Ultimo Aggiornamento:
27 marzo 2024
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Collusione e corruzione

Stefano Zan * - 12.06.2014
Slogan sulla corruzione

I comportamenti collusivi tra pubblica amministrazione (nelle sue varie declinazioni) e imprese realizzatrici delle diverse opere pubbliche che frequentemente salgono agli onori della cronaca non possono essere spiegati (solamente) con la disonestà di numerosi individui ma vanno invece compresi nelle loro caratteristiche strutturali e sistemiche. Il punto di partenza è che esiste una straordinaria asimmetria informativa tra l’ente appaltante e l’ente realizzante. Il altri termini la PA non ha al suo interno le competenze  per valutare se l’offerta presentata dall’ente proponente ha le caratteristiche tecnico-scientifche in linea con il livello delle conoscenze in essere e nemmeno le competenze per sapere se i prezzi proposti sono in linea con quelli di mercato. La soluzione tradizionale è quella della gara che dovrebbe consentire, in logica di mercato, che le imprese in concorrenza tra di loro avanzino la proposta migliore sia sotto il profilo tecnico che sotto quello economico. Nella realtà però non sempre quello che è previsto dalla teoria si verifica. Escludendo i casi di aggiudicazione senza gara in tutti gli altri casi possono manifestarsi una pluralità di distorsioni: la gara può essere truccata; i concorrenti possono mettersi d’accordo tra di loro; i valutatori non sono competenti; la gara al ribasso può produrre offerte tecnicamente e economicamente insostenibili. In ogni caso il lavoro viene affidato ad un’impresa o consorzio di imprese. In quel momento scatta un meccanismo perverso perché il monopolio bilaterale che si è creato tra appaltante e realizzatore, ancora caratterizzato da forte asimmetria informativa e, per di più prolungato nel tempo, dà luogo (come da teoria) a comportamenti opportunistici che facilmente degenerano in comportamenti criminogeni.  Entrambi i contraenti, seppure per ragioni diverse, sono interessati a portare a compimento l’opera. L’ente realizzatore sostiene, senza nessun reale contraddittorio con persone altrettanto competenti, che i costi sono cresciuti per una pluralità di ragioni più o meno reali o realistiche. Per avere ulteriori risorse e per ridurre costi, lacci e lacciuoli l’impresa si dimostra disponibile a dazioni individuali a tutti coloro che hanno voce in capitolo. I finanziatori, che non sanno quale sia l’ammontare “giusto” di ulteriore finanziamento da garantire all’impresa,  comprendono che in questo ammontare una quota può essere loro destinata. L’estrema facilità con cui le imprese sono in grado di produrre fondi neri rende la transazione corruttiva estremamente semplice dal punto di vista tecnico. Il risultato della collusione tra i due attori della transazione si traduce spesso, a quanto pare, in fenomeni di corruzione. E’ evidente che i meccanismi di controllo ordinari non sono efficaci se vengono così spesso aggirati tanto che sembra che solo le Procure della Repubblica siano in grado di scoprire comportamenti scorretti. A questo si aggiunge che il sistema sanzionatorio per reati di questa natura è risibile: tra patteggiamenti, condoni, prescrizioni, servizi sociali, etc. le probabilità di dover permanere a lungo in carcere e/o di vedere compromessa per sempre la propria carriera professionale sono molto basse. Quindi il gioco, per molti almeno, vale la candela. Se questa ricostruzione, ancorché di necessità sintetica, è ragionevole reali politiche di contrasto alla corruzione devono operare contemporaneamente su due dimensioni: corrompere deve diventare tecnicamente difficile e personalmente pericoloso. Per far questo occorre giocare su più piani. Innanzitutto occorre rompere il monopolio bilaterale e ridurre l’asimmetria informativa che caratterizza questi fenomeni. Le soluzioni tecnicamente possibili  e già sperimentate sono numerose. In secondo luogo occorre rendere complessa, onerosa e pericolosa la produzione di fondi neri. Anche in questo caso esistono molte soluzioni possibili. In terzo luogo occorre ripensare i meccanismi dei controlli per renderli meno burocratici e più efficaci ed anche per affidarli in itinere ad una pluralità di enti indipendenti  gli uni dagli altri. Infine bisogna creare un sistema sanzionatorio per cui chi incorre in questi reati si veda rovinata l’esistenza professionale per almeno un decennio. A tutte queste condizioni il gioco potrebbe non valer più la candela per la più parte degli attori coinvolti e il tasso di corruzione potrebbe diminuire senza dover contare necessariamente sull’onestà dei singoli.

 

 

* Docente universitario di Teoria delle organizzazioni