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24 aprile 2024
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La pandemia avrà un dopo e bisogna pensarci

Michele Iscra * - 12.12.2020
Spostamenti Comuni

Coloro che sostengono acriticamente Conte e il suo governo attaccano chi lo critica con due argomenti: 1) se lo fate cadere dopo si apre un baratro; 2) in un momento di emergenza pandemica non si deve criticare, ma agevolare la risoluzione dei problemi. Sono due argomenti molto pericolosi. A  volte vengono usati nell’illusione di mostrarsi realisti e preoccupati prima di tutto del bene pubblico, altre volte sono semplicemente dei trucchi retorici per non vedere messi in crisi i propri vantaggi. Vediamo di ragionarci un poco seriamente.

L’argomento dell’insostituibilità del governo attuale perché non si è in grado di sostituirlo con uno migliore espone una mezza verità, perché la mancanza di alternative non trasforma una debolezza in una forza. Naturalmente se si ritiene che l’attuale premier e la sua compagine governativa siano all’altezza della situazione non c’è problema: si ragionerà solo per verificare se questo assunto sia vero oppure no. Ma se c’è una certa convergenza a ritenere che questo esecutivo e il suo presidente non siano all’altezza della sfida in campo, allora le cose cambiano, perché in questo caso i guasti che deriveranno dalla loro inadeguatezza peseranno e non poco sul paese.

Si ribatte che un vuoto di potere produrrebbe guai anche maggiori, ma siamo nel campo delle ipotesi. Mentre i guasti di un esecutivo e di un quadro politico non all’altezza sono evidenti e riscontrabili, quelli che deriverebbero da un vuoto di potere sono legati alla presunzione che la caduta dell’attuale esecutivo genererebbe una situazione di quel tipo. Ciò può essere considerato probabile, perfino quasi certo, ma non esattamente certo, perché in ogni situazione di emergenza c’è sempre la possibilità che si determini un effetto di rimbalzo positivo. Rifiutarsi di prendere in considerazione la opportunità di correre qualche rischio piuttosto che lasciare marcire una situazione non è un atteggiamento politicamente sano.

L’argomento che condanna tutti coloro che in un momento di emergenza criticano chi si trova a gestire il potere dello stato assomiglia molto al famoso slogan che circolava durante il fascismo, essendo ripreso dai cartelli che si trovavano sui tram: non disturbate il manovratore. Invece non esistono momenti in cui sia lecito interrompere il normale funzionamento di un sistema costituzionale democratico che si basa sul principio del “governare attraverso il confronto”. Le varie teorie sullo “stato di eccezione”, sull’inevitabilità nelle emergenze di forme di dittatura benigna sono esercizi di fantasia. Non perché queste situazioni non possano essere esistite ed esistere storicamente, ma perché funzionano solo appunto in rari casi fuori dall’ordinario e in genere quando le cose sono così drammatiche da essere spontaneamente riconosciute come tali dalla maggioranza della popolazione.

Sembra difficile poter sostenere che nella attuale situazione pandemica siamo in condizioni tali da sospendere il normale corso del funzionamento di un sistema costituzionale-democratico. Quando si fa una affermazione del genere si è accusati di esagerare, perché ci si rifiuta di credere che ci sia un pericolo di instaurazione di una dittatura.

Se la mettiamo giù così, è indubbiamente vero: non ci sono né Mussolini, né Hitler, né Stalin, né Franco alle porte. Ma il problema va affrontato partendo da un altro punto di vista: è pericoloso lasciare che si affermino meccanismi che tendono a ridurre il principio costituzionale di un sistema che deve reggersi in un gioco di pesi e contrappesi (per citare una formula classica). Non si può ignorare che da decenni si insegue il tema di come tornare ad una “democrazia che decide”, sembrando inaccettabile che il sistema politico sia tenuto ostaggio da un intreccio di poteri di veto che impediscono di gestire i cambiamenti storici che stiamo affrontando.

Ora è necessario tenere conto che i poteri eccezionali, anche quelli meno eclatanti, hanno questa caratteristica: si insediano legittimandosi come necessari per gestire un’emergenza, ma finita quella non se ne vanno, bensì si inventano nuove emergenze a ripetizione per rimanere nel loro ruolo. Cincinnato e Garibaldi sono eccezioni nella storia.

Bisogna avere ben chiaro che la pandemia prima o poi finirà, ma che se non proprio tutto, gran parte di quelle forme di manipolazione del nostro sistema politico e costituzionale lasciate crescere cercheranno di continuare a sopravvivere. La tendenza a decidere con atti amministrativi del premier non controllabili dal parlamento e dal Quirinale (i noti DPCM), la tendenza di affidarsi a tecnocrazie di vario tipo perché sarebbero più “oggettive” nell’affrontare le situazioni, la tendenza a marginalizzare i canali istituzionali del confronto (quelli a base rappresentativa) per privilegiare la apparente comunicazione diretta fra leader e popolo consentita dai vari media tecnologici, sono fenomeni che vorranno mettere radici trovando modo di istituzionalizzarsi: temiamo di diritto oltre che di fatto.

Ecco perché bisogna tenere ben presente che lo stato di eccezione deve essere contenuto strettamente durante la durata di una emergenza e anche allora circoscritto il più possibile nelle sue capacità di manipolare il sistema. Bisogna sapere che a dominare deve essere lo sguardo verso il “dopo”, altrimenti si accetta una spirale che porta alla corruzione di qualsiasi sistema politico.

 

 

 

 

* Studioso di storia contemporanea