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24 aprile 2024
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Sulla “Dichiarazione dei diritti della donna e della cittadina” (1791): dal patibolo di Olympe Gouges alla umiliazione delle donne europee di Charles Michel/Erdogan

Raffaella Gherardi * - 10.04.2021
Sofagate

Chi scrive è stata sempre e sarebbe tuttora (il condizionale è d’obbligo) idealmente convinta del fatto che le donne non sono i panda, che hanno urgente e assoluto bisogno di misure protettive volte a impedirne la totale estinzione dalla faccia del pianeta, e che di conseguenza sono state, sono e saranno in grado da sole, senza alcuna necessità di interventi altri, di conquistarsi lo spazio pubblico che loro compete e per il quale hanno lottato nel nostro moderno Occidente pagandone spesso un caro prezzo. Ma se indicativamente nella seconda metà del Novecento, a partire da un documento fondativo del panorama internazionale post-bellico quale la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani (1948), il percorso del riconoscimento della reale parità tra uomini e donne sembrava ormai definitivamente tracciato e avviato, pur tra mille difficoltà, verso una crescente parabola progressiva, ora questa ottimistica previsione mostra vistosi segni di cedimento sotto i colpi della “realtà effettuale” propria del presente. Non si fa certo fatica ad accampare oggi parecchie prove sul fatto che, se qualcuno aveva persino potuto pensare, a cavallo tra vecchio e nuovo millennio, che fossimo all’alba di una nuova era fondata anche sulla globalizzazione dei diritti umani (diritti delle donne compresi, ovviamente), non ha certo molto di che rallegrarsi in questo inizio del terzo decennio del XXI secolo. Ciò non solo in forza del mancato riconoscimento dei diritti delle donne in tante parti del mondo o della pandemia-covid 19 che fa ora ricadere i suoi più pesanti contraccolpi economico-sociali proprio sulle donne anche laddove, come in Occidente e in primis in Europa, i loro diritti vengono riaffermati da parte di cittadini, leggi e istituzioni. Simbolicamente la recente uscita della Turchia di Erdogan dalla Convenzione di Istanbul, varata giusto dieci anni fa dal Consiglio d’Europa (Convenzione del Consiglio d’Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica) e che aveva visto la stessa Turchia come primo paese firmatario, rappresenta un pesante segnale di arretramento della coscienza civile. Si tratta di un grave colpo per una istituzione come il Consiglio d’ Europa che, fondata nel 1949, aveva ed ha l’obiettivo della promozione della democrazia e dei diritti umani in questa parte del mondo e di dare effettivamente corpo ai princìpi cardine della Dichiarazione Universale di Diritti Umani. Ora, da ultimo la “benedizione” di Erdogan viene addirittura da uno dei più alti vertici della UE e cioè dallo stesso Presidente del Consiglio europeo Charles Michel quando, tranquillo più che mai, sorridente e senza alcun segno di rimostranza, ha accettato ieri, 8 aprile 2021, di sedersi accanto al Presidente turco sulle due sole, paritetiche poltrone preparate dal cerimoniale per lorsignori/maschi. Hanno fatto il giro del mondo le immagini della esterrefatta Presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, costretta a cercarsi uno strapuntino d’emergenza per sedersi a sua volta. Ora se Erdogan non è certo campione dei diritti umani e tanto meno dei diritti delle donne e anzi, (come dimostra la recente uscita del suo paese dalla Convenzione di Istanbul di cui sopra), egli fa della sottomissione delle donne un suo cavallo di battaglia, simbolicamente sbattuta in faccia ieri proprio all’Europa, di contro alla sua Presidente/donna, il comportamento di Charles Michel è a dir poco inqualificabile e offensivo di fronte all’Europa intera, alla sua storia, alla sua coscienza civile, della quale ultima fanno integralmente parte i diritti delle donne che tanto sono costati alle donne stesse e alle loro battaglie pagate anche a prezzo del loro sangue. Giusto 230 anni fa Olympe de Gouges osava scrivere, nel bel mezzo delle Rivoluzione francese, la Dichiarazione dei diritti della donna e della cittadina (1791) per declinare ed estendere anche al femminile la precedente Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino (1789), documento importantissimo nella storia dei diritti umani ma che vedeva come esclusivi titolari di questi ultimi gli uomini da intendersi come individui di sesso maschile. Per aver osato rivendicare la parità uomo/donna dal punto di vista della universalità dei diritti Olympe de Gouges venne mandata al patibolo dai giacobini e dovrà davvero passare molto tempo per le donne per vederseli riconosciuti almeno in alcune parti del mondo e fra queste, prioritariamente in Europa e nella UE, in cui la parità dei diritti è (o dovrebbe essere) uno dei pilastri costitutivi.

Se Charles Michel non sentirà il dovere di dimettersi di fronte a una così palese offesa arrecata con il suo comportamento a un principio fondamentale per la UE e per tutti i suoi paesi membri, almeno lo si costringa a leggere pubblicamente la Dichiarazione dei diritti della donna e della cittadina e a chiedere scusa per aver nei fatti negato questa preziosa eredità d’Europa già duecentotrenta anni fa ….

 

 

 

 

* Già ordinario di Storia delle dottrine politiche –Università di Bologna