Ultimo Aggiornamento:
02 ottobre 2024
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Estate, una breve girandola di illusioni, abitudini ed emozioni

Francesco Provinciali - 14.09.2024
Estate 2024

Archiviamo un’estate densa e breve, infuocata e alluvionata, lungamente attesa e salutata senza postume nostalgie. Non una pausa dalle fatiche ma faticosa essa stessa, tra code e lavori in corso, sold out del turismo di massa, miscuglio etnico, chiassose kermesse musicali, solitudini siderali, abbandoni, rituali ripetitivi e stanchi e consumo di tutto: del suolo, dell’aria, dei risparmi, del tempo inutile, delle vacanze brevi per vivere e sopravvivere al resto dell’anno. Abbiamo avuto la stagione più calda di sempre, la settimana più rovente, il giorno (pare il 21 luglio) più bollente. Di tutto e di più: i piromani e gli incendi devastanti (questa gente meriterebbe l’ergastolo perché chi uccide la natura uccide l’umanità), i crolli degli edifici, l’esondazione dei fiumi, i tornadi e le trombe d’aria, le contese balneari, il ritorno del Covid accompagnato dal vaiolo delle scimmie, il bostrico che divora gli alberi in montagna e il granchio blu con il vermocane che impestano i mari. La Foresta Amazzonica, polmone del pianeta, che fornisce il 20% dell’ossigeno che ci è necessario per respirare, quest’anno ha subìto un’impennata del 98% di incendi rispetto all’estate del 2023: una cifra da capogiro. Il cambiamento climatico l’ha fatta da padrone, dallo scioglimento dei ghiacciai alle tempeste d’acqua, alla siccità, all’afa insopportabile, all’erosione delle coste. Non vorrei dimenticare qualche fenomeno atmosferico ma i segnali di una svolta repentina nell’ecosistema ci sono tutti: di questo dobbiamo capacitarci se vogliamo por mano a quel che resta del nostro futuro. È evidente a tutti che l’estate del 2025 e poi quelle degli anni che verranno saranno sempre più calde, asfissianti, appiccicose, insopportabili. Il rialzo termico è una costante irreversibile. Di questo dovremmo essere tutti consapevoli e fare qualcosa, a cominciare dal resto dell’anno. Ci sono contesti ambientali dove l’acqua – il bene più prezioso e indispensabile per la sopravvivenza di tutte le specie animali e vegetali, viene sperperata da anni senza che nessuno ponga rimedio a questa colpevole negligenza.  Il fenomeno è planetario, comincia al Polo Nord e finisce al Polo Sud ma in Italia la disinvoltura con cui – in modo trasandato, indifferente e pressapochista – non si affrontano certi problemi chiama in causa molte responsabilità. Dovremmo essere un Paese civile ma gli stili di vita sono ispirati al qualunquismo e all’attesa fideistica che qualcun altro provveda. Non sappiamo tutelare il nostro patrimonio naturale e artistico eppure deteniamo il record delle presenze straniere. Ho letto un articolo di Giuliano Zulin - esperto sul tema – il quale ha calcolato che con un miliardo di euro si potrebbero creare 20 centri di desalinizzazione dell’acqua marina ma mi pare che la politica non si occupi del problema. Non trovo nel PNRR un programma di tutela ambientale adeguato, di prevenzione dei dissesti idrogeologici, di messa in sicurezza degli edifici: si avverte un senso di usura del mondo e delle cose che fa pensare ad un tracollo imminente, a cominciare dalle stesse condizioni di sopravvivenza. Tutto si sta consumando, esaurendo, scomparendo in modo repentino. Nel resto dell’anno non ce ne occupiamo abbastanza e i problemi estivi ricorrenti esplodono sempre acuiti ed aggravati. C’è una sorta di narcolessia di massa rispetto alle evidenze che incombono: qualche scienziato comincia a chiedersi se sarà l’I.A. a salvarci con una accorta programmazione di risorse ed energie o se arriverà presto il tempo in cui qualcuno comincerà ad indossare le maschere di ossigeno per sopravvivere alle temperature torride, all’aria incandescente e all’assenza dell’acqua. Anche nei luoghi di villeggiatura cominciano ad emergere criticità: il traffico, lo smog, l’inquinamento, si trasferiscono anche nei contesti che dovrebbero essere i più protetti. L’umanità si muove ora petulante e invadente ora mossa da necessità vitali: non dimentichiamo che le immagini ricorrenti delle guerre non sono coreografie sullo sfondo di conflitti inevitabili: sono piuttosto l’icona di una totale assenza di coscienza morale. I bambini e gli anziani sono le prime vittime di certe politiche dissennate e incoscienti. L’uomo non sa stare in pace con sé stesso, figuriamoci con i nemici. Eppure avvertiamo tutti di camminare sull’orlo di un baratro: anche se il mondo fosse disarmato secondo l’ONU siamo quasi giunti alla vigilia della sesta estinzione della vita sul pianeta, questa volta per mano dell’uomo. Ogni anno celebriamo il rituale delle previsioni catastrofiche in sede di incontri ‘COP’ (è l'acronimo di Conference of Parties) la riunione annuale dei Paesi che hanno ratificato la Convenzione Quadro delle Nazioni Unite sui Cambiamenti Climatici (United Nations Framework Convention on Climate Change, UNFCCC). Se pensiamo che la Convenzione è un trattato ambientale internazionale che fu firmato durante la Conferenza sull'Ambiente e sullo Sviluppo delle Nazioni Unite, informalmente conosciuta come Summit della Terra, tenutasi a Rio de Janeiro nel 1992, facciamo rapidamente il conto di quanto tempo si è perduto. Il trattato puntava alla riduzione delle emissioni dei gas serra, alla base dell'ipotesi di riscaldamento globale, prevedendo la stipula di protocolli che avrebbero posto i limiti obbligatori di emissioni: il principale di questi è il protocollo di Kyōto. Dovrebbero essere i giovani i più preoccupati al futuro che ci attende vista l’inerzia degli Stati membri dell’ONU e le resistenze di Paesi come la Cina e l’India sull’uso del carbone inquinante. Ma sono i genitori, la scuola, la politica i veri responsabili di una negligente pedagogia sociale: accettare il peggio come fenomeno irreversibile e tirare a campare sopravvivendo al presente. I titoli di coda dei telegiornali sono sempre ispirati ad una visione edulcorata e gaudente della vita, forse per riconciliare con le brutte notizie date in apertura, una sorta di oppio dei popoli che ci parla di musica, moda, loisir, culto dell’estetica e del lusso. Ma non saranno certo le baggianate che circolano sui social a cui si dà eco, le più recenti prodezze degli influencer, gli abiti stravaganti esibiti sui red carpet, le adunate oceaniche alle esibizioni di certe star internazionali a rendere consapevoli le persone sul valore della vita e sul rispetto della natura.  Prevale- come mi disse il grande psicanalista Luigi Zoja – l’allegoria di Lucignolo e del paese dei balocchi. Fumo negli occhi per non vedere la realtà e illusioni.                   Senza renderci conto che tutto ciò alimenta il senso dell’effimero.