Lo strano avvento di Rousseau nella politica di casa nostra
Ci sono alcuni grandi autori, nella storia del pensiero politico moderno, ai quali è toccato in sorte di divenire simbolo di stereotipi, oramai assai sedimentati nel tempo e giunti fino a noi. Così è, per esempio, per Machiavelli; basta interrogare gli studenti all'inizio di un corso universitario di scienze politiche, per avere la prova provata di come il suo nome sia sinonimo di banalizzazioni quali "il fine giustifica i mezzi" o della idea della subordinazione sempre e comunque della morale e della religione alla politica. Starà poi al docente cercare di dimostrare con grande fatica come e perché le banalizzazioni suddette siano del tutto svianti per una corretta interpretazione di un autore, Machiavelli appunto, che ancora oggi è, come già da mezzo millennio a questa parte, il pensatore politico italiano più noto nel mondo.
Ma se siamo purtroppo abituati da lunga data a veder tirato per la giacchetta il nome illustre di Machiavelli (quale sinonimo di bieco primato della politica) anche da questa o quella parte politica, aspirante a darsi una patina di "moralizzazione" della politica stessa, più strana è l'irruzione in casa nostra del riferimento a Rousseau, recentemente assunto dal partito-movimento dei 5 Stelle, a vero e proprio portabandiera. Non passa giorno in cui esponenti più o meno noti del partito-movimento suddetto non ci spieghino, dal pulpito dei salotti televisivi o dei vari media, l'importanza della cosiddetta "piattaforma Rousseau". In tale piattaforma online, riservata agli iscritti al movimento pentastellato, compaiono alcune funzioni fra le quali risalta innanzitutto la possibilità di presentare, da parte degli iscritti appunto, proposte di legge nazionali, regionali o al Parlamento europeo. Collegandosi all'indirizzo https://rousseau.movimento5stelle.it è in effetti possibile, anche a un "normale" fruitore di internet, vedere da vicino la lunga serie di proposte di legge, (riguardanti una costellazione di problemi quanto mai varia, eterogenea e differenziata), già presentate dagli attivisti del movimento stesso. Ora i cittadini, tante volte evocati dai maggiori esponenti del movimento suddetto quali ineludibili parametri di riferimento, potrebbero chiedersi: "Quale significato simbolico-progettuale ha l'intitolazione a Rousseau della piattaforma suddetta? Che significato vuole avere il diretto omaggio prestato all'autore de Il contratto sociale (1762), una delle opere più celebri e problematiche del moderno pensiero politico occidentale?" Immagino che la risposta che verrebbe fatta risuonare, da parte di chi ha scelto tale illustre porta-bandiera teorico, sarebbe nel segno del richiamo alla democrazia diretta, a cittadini talmente responsabili e virtuosi da poter essi stessi partorire proposte di legge. Niente di più lontano dalla ideale prospettiva teorica del ginevrino Jean Jacques Rousseau, il cui rifiuto dei meccanismi della rappresentanza politica per quanto riguarda il legislativo, non significa affatto che gruppi o partiti politici differenti o addirittura singoli cittadini possano ergersi a interpreti di quella "volontà generale" che egli vede come perfetta espressione dell'intera collettività, nel suo insieme. La "volontà generale" non può in nessun caso identificarsi con la somma di volontà frazionali, mero conteggio di volontà di gruppi e/o di singoli cittadini. La sfida del "bene comune" rappresentato dalla "volontà generale", è talmente alta che Rousseau non si stanca di sottolinearne il difficile cammino, irto di ostacoli di ogni genere, sulla base della realistica considerazione secondo la quale il popolo stesso- come si legge nel Contratto sociale - potrebbe non essere in grado di "vedere il proprio bene", dato che se è vero che "non si corrompe mai il popolo" è altrettanto vero che "sovente lo si inganna". "Occorre quindi - sottolinea ancora Rousseau -, per avere l'espressione vera della volontà generale, che non vi sia nello Stato alcuna società parziale e che ogni cittadino pensi con la propria testa." E di quanto quest'ultima prospettiva sia difficile da realizzarsi Rousseau è profondamente consapevole e tanto più lo siamo noi oggi, avviluppati da tutte le parti da una società della informazione i cui potentissimi mezzi si traducono assai raramente in strumenti di formazione effettiva della volontà del singolo e del suo saper essere artefice e responsabile delle sue appartenenze collettive.
Molto più che il richiamo alla formula magica e stereotipata della democrazia diretta, di cui sarebbe artefice Rousseau, varrebbe forse la pena capire cosa significhi oggi la sua affermazione secondo la quale occorrerebbe che quando il "popolo delibera" sia "sufficientemente informato". Sullo sfondo aleggia sempre lo spettro di "una vile e ingannevole uniformità in cui tutti gli spiriti sembrano usciti dallo stesso stampo" contro il quale egli altrove (Discorso sulle scienze e le arti ) mette in guardia.
* Professore ordinario di Storia delle dottrine politiche – Università di Bologna
di Paolo Pombeni
di Raffaella Gherardi *
di Riccardo Brizzi