Le farfalle dell'anima, da dove vengono e dove vanno
Recensione del libro del Prof. Giulio Maira, neurochirurgo
Non c’è nulla di più intenso di una vocazione e nulla di più gratificante di poterla realizzare, vederla materializzarsi nelle occasioni che la vita offre quando ci mette a confronto con noi stessi, tra ambizioni, vittorie, sconfitte, riflessioni, decisioni. Questo libro – che è insieme radici, albero e frutti di cui far dono - è la storia di una vita che si esprime con una precoce vocazione: quella del suo autore, il Professor Giulio Maira eminente chirurgo del cervello di fama internazionale. L’eccellente, intensa prefazione di Luigi Gubitosi parte da lontano, da un bambino siciliano che seguendo in clinica nonno e papà medici ha tenacemente voluto continuare la tradizione familiare, “la medicina già fortemente stampata nel suo DNA”, avvertendo con intensità emotiva, curiosità e passione una sola strada da percorrere con motivazione e tenacia. Da queste prime “tracce” introduttive l’autore parte per raccontare sé stesso e il seguito della propria vicenda esistenziale e professionale. Emergono fin dall’incipit della narrazione due tratti distintivi di questa inarrestabile ascesa: il carattere e la determinazione. Della passione ho fatto cenno: essa è il filo conduttore della trama che ha portato Giulio Maira dal ragazzino immerso nel contesto nativo, familiare e ambientale della sua Sicilia (come l’interprete di Nuovo Cinema Paradiso di Tornatore) alla ribalta nazionale e alle esperienze professionali all’estero, con un crescendo di intensità emotiva e di immedesimazione travolgenti. Giustamente Gubitosi innerva questo evolversi di successi, esperienze e notorietà nella trama sottesa della passione. Ciò mi ricorda quanto mi disse Pupi Avati: ‘non basta la passione, occorre possedere il talento’ perché riesce a far coincidere la vocazione con la professione, è questa la chiave che dischiude la potenzialità e l’originalità di ciascuno, ciò che distingue e rende unici. E il talento il nostro Professore ha dimostrato di possederlo in tutta la sua straordinaria carriera, dagli studi universitari, ai primi interventi, alla scelta tenace della microneurochirurgia come via innovativa per affrontare la complessità – affascinante nella sua unicità – del cervello, alle esperienze di studio e apprendimento all’estero – in primis Canada, Stati Uniti e Svizzera- dimostrando una straordinaria volontà di imparare dai grandi Maestri della neurochirurgia, prima di diventarlo egli stesso, al ritorno in Italia e all’amore per Roma dove ha trascorso più di tre quarti della sua vita, dalla Cattolica al Policlinico Gemelli, ai contesti umani, ambientali, trasudanti di storia millenaria, di quotidiane amicizie coltivate e coronata con l’amore per la donna che diventò sua moglie.
Colpisce allora in Maira – che si racconta uomo, studioso, chirurgo, scienziato – una dote che merita una pausa per un inciso che ho riscontrato in tutti i grandi personaggi che ho avuto la fortuna di conoscere: la presenza della ‘natura’ che sta sullo sfondo di ogni storia come manifestazione di rispetto per il creato, origine e radicamento dei ricordi e dei sentimenti più profondi e – insieme- l’amore per la scienza che secondo il compianto Giulio Giorello è “espressione di umanità”. Non dobbiamo dimenticare – sotto questo profilo – che la scienza è “comprensione del mondo” ma è anche “intervento sul mondo”, attraverso la tecnologia, in quanto tecnica pianificata alla luce delle migliori teorie scientifiche di cui noi disponiamo. Il Maira chirurgo e scienziato è a un tempo legato alle radici delle origini e dei ricordi, dei contesti umani e dei sentimenti come pure testimone del valore della ‘ricerca’ che della scienza è l’aspetto più nobile perché – me lo disse Rita Levi Montalcini – importante è il risultato ma ancora più stimolante per guardare oltre è l’immaginazione, il rapporto tra il silenzio e la parola (quando è opportuna) laddove la conoscenza diventa un incessante processo di razionalizzazione della realtà e l’intuizione – atto unico e creativo, intenso, immedesimato - diventa la declinazione pratica del talento. Maira non sarebbe diventato un grande scienziato se non avesse saputo coniugare la precisione microscopica in sala operatoria con l’intuizione che dischiude le porte all’innovazione creativa. Così come è diventato una grande persona perché ha saputo coniugare il bene per il prossimo quello per la propria anima: quanto sia stata incommensurabilmente presente nel suo “fare” la vita degli altri e quanto radicato nella sua mente e nel suo cuore il perseguimento del bene come “etica della vita”. Quando Giulio Maira si sofferma a raccontare episodi che riguardano alcuni dei pazienti di cui nella sua lunga carriera si è occupato si capisce subito quanto per lui sia stato importante non fermarsi agli aspetti rituali o superficiali della sua professione e quanto invece i ricordi siano legati ai sentimenti, alle emozioni, alla considerazione benevola dei casi, in una gamma infinita e sempre arricchente di incontri e relazioni umane. In questa galleria di persone di ogni età e condizione sociale che il neurochirurgo ha avuto modo di conoscere non mancano citazioni illustri, come i politici Oscar Luigi Scalfaro, Giulio Andreotti e Francesco Cossiga, il musicista Gian Carlo Menotti, il Premio Nobel Rita Levi Montalcini, il fondatore della Neuropsichiatria infantile Giovanni Bollea, Monsignor Hilary Franco con cui aveva instaurato un intenso legame spirituale che lo aveva spinto ad una sorta di pellegrinaggio a Calcutta, per conoscere il contesto umano, religioso e di fattivo aiuto per il prossimo che Madre Teresa aveva saputo creare attraverso la sua straordinaria esperienza terrena, tracciando il percorso che le Suore missionarie della carità avrebbero seguito fino ai giorni nostri. L’autore del libro confida la sua profonda fede (‘Nella mia vita ho sempre avuto un forte sentimento religioso. La scelta di studiare Medicina all’Università Cattolica rispecchiava un attaccamento ai principi della religione cattolica che era molto presente nella mia famiglia. Decidere di restare in quell’università, dopo la laurea, rispondeva a uno spirito di coerenza di vita e di pensiero che ho sempre cercato di mantenere negli anni successivi’). Per questo non possono mancare nel libro pagine dedicate a tre grandi Papi che hanno avuto un’influenza morale straordinaria nella sua vocazione professionale: Giovanni XXIII, Giovanni Paolo II e Benedetto XVI. Sensazioni ed emozioni che integrano una vicinanza spirituale e una contiguità professionale, meritata per la fama di illustre uomo di medicina, di chirurgia e di scienza.
Sono pagine ricche di cronaca e di emozioni, quelle che Giulio Maira dedica agli “incontri” della sua vita, dai più famosi ai meno conosciuti che denotano un atteggiamento di grande apertura verso le relazioni umane e la vita del prossimo: i veri ‘grandi’ sono in fondo anche persone semplici e da queste occasioni di incontro e conoscenza scaturisce sempre un arricchimento di umanità e apertura alla considerazione benevola della vita in tutti i suoi contesti esistenziali. Anche la scienza- abbiamo ricordato – è espressione di umanità: essa è “la più grande avventura dei nostri tempi” (Richard P. Feynman) e Maira ne ricorda la fascinazione, il coinvolgimento emotivo, la motivazione della curiosità ma anche l’utilità pratica nei cambiamenti tendenzialmente migliorativi degli stili di vita. Sarebbe certamente lieto Blaise Pascal di leggere queste pagine dove “esprit geometrie” ed “esprit de finesse” si fanno sintesi nella mente e nel cuore di un uomo che in fondo vuole valorizzare la bellezza della conoscenza e il meraviglioso dono della vita (‘L’ultimo passo della ragione è riconoscere che ci sono infinite cose che la sorpassano’ – B. Pascal). La consapevolezza dei limiti e la motivazione a superarli non sono solo un puntello scientifico ma un atto etico di umiltà: basta alzare lo sguardo verso l’Universo in una notte stellata per comprendere quanto siano infinite le aspirazioni della conoscenza e quanto incommensurabilmente lontani e affascinanti siano i tempi e gli spazi dei traguardi a cui aspiriamo. La dimensione umana non va trascurata nella cura del paziente e la coscienza morale può supportare le risposte che la bioetica ci pone, tra rassegnazione e accanimento terapeutico. L’espressione ‘farfalle dell’anima’ che dà il titolo a questo libro è una definizione con cui il neuroanatomista spagnolo Ramón y Cajal (1852-1934) studiò l’organizzazione cellulare del cervello e descrisse la capacità dei suoi neuroni di espandersi continuamente, mettendo le basi della conoscenza di una delle caratteristiche cerebrali più straordinarie, la neuroplasticità. ‘Farfalle dell’anima e della mente’ sono anche i miliardi di sinapsi, i mattoni per la costruzione della nostra intelligenza, in cui la liberazione di un neurotrasmettitore trasferisce un’informazione da un neurone all’altro. Per un neurochirurgo il fascino che esercita il cervello è sintesi tra applicazione nello studio, motivazione scientifica, tensione alla ricerca, curiosità per l’incessante ‘lavorio dello spirito’ – secondo una brillante definizione di Massimo Cacciari - perché le “farfalle dell’anima” che nascono dalla mente sono la sintesi tra curiosità, intelligenza, razionalità e fantasia creativa con cui ogni uomo esprime le azioni e le scelte della propria vita. Giulio Maira raccontandoci magistralmente la sua esperienza umana e professionale è allora il neurochirurgo che si applica con precisione all’uso del microscopio ma sa alzare gli occhi al cielo per scrutare, commuovendosi, l’infinità della volta celeste.
‘Il cervello è più grande del cielo’ è il titolo di un suo libro e di una intervista che realizzai nel 2020: nella coerenza della sua lunga esperienza professionale rappresenta un punto centrale del suo pensiero, un mix tra scienza e umanesimo che ritroviamo in questo libro sulle “farfalle dell’anima” ma certamente ancora in quelli che verranno e che con curiosità aspettiamo di leggere.
di Francesco Provinciali