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24 aprile 2024
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L'analisi del sabato. Regioni al voto: nei comuni maggiori il centrosinistra “doppia” il centrodestra

Luca Tentoni * - 09.05.2015
Le 2 Italie

"Due Italie": una falsa pista?

 

Nello scorso intervento su Mentepolitica abbiamo osservato che i comuni non capoluogo di provincia (non solo nelle sette regioni dove si voterà il 31 maggio, ma anche nelle altre) tendono a premiare il centrodestra a scapito del centrosinistra, rispetto alla media complessiva. Abbiamo anche iniziato a prendere in considerazione l'ipotesi che il centrosinistra appaia spesso come la "coalizione della borghesia urbana", poiché è sovrappresentato nei capoluoghi. Inoltre, abbiamo visto come negli anni della Prima Repubblica i centri maggiori premiassero soprattutto i partiti "di opinione" (in particolare, Pri, Pli, radicali, verdi e Msi), sottorappresentando la Dc e attribuendo a socialisti (Psi, Psdi) e comunisti (Pci) una percentuale di voti non lontana dalla percentuale nazionale relativa a tutti i comuni. Abbiamo evidenziato, insomma, che sembra ci siano due Italie a confronto, con differenti orientamenti politici: quella "periferica" - più favorevole al centrodestra - e quella "cittadina" strutturalmente di centrosinistra. Abbiamo il dubbio, però, che analizzando i dati elettorali da questo punto di vista, ci sfugga il vero quadro della situazione. Cogliendo lo spunto di una ricognizione sui risultati degli ultimi dieci anni nelle sette regioni italiane dove si vota il 31 maggio (Liguria, Veneto, Toscana, Umbria, Marche, Campania, Puglia) possiamo procedere ad un'"immersione più profonda" per verificare nel dettaglio se le ipotesi fin qui avanzate sono corrette oppure se hanno bisogno di una diversa formulazione. Così, abbiamo calcolato separatamente il voto nei comuni non capoluogo, quello nei capoluoghi di provincia ma non di regione e quello nelle "capitali" regionali, raffrontandolo col dato medio globale delle sette regioni (i risultati a livello nazionale, come vedremo in un'altra occasione, non appaiono molto dissimili). L'esito di questa ulteriore indagine lascia pochi dubbi: confermata la diversità (favorevole al centrodestra a scapito del centrosinistra) dei comuni minori, emerge tuttavia una differenza fra i capoluoghi di regione (dove è avvantaggiato nettamente il centrosinistra) e gli altri capoluoghi, caratterizzati da una più contenuta sovrarappresentazione del centrosinistra rispetto ai valori medi complessivi regionali. In altre parole, se la differenza fra capoluoghi e non capoluoghi è confermata, si nota tuttavia un divario fra capoluoghi di regione e di provincia, non molto marcato ma evidente. Come vedremo rapidamente fra poco (ma in modo più approfondito in un'altra occasione) il centrosinistra nelle "metropoli" è in perfetta continuità con gli anni della Prima Repubblica: nei capoluoghi regionali ottiene risultati di gran lunga migliori rispetto a tutte le altre classi di comuni. Il complesso dei capoluoghi, invece, nella Seconda Repubblica vede una sovrarappresentazione del centrosinistra che nella Prima non c'era: nei comuni "intermedi", dunque, il comportamento elettorale è andato sempre più assomigliando a quello dei centri maggiori anziché avvicinarsi alla media nazionale. Gli indici di misurazione confermano che, in ordine di divergenza rispetto al dato medio, quello dei capoluoghi di regione è il più ampio, seguito dal dato dei capoluoghi di provincia e dal risultato dei comuni minori.

 

I rapporti di forza nel complesso delle sette regioni al voto

 

Come abbiamo accennato nei precedenti interventi per Mentepolitica, il dato complessivo delle sette regioni dove si voterà il 31 maggio non è molto distante da quello nazionale, ma si tratta di una convergenza frutto di una combinazione fra regioni "rosse" (Toscana, Umbria, parte delle Marche), "bianche" (Veneto) e di altre realtà diverse fra loro (Campania, Puglia, Liguria). Il centrodestra, alle europee 2014, ha avuto il 26,3% dei voti (26,6% nazionale): Forza Italia il 17,4% (16,8%), la Lega il 5% (6,1%), Fdi-An il 3,9% (3,7%). Il M5S ha ottenuto il 21,5% (21,1% nazionale), i centristi il 5% (Ncd-Udc 4,3% contro il 4,4% naz.; Scelta civica 0,7% come nel resto del Paese). Il centrosinistra ha raccolto il 46,9% dei voti (46,4% nazionale): in particolare, il Pd è arrivato al 41,5% (40,8%). Il partito del "non voto" si è attestato al 44,1% (41,1% astensione, 1,2% schede bianche, 1,8% schede nulle), quindi oltre la media nazionale che è del 41,3% (38,2% astenuti, 1,2% schede bianche, 1,9 schede nulle). La distanza fra centrodestra è centrosinistra, data la presenza nel campione di molte zone "rosse", è sempre stata più vantaggiosa per quest'ultima "famiglia politica", che negli ultimi 7 anni - a parte il 31,7% del 2013 - ha ottenuto risultati oscillanti fra il 42,6% delle politiche 2008 e il 44% delle regionali 2010. Nel 2005-2006, invece, prima il successo dell'Unione alle regionali, poi l'affermazione alle politiche avevano portato il centrosinistra prima a superare (2005) il 50% dei voti e poi ad assestarsi sul 48% (escluso l'Udeur, che qui è calcolato fra i centristi). Il centrodestra (senza Udc: il partito di Casini si è sempre presentato autonomamente, dal 2008) ha attraversato una fase difficile nel biennio 2005-2006 (regionali: 36,6%; politiche, 41,7%) per poi risalire a quota 47% nel biennio 2008-2009 e attestarsi, alle regionali 2010, poco sotto il 45%. Il crollo delle politiche 2013 (29,2%) è stato accentuato dal risultato delle europe (26,3%). La tendenza nazionale è dunque confermata per quelli che furono i due "poli" maggiori (ora scomposti in più partiti che a livello nazionale e in molte regioni non sono coalizzati) e per centristi (6,7-8,5% fra il 2006 e il 2009; 10,6-10,7 fra regionali 2010 e politiche 2013; 5% alle europee 2014) e M5S (25,7% politiche 2013, 21,5% europee 2014).

 

Il voto per classi di comuni

 

Mentre nel dato relativo al complesso dei comuni delle sette regioni al voto centrodestra e centrosinistra si sono alternate al primo posto (col primo che ha prevalso nel 2008, 2009 e alle scorse regionali del 2010), nei comuni non capoluogo il centrosinistra ha avuto la meglio solo alle europee del 2014 (45,1% contro 28%). In precedenza il centrodestra aveva mantenuto il primato col 49,1% alle politiche 2008 (centrosinistra: 40,6%), alle europee 2009 (48,4% contro 41,8%), alle regionali 2010 (46,1% contro 41%) e persino alle politiche 2013 (30,9% contro 30,1%). Rispetto alla media complessiva, nei comuni non capoluogo il centrodestra ha ottenuto l'1,6% in più nel 2008, nel 2009 e nel 2010, l'1,7% in più nel 2013 e nel 2014: una tendenza che somiglia ad una legge ferrea. Per quanto riguarda il centrosinistra, in questa classe di comuni ha ottenuto (sempre rispetto alla media complessiva dei voti nelle sette regioni) -2% nel 2008, -2,2% nel 2009, -2,3% nel 2010, -1,6% nel 2013, -1,8% nel 2014. Anche qui, il divario è stabile: anche se oscilla maggiormente, è circa di due punti percentuali in meno. Nei comuni capoluogo di provincia (esclusi i capoluoghi di regione) il centrosinistra ha prevalso sempre sul centrodestra: 46,6% a 43,9% (2008); 47,9% a 43,9% (2009); 48,9% a 41,8% (2010); 35% a 25,4% (2013); 51,6% a 22,5% (2014). Il centrodestra ha ottenuto costantemente il 3/4% di voti in meno rispetto al dato globale (-3,6% 2008; -2,9% 2009; -3% 2010; -3,8% 2013 e nel 2014), mentre il centrosinistra ha visto il suo risultato migliorare del 3,5/5,5% (+4% 2008; +3,9% 2009; +5,6% 2010; +3,3% 2013; +4,7% 2014). Mentre nei capoluoghi non di regione, nel periodo 2008-2014, il centrosinistra ha superato il 50% dei voti soltanto nell'ultima tornata elettorale (europee 2014), nelle "capitali" regionali si è sempre mantenuto sopra la maggioranza assoluta, con l'eccezione delle politiche 2013 (37,9%), oscillando fra il 50,1% del 2008 e il 55,6 delle regionali 2005 (51,9% alle europee 2014). Nei capoluoghi regionali il divario fra centrodestra e centrosinistra è massimo. I partiti della ex CDL (esclusa l'Udc) hanno costantemente una percentuale di voti del 5/6% in meno rispetto alla media (2006: -4,8%; 2008: -5,4%; 2009: -6,2%; 2010: -5,8%; 2013: -5,4%; 2014: -6,2%) mentre l'ex Unione (esclusi i centristi dell'Udeur e la Svp) è sempre stata sovrarappresentata ma in misura variabile, comunque superiore al 5% (2006: +7,3%; 2008: +7,4%; 2009: +8,8%; 2010: +8,4%; 2013: +6,2%; 2014: +5%). La differenza fra capoluoghi solo di provincia e capoluoghi di regione non sembra invece interessare molto, negli ultimi due anni, il rendimento elettorale di Pd e Fi-Pdl: il partito di Berlusconi ha ottenuto pressoché la stessa percentuale nelle due classi di comuni nel 2014 (14,7% contro 14,6%), 2013 (22,3/22,4), 2009 (34,7-35,1) mentre nel 2010 e nel 2008 ha avuto un risultato leggermente migliore nelle "piccole capitali". Il Pd, invece, ha ottenuto percentuali maggiori “in provincia” solo nel 2014 (45,1% contro il 44,3%) mentre si era mantenuto al di sopra del 2-3% nei capoluoghi nel periodo 2008-2010. Una breve nota riguarda la Lega Nord: in queste regioni ottiene sempre risultati complessivi inferiori rispetto a quelli nazionali nella misura dell’1-1,5% dei voti. Nei comuni non capoluogo, però, il Carroccio è in linea col dato complessivo italiano: 8,1% nel 2008 (naz. 8,2%), 9,7% nel 2009 (10,2%), 10,9% nel 2010 (10,3% nelle varie regionali 2008-2011), 3,3% nel 2013 (4,1%), 5,6% alle ultime europee (6,1%). Nei centri maggiori la situazione cambia: la Lega – rispetto stavolta al dato medio regionale – ha circa l’1-1,5% in meno nei capoluoghi di provincia (non di regione). Il fenomeno è accentuato nelle “capitali regionali”, dove consegue costantemente una percentuale addirittura inferiore alla metà di quella media: 2,3% contro il 5% nel 2014, 1,1% nel 2013 (2,9%), 4,9% nel 2010 (9,9%), 4% nel 2009 (8,7%), 2,9% nel 2008 (7,1%), 1,3% nel 2006 (3,2%), 1,5% nel 2005 (3,6%). In pratica, se nei piccoli centri il Carroccio ha un discreto seguito, in linea col resto del Paese, nei capoluoghi di provincia è più debole e nei capoluoghi di regione non ha mai superato il 5% dei voti. Un andamento che, soprattutto nelle zone “bianche” ricalca (in proporzione, s’intende) il radicamento più “periferico” che “urbano” della vecchia Dc. Nel prossimo appuntamento con Mentepolitica proseguiremo il nostro viaggio analizzando i risultati ottenuti dai partiti nel periodo 2008-2014 (e nelle tre classi di comuni individuate) in ciascuna delle sette regioni dove si voterà il 31 maggio, per prefigurare in seguito i "blocchi di partenza" dai quali i candidati e i raggruppamenti (eterogenei) stanno per partire.

 

 

 

 

* Analista politico e studioso di sistemi elettorali