dire.

Poi ci si meraviglia se Grillo può affermare, con successo di pubblico, che la vecchia mafia aveva una sua morale e che adesso la mafia è stata “corrotta” dalla finanza. E’ esattamente la riproposizione di una leggenda sulla moralità della grande malavita a cui sono stati dedicati film, romanzi e quant’altro, cioè una leggenda che tanta gente non ha poi grandi difficoltà ad accettare. Ci sono infatti stereotipi che reggono a lungo: del resto basti pensare che Berlusconi ha prosperato quasi vent’anni sul mito del pericolo comunista. Peraltro ancora oggi quando vuole trovare consenso ripete un altro ritornello: lo stato vampiro che succhia le tasse alla popolazione solo per nutrire il suo sperpero.

Intendiamoci, il populismo di questo tipo non prospera solo in Italia, perché anzi sta rialzando la testa in gran parte del mondo, e sicuramente in Europa. Tuttavia sottovalutarlo è estremamente pericoloso, perché è così che si distruggono tutti gli elementi di legittimazione di un sistema politico.

Non ci si dica che con ciò si vorrebbe proporre il pensiero unico, la censura contro le opinioni diverse, e cose simili. Se si dice che chi afferma che 2 + 2 fa 25 deve essere sanzionato, non si censura la libertà di pensiero, si evita solo che non sia più possibile far di conto in un modo condiviso generando così una confusione che nuoce alla possibilità di convenire su strumenti indispensabili come il calcolo.

Purtroppo questo è un po’ quello che sta avvenendo nella politica italiana. Il confronto non è più fra tesi diverse, ma che si misurano con una stessa logica di fondo, per cui in qualche modo si può alla fine arrivare almeno a capirsi. Ormai stiamo giungendo alla contrapposizione di slogan preconcetti e mal formulati che postulano non una verifica razionale, ma un cieco atto di fede in chi li pronuncia. Grillo non è un’anomalia del sistema italiano, è l’attuale standard di gran parte della classe politica, semplicemente portato al suo estremo virtuosismo radical-visionario.

Ciò che preoccupa è la scarsità di anticorpi di fronte a questo contagio che si allarga sempre più. Il filtro dell’informazione è quanto mai scarso, perché piuttosto i media agiscono come aizzatori di questa ignoranza diffusa, piuttosto che come educatori della pubblica opinione. Ci sono ovviamente delle eccezioni, ma tali appunto sono.

Il fatto è che in un sistema di relazioni fortemente intrecciato a livello internazionale il danno che si ricava da un panorama come quello della cultura politica diffusa nel nostro paese è notevole. Chi ha un po’ di contatti fuori d’Italia sa benissimo che il nostro paese non gode di gran credito, e quando qualche italiano si conquista una sua stima viene considerato una anomalia rispetto a quanto ci si poteva aspettare.

Siamo di fronte al classico caso di un problema di cui non può farsi carico la sola parte migliore della classe politica (gli altri sono marionette di questo teatrino), ma di cui deve farsi carico l’intero sistema sociale e culturale. Giusto per dimostrare che siamo ancora in grado di confrontarci come comunità di destini coi tempi nuovi del XXI secolo.