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Informazione, quarto potere: tra social e network, i magazine e i giornali resistono
A volte i paradossi aiutano a capire meglio la realtà, le iperboli immaginifiche ne amplificano la comprensione. Se oggi il barone Charles de Montesquieu dovesse riformulare la sua teoria della tripartizione dei poteri – legislativo, esecutivo e giudiziario – nella lungimirante intuizione che è alla base del sistema istituzionale moderno e dello stesso concetto di Stato (che si va sgretolando nella cd. ‘postmodernità’) non potrebbe non considerare l’incidenza dell’informazione, intesa come insieme indefinito e complesso di mezzi e fini, dalla mera comunicazione alle relazioni umane più ampie ed estese. Poiché è questo – di fatto – un vero e proprio “quarto potere” trasversale ai primi tre: ora in modo oggettivo, ora strumentale, ora paradossalmente labile nell’epoca delle connessioni globali, dei media, dei social e dell’intelligenza artificiale.
Un potere forte che – a differenza di quelli in uso nell’immaginario collettivo come sintesi di competenze e responsabilità, anche se spesso debordanti o confliggenti - sfugge spesso alle stesse coordinate spazio-temporali che sono gli ancoraggi di una società complessa, o liquida come l’ha definita Bauman, in quanto simultaneo e pervasivo, svincolato spesso al controllo delle fonti, difficilmente incline al discernimento tra vero e falso e basterebbe solo questa osservazione per capacitarsi del peso etico, culturale e sociale che declina nei leggi tutto
Una indegna gazzarra
Dalle beghe nostrane a quelle esportate, ai conflitti bellici, al fanatismo religioso, ai retaggi storici che riaffiorano mai rimossi, all’involuzione delle democrazie a alle tirannie consolidate o emergenti il mondo che ci appare ogni mattina non è il viatico ai nostri mali e alimenta le insicurezze nel presente, le incognite del futuro, in due parole la malattia di vivere. Ma soprattutto dimostra come la coscienza individuale e collettiva non regga alle lusinghe del potere e degli interessi: non esiste una vera consapevolezza di cosa sia il bene comune, egoismo, rancore, odio, vendette prendono il sopravvento e tacitano la speranza che qualcosa prima o poi cambi davvero. Ci sono mali endemici planetari: la fame, la disperazione, la soccombenza dei deboli e indifesi, le ingiustizie sociali, la virulenza dei forti e ci sono le angosce interiori, le paure, le labilità, le fatiche e le insicurezze.
Il mondo brucia e si consuma, la sostenibilità ambientale scricchiola, il sonno della ragione confida che sarà l’intelligenza artificiale a imprimere accelerazione al volano della crescita e del benessere: ma se viene a mancare la coscienza morale tutto il castello di congetture frana miseramente e sarà sepolto dalle illusioni. Osservando ciò che accade da decenni nel nostro Paese leggi tutto
Dalla società senza padri alla società senza figli
C’è un trait d’union, una continuità tematica e di riflessione che lega “La cappa” con questo corposo saggio che Marcello Veneziani ha intitolato “Senza eredi”. E dobbiamo esser grati oltre all’autore anche alla casa editrice Marsilio che con i suoi tipi ha dato un seguito di coerenza alle due opere. Essere opinionisti in un mondo di polverizzate ed effimere opinioni potrebbe portarci a confondere il tutto con il niente. Non è il caso di Veneziani, il quale - volendo sostanziare il radicamento culturale che sostiene il suo ragionato incedere nell’esplorazione delle identità perdute in una società rarefatta e deprivata di fondamenti culturali rassicuranti - si appoggia ad una raccolta di sessantaquattro (più alcune citazioni fuori paragrafo) “miniature di saggi, succinte biografie e profili non convenzionali” (taluni criticamente sconvenienti). Possono sorprendere gli accostamenti della sequenza, persino gli autori scelti: ci sono assenti illustri ma anche autorevoli presenze e ciascuna risulta eloquente e significativa rispetto alla traccia che le unisce, poiché essi stessi non hanno più eredi. C’è una tesi di fondo che Veneziani esplicita affinché sia dimostrata: viviamo in un mondo che ha perso gli ancoraggi con il passato e le tradizioni culturali specialmente quelle legate alla civiltà letteraria che tramonta per assenza di leggi tutto
Uso smodato delle tecnologie e impoverimento cognitivo e linguistico
Tutto ciò che sta cambiando nei nostri stilemi comunicativi non è dovuto – come in passato – solo ad un avvicendamento generazionale. L’irrompere della tecnologia e ciò che inizia ad emergere con le applicazioni dell’intelligenza artificiale recano il senso di una sorta di rivoluzione sintattica, semantica e simbolica nell’uso delle parole fino alla loro sostituzione con nuove espressioni lessicali. Mettiamoci un attimo nei panni di quel docente che – ritirando i temi assegnati ai suoi alunni – si è accorto che la quasi totalità degli svolgimenti era stata fatta utilizzando ChatGPT: un’applicazione basata su intelligenza artificiale e apprendimento automatico, sviluppata da OpenAI e specializzata nella conversazione con un utente umano che ha mostrato notevoli capacità nel generare un testo simile a quello usato dalle persone. Credo che avremmo conferma della pervasività dei sistemi informatici e del fatto che gradualmente hardware e software si avvieranno a sostituire la logica del ragionamento pensato, come scrive il Prof Andreoli usando il cervello che teniamo in tasca piuttosto che quello che abbiamo in testa. Un recente Rapporto OCSE sulle competenze cognitive degli adulti ha evidenziato una carenza di comprensione di un testo (literacy), nella logica matematica semplice (numeracy) e nel problem solving, che piazzano l’Italia al quartultimo posto tra i Paesi industrializzati. leggi tutto
La sicurezza sui posti di lavoro è un principio di civiltà giuridica
In tema di sicurezza non va trascurato quanto essa sia importante – oltre che nella vita sociale in generale – anche sui posti di lavoro: è un aspetto del più ampio contenitore della sicurezza individuale e collettiva, come principio di civiltà giuridica per il quale esistono previsioni normative di tutela ma del quale ci si ricorda in occasione di fatti di cronaca purtroppo ricorrenti e in crescita. Nei primi dieci mesi del 2024 sono stati ben 890 i morti sul lavoro, 22 persone in più rispetto allo stesso periodo dello scorso anno, con un aumento del 2,5 %.
La recentissima tragedia di Calenzano e altri episodi successivi a questa rilevazione dell’INAIL ci mettono di fronte ad una evidenza che non è più possibile ignorare: è lo stesso Presidente della Repubblica a ricordarlo con autorevolezza e intensità, usando toni che richiamano una sorta di piaga sociale a cui occorre porre rimedio.
Il decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, recante “Attuazione dell‘articolo 1 della legge 3 agosto 2007, n. 123, in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro” definisce e regolamenta in Italia tutta la normativa in materia di sicurezza sul lavoro. Questo decreto è comunemente conosciuto come Testo Unico sulla salute e sicurezza sul lavoro” e – oltre a statuire una regolamentazione nazionale leggi tutto
L’Italia affetta dalla sindrome da galleggiamento, mentre il ceto medio è sfibrato
Anno critico il 2024: ne tratta il 58° Rapporto del Censis, che riesce ogni volta ad offrire appropriate chiavi di lettura e di interpretazione sullo stato della società italiana. L’appuntamento annuale con l’Istituto di piazza di Novella a Roma, fondato dal Prof. Giuseppe De Rita, è sempre convincente nella sua disamina dettagliata e nell’uso di metafore descrittive che esplicitano stilemi comunicativi originali e sorprendenti, perché l’analisi conosce ma la sintesi crea: ne hanno parlato Giorgio De Rita e Massimiliano Valerii nel corso della presentazione che ha avuto luogo presso la sede del Cnel.
Fragilità, come evidenza palpabile pur in un contesto in cui si ricomincia a parlare di crescita (esplode il turismo con 447 milioni di visite nel 2023): questo è l’incipit del rapporto, considerato il quadro delle incertezze internazionali ma anche le discontinuità presenti nella società italiana, perché siamo bravi nelle crisi ma meno nelle ripartenze. Lo stesso concetto di ‘fine’, un tempo usato a rappresentare lo scopo di una progettualità poi rivelatasi effimera viene adesso ribaltato perché ricorrente nell’immaginario collettivo piuttosto per descrivere un arresto, la stasi di un Paese in attesa, in cui il ceto medio si sta sfibrando e sgretolando per la contrazione del potere d’acquisto, diminuito del 7% così come risulta erosa leggi tutto
Il femminicidio è il fallimento di una società che genera dei mostri
Presentando alla Camera dei Deputati la Fondazione intitolata alla figlia Giulia, Gino Cecchettin ha definito la violenza di genere “il frutto di un fallimento collettivo e non solo una questione privata” ponendo l’accento sulla necessità di educare le nuove generazioni. Trovo che siano parole appropriate, nate dal cuore di chi ha vissuto un dolore indicibile che non ha eguali: l’onda lunga della violenza che sta attraversando il nostro tempo ha molte facce e quella contro le donne ne è parte significativa perché riassume in sé retaggi storicamente radicati e si esprime in modo sempre più intenso e cruento, in forme nuove e tragicamente sorprendenti. In un mondo interconnesso e globalizzato i comportamenti umani sono il risultato di un riverbero che si ripercuote nell’intera società e coinvolge tutti. Chi nega che questa epoca sia caratterizzata da una crescita esponenziale e tristemente sofisticata delle forme di violenza – da quella fisica a quella simbolica – nasconde il vero a se stesso, le evidenze sono sotto gli occhi di tutti e ne abbiamo quotidiana notizia in ogni angolo del pianeta. Direi che ogni sua manifestazione ha una propria connotazione e specificità: generalizzare sarebbe un errore ma i sentimenti di odio, rancore, egoismo, vendetta, bramosia di possesso, leggi tutto
Censimento ed evidenze che irrompono nello scenario sociale
In questi giorni giunge ai cittadini il questionario di rilevazione del Censimento ISTAT.
L'Istat ha una tradizione di serietà e autorevolezza istituzionale veramente esemplare, i dati statistici che raccoglie ed elabora sono fondamentali per fotografare la realtà del Paese. In passato, ho recensito diverse Ricerche dell'Istituto, quando era presieduto dal Prof Giancarlo Blangiardo, illustre demografo con cui ho avuto l'onore di collaborare sui temi delle problematiche minorili.
Ricordo ad esempio che il termine “culle vuote” fu coniato in una indagine dell’Istat, così come fu esemplare il saggio sul tema della sostenibilità generazionale a cura dei Prof. Raitano e Sgritta della Sapienza di Roma, elaborato per l’Istituto con sede in Via Cesare Balbo a Roma.
Noto con piacere che la guida attuale dell'Istituto di statistica conserva e valorizza il prestigio conservato nel tempo.
L'Italia di oggi è una realtà in continua evoluzione, scorrendo le domande poste ai cittadini trovo che sia irrilevante persino ai fini statistici sapere se tengo l'auto nel box o fuori, o se la mia casa è dotata di impianto di aria condizionata.
Ci sono fenomeni sociali che irrompono nella nostra quotidianità e incidono nella nostra vita in modo più rilevante. Forse non è compito dell'ISTAT accertarli e analizzarli ma faccio leggi tutto
Il Nobel per l'I.A. a Geoffrey Hinton fa riflettere
Più volte mi sono occupato di Geoffrey Hinton e del suo approccio al tema dell’intelligenza artificiale fino ad esserne considerato uno dei padri fondatori, della sua carriera in GOOGLE di cui è stato per dieci anni eminenza grigia e portavoce: ricordo di averlo citato ad esempio in relazione al tema della realtà aumentata e delle strade aperte dal Metaverso, in alcuni scambi epistolari con il Prof. Vittorino Andreoli, comprese le recensioni dei suoi libri più recenti. Entrambi avvertivamo il pericolo di una concezione pervasiva e totalizzante dell’intelligenza artificiale e dei suoi cascami ideologici, fino a rischiare di perdere nei ragionamenti e nei comportamenti derivanti, il concetto di “normalità”.
Insieme a queste deduzioni si avvertiva di converso la necessità di ripristinare i limiti necessari per evitare uno stravolgimento negli stili di vita e il timore che le azioni umane fossero condizionate dalla tecnologia e dal mondo virtuale fino a perdere il senso dell’etica condivisa. Geoffrey Hinton aveva offerto spunti di riflessioni importanti per la sua esperienza e per l’autorevolezza del suo carisma, consolidato nel periodo di permanenza nell’azienda leader dei motori di ricerca.
Debbo ammettere di essere rimasto affascinato dalla sua personalità, dalla sua penetrante intelligenza, dal suo equilibrio che ha saputo leggi tutto
Quando contavano quei pochi insegnamenti appresi in famiglia
Ho un lontano ricordo di quando – in una pausa lavorativa (il mio ufficio era a due passi dal Duomo di Milano) – aggirandomi tra tavoli e scaffali al primo piano della libreria Rizzoli in Galleria, ebbi la fortuna di incrociare Enzo Biagi, che a pochi metri da quella esposizione aveva un suo ufficio (che chiamava ‘la bottega’). Grazie all’intercessione della sua segretaria signora Pierangela riuscii a farmi ricevere e a intrattenermi con lui una mezz’ora, conversando sui temi dei suoi articoli e dei suoi libri. Ero sorpreso io stesso dalla sua ospitalità e ‘molti anni dopo’ (come scriverebbe Garcia Marquez), ricordando quel primo incontro con il famoso giornalista e intervistando poi Rita Levi Montalcini, Ettore Scola, Pupi Avati, Giulio Andreotti, Milva Biolcati, Alda Merini, il card. Carlo M. Martini, il suo “amico speciale” card. Ersilio Tonini e altri testimoni del nostro tempo mi radicai in un convincimento che non ho più abbandonato: i veri ‘grandi’ sono persone semplici perché ti mettono a tuo agio e si fanno capire, fino a scambiarsi le reciproche inadeguatezze come mi ha insegnato ‘Pupi’. Durante quella piacevole conversazione, chiedendo a Biagi che cosa aveva conservato tra i suoi ricordi degli incontri con i potenti della Terra, leggi tutto