I problemi dei 5Stelle e della Lega
Nel mio libro del 2018 (Parliamo di politica, Bologna, Pendragon) sostenevo, tra le altre cose, che i 5 Stelle a seguito della loro straordinaria affermazione elettorale e dell’andata al governo avrebbero dovuto affrontare due problemi specifici: la routinizzazione del carisma e il processo di istituzionalizzazione.
A due anni di distanza è possibile verificare se e in che modo hanno risolto questi problemi.
Per routinizzazione del carisma si intende la capacità di trasmettere le doti carismatiche del leader lungo tutti i rami dell’organizzazione attraverso la costituzione di un apparato amministrativo vicino al leader carismatico in grado di trasmettere il verbo a grandi masse di cittadini: allievi, apostoli, discepoli che replicano all’interno dell’organizzazione le doti carismatiche del leader. L’osservazione ci dice che in questi due anni non c’è stata alcuna routinizzazione del carisma ma che anzi la componente carismatica di tutto il movimento si è venuta affievolendo. Dei due veri leader iniziali, Grillo e Casaleggio, uno è prematuramente scomparso senza lasciare le sue doti al figlio, l’altro da tempo si è allontanato dal movimento e interviene saltuariamente senza occuparsi direttamente delle dinamiche interne del movimento stesso. Ma il vuoto lasciato libero dai due leader originari non è stato riempito da nessuno. Di Maio ci ha provato senza successo, Di Battista sbraita ma rappresenta solo una minoranza, Fico fa il presidente della Camera e Crimi è un impiegato e non certo un leader.
L’assenza di una leadership forte ha reso difficile, confuso, incerto il processo di istituzionalizzazione e cioè il passaggio da movimento antisistema a partito di governo. Ancora oggi dopo gli stati generali non sappiamo quale configurazione organizzativa assumerà il movimento/partito. Si parla di un organismo collegiale più o meno ampio che dovrebbe sopperire alla assenza di una leadership chiaramente riconosciuta. Si può quindi sostenere che a due anni di distanza dal successo elettorale e dall’andata al governo i problemi sul tappeto siano rimasti esattamente gli stessi e che l’appartenenza al nuovo governo ha consentito di rinviare scelte organizzative interne che in un altro contesto sarebbero state improrogabili.
Per la Lega, sempre nello stesso testo individuavo due problemi diversi: il primo quello di assumere davvero e non solo in modo propagandistico una dimensione nazionale e non più solo nordista; il secondo quello di saper creare in tutte le regioni di nuova presenza un apparato amministrativo capace e affidabile sulla falsariga di quello delle regioni del nord da tempo amministrate. Sul primo versante, dopo l’uscita improvvida dal governo, è difficile capire davvero quanto di nazionale ci sia nelle posizioni della Lega mentre è chiara l’autonomia anche politica che regioni come il Veneto rivendicano a tutto campo, anche all’interno del partito nazionale. Il successo personale di Zaia alle ultime elezioni ne è una prova evidente. La posizione rispetto alle politiche e agli investimenti che deriveranno dal recovery fund saranno un’altra cartina di tornasole. Sul secondo punto notizie di stampa riportano continuamente l’esistenza di un forte malessere nella gestione dei quadri e dei dirigenti non solo in tutte le regioni del sud ma anche in quelle più tradizionali del nord dove il vecchio modello della Lega Nord ha ancora un suo indiscutibile fascino. Ma al sud la difficoltà di creare dal nulla una nuova classe dirigente capace di ripetere le prestazioni degli amministratori del nord è sotto gli occhi di tutti. Anche in questo caso due anni non sono bastati ad affrontare e risolvere i problemi specifici che erano ben chiari dall’inizio di questo percorso.
Se, per i 5 Stelle, che ormai da tempo hanno metabolizzato il dimezzamento dei loro consensi, l’appartenenza al governo è una vera e propria assicurazione sulla vita che consente loro di navigare in qualche modo senza aver ancora risolto i due problemi fondamentali con i quali devono fare i conti, per la Lega la situazione è completamente diversa. Dalle europee hanno perso più del dieci per cento dei consensi, non hanno prospettive di rientrare presto al governo, sono incalzati da Fratelli di Italia che rafforza continuamente la sua posizione. Come partito leninista la Lega è molto poco trasparente e tende a lavar i panni sporchi in famiglia ma le cronache di tutti i giorni mandano segnali sempre più evidenti di grandi difficoltà interne. La decisione, annunciata, della creazione di una segreteria del partito, è un segnale molto chiaro che molte cose non vanno. Così come la ricerca di una nuova collocazione nazionale e internazionale più liberale e moderata è indice di difficoltà non solo organizzative. Del resto, per qualsiasi partito, è molto più complesso stare all’opposizione che non al governo soprattutto in un momento in cui il contrasto alla pandemia tende a rafforzare (tutti) i governi a scapito delle opposizioni.
* E' stato docente universitario di Teoria delle organizzazioni. Il suo blog è ww.stefanozan.it
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