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17 aprile 2024
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Il calcio mondiale: uno spettacolo politico

Matteo Anastasi * - 11.07.2018
Brizzi e Sbetti - Storia della coppa del mondo

Con il mondiale in Russia, apertosi lo scorso 14 giugno, giunge a proposito il volume di Riccardo Brizzi e Nicola Sbetti, Storia della coppa del mondo di calcio (1930-2018), Firenze, Le Monnier, 2018. Proprio questo evento che si conclude ora sta mostrando, ancora una volta nel corso della storia contemporanea, come esso possa rivelarsi termometro e cartina di tornasole delle relazioni internazionali. Si pensi al gesto quasi consolatorio di Vladimir Putin nei confronti del principe ereditario saudita Mohammed bin Salman, costretto ad assistere alla disfatta dei “figli del deserto” contro la selezione russa: un momento di distensione fra i due i maggiori esportatori di petrolio, divisi sulla questione siriana, dato il noto sostegno di Mosca ad Assad, invece in conflitto con i gruppi sunniti finanziati da Riad. Altrettanto “forte”, a livello di simbologia politica, l’esultanza dei calciatori svizzeri di origine albanese Granit Xhaka e Xherdan Shaqiri che, contro la Serbia, hanno mimato con le mani, in mondovisione, l’aquila bicipite simbolo di Tirana, riportando alla mente le mai sopite tensioni fra i due Paesi balcanici. L’importanza del calcio, quale elemento centrale della vita associativa di un popolo, ha inoltre conosciuto un record statistico in termini di ascolto, che ben ne testimonia il valore sociale e identitario: il 99,6% del popolo islandese ha seguito l’esordio della nazionale contro l’Argentina.

Nonostante queste premesse, appare necessario rilevare come il lavoro di Riccardo Brizzi e Nicola Sbetti si inserisca in un filone storiografico ancora assai poco battuto. Pur, infatti, rappresentando il football un fenomeno multiforme entrato nella vita quotidiana di milioni di persone, gli studi sulla valenza politica della competizione pallonara per eccellenza, il mondiale, risultano ancora molto carenti, in termini quantitativi ancor prima che qualitativi. In Italia, pur non mancando lodevoli studi sull’importanza sociale ed economica del calcio – da quelli di Papa e Panico dei primi anni Novanta ai più recenti di Giuntini, De Ianni e Guasco – la letteratura storico-calcistica appare ancora scarna e non del tutto scevra dall’influenza del pensiero crociano sullo sport come «traviamento dello spirito» e di quello gramsciano «sulle gare sportive» spesso «selvagge e sanguinose», che hanno a lungo fatto intravedere nello sport, e nel calcio in particolare, una pratica culturale poco nobile e, conseguentemente, un oggetto di studio eccessivamente popolare. In questa monografia sui mondiali di calcio, che conosce un arco temporale di quasi ottant’anni (1930-2018), i due studiosi dell’Università di Bologna cercano di contribuire a colmare simili lacune. 

Tale obiettivo è perseguito mediante un testo ripartito in otto capitoli, preceduti da una breve introduzione e seguiti da una conclusione che proietta verso le prossime due edizioni della manifestazione: il mondiale in Russia attualmente in corso e quello qatariota del 2022.

Nei primi due capitoli, si analizzano le origini dei mondiali di calcio, dalla prima edizione uruguaiana del 1930 all’epoca dei totalitarismi e della seconda guerra mondiale. Nel terzo e nel quarto capitolo si affrontano l’inizio della guerra fredda e la prima decolonizzazione, sullo sfondo delle quali si disputarono mondiali dal fortissimo impatto sociale – si pensi a Brasile 1950 teatro del celebre e tragico per i verdeoro maracanaço – e dall’estensione dei confini, con la prima competizione disputata al di fuori del duopolio Europa-Sudamerica: Messico 1970. I capitoli quinto e sesto si soffermano, invece, su due fasi di grande importanza politica (il quinto) ed economica (il sesto). Il quinto capitolo prende in esame le edizioni del 1974 nella Repubblica Federale Tedesca, del 1978 nell’Argentina del dittatore Jorge Rafael Videla e del 1982 nella nuova Spagna post-franchista. Il sesto capitolo racconta la nascita del business mondiale scaturito dalla copertura televisiva: il mondiale di Maradona, Messico 1986, Italia 1990, con, sullo sfondo, il tramonto della “Prima Repubblica” e USA 1994, con l’avvento del calcio negli Stati Uniti. Gli ultimi due capitoli si concentrano sulle edizioni del nuovo millennio e sul passaggio di testimone, alla guida del calcio internazionale, fra Joseph Blatter e Gianni Infantino, nell’ambito di quella definita dagli autori una «rottura tranquilla» al vertice della FIFA.

Basandosi sulle fonti a stampa, italiane e straniere, delle epoche prese in considerazione il lavoro ha il pregio, affatto scontato se messo in rapporto ad altri tentativi di analisi sul calcio, di evitare l’agiografia e l’epicità sovente presenti nella letteratura sportiva. Inoltre, utilizzando un registro fruibile non solo a un pubblico specialista, riesce a trasmettere in maniera incisiva la centralità del football per il mondo globalizzato contemporaneo, da cui deriva la necessità, in campo storiografico, di fare del tema un oggetto di ricerca autonomo e riconosciuto quale mezzo fondamentale per la comprensione della società. Naturalmente, come chiarito dagli stessi autori in fase di introduzione, l’opera non ha pretese di esaustività, meritando certamente ogni epoca sportiva, meglio ogni mondiale, una monografia specificamente dedicata.    

 

 

 

 

* Dottorando di ricerca in Scienze dell’Economia Civile presso la LUMSA di Roma, si occupa dell’investimento del fascismo italiano negli stadi di calcio