Ultimo Aggiornamento:
08 maggio 2024
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Una politica in mano alla faziosità

Paolo Pombeni - 08.02.2023

Ad inizio della prossima settimana avremo come si usa dire scavallato anche le regionali di Lombardia e Lazio, la più probabile spiegazione del perché stiamo assistendo ad uno sfoggio notevole di faziosità. Non che i cosiddetti test elettorali finiscano lì: il 2-3 aprile le urne si apriranno in Friuli Venezia Giulia, altro caso non certo marginale; si è in attesa di avere una data per il Molise e in autunno sarà la volta del Trentino-Alto Adige. Ma ovviamente la scadenza del 12-13 febbraio incombe e siccome tocca due regioni non solo importanti, ma anche molto popolate i risultati assumeranno un rilievo notevole.

Più cresce la preoccupazione per una partecipazione ridotta (alcuni prevedono un astensionismo intorno al 50% degli aventi diritto), più si punta a giocare tutte le carte possibili per uscire dalla prova. La contrapposizione radicale si ritiene abbia un ruolo di mobilitazione: se si prende il caso dell’Emilia Romagna, nella tornata del 2014, quando non c’era praticamente competizione e la vittoria del candidato del PD (Bonaccini) era data per scontata votò il 37% degli aventi diritto; nel 2021 quando la lotta fra il ricandidato Bonaccini e il centrodestra trainato personalmente da Salvini (sebbene la candidata fosse Lucia Bergonzoni) produsse una battaglia esasperata votò il 67,6 %. leggi tutto

Il governo e la sfida delle riforme

Paolo Pombeni - 01.02.2023

Giorgia Meloni ha ragione nel sottolineare che le condizioni economiche del nostro paese non sono peggiorate, ma anzi sono un poco migliorate sotto il suo governo, così come a rivendicare l’avvio di qualche azione in politica estera che potrebbe dare risultati interessanti (è doverosa cautela non darli per acquisiti a priori). Giustamente osserva che ha appena superato i 100 giorni di attività e che non sta correndo i 100 metri ma una maratona, cioè che chiede di essere misurata sulla lunga distanza.

Questo non può però far dimenticare che al momento siamo ancora alle bandierine per quel che riguarda alcuni nodi molto importanti che sono se non dei colli di bottiglia, certo dei “rallentatori” (pesanti) sulla strada dell’uscita dalla crisi degli ultimi decenni. Si tratta di tre riforme di grande significato: quelle sulla giustizia, sul presidenzialismo, sulla autonomia differenziata (lasciamo da parte quella che sarebbe decisiva, la riforma del sistema fiscale, perché ci rendiamo conto che lì c’è da aprirsi la strada in una giungla).

Abbiamo usato le etichette correnti, sebbene esse spieghino solo malamente ciò di cui si dovrebbe discutere. Il problema della giustizia non può per esempio essere ridotto alla discussione sulle intercettazioni o sulla separazione delle carriere. leggi tutto

Ma cos’è questa sinistra? Fra riformismo e movimentismo

Paolo Pombeni - 25.01.2023

Sulla modesta sceneggiata dell’assemblea del PD chiamata a varare il nuovo manifesto dei valori si è abbattuta una pioggia di critiche pressoché da tutti i settori. Certo era difficile evitare di chiedersi se ci volevano 87 “saggi” per mettere in fila una serie di generiche buone intenzioni che per la maggior parte è difficile non sottoscrivere, ma la cui sottoscrizione lascia davvero il tempo che trova. Sarebbe stato più serio discutere su alcune questioni di fondo che non sono state toccate, oltre che provare a formulare qualche proposta credibile e realizzabile per giungere almeno a qualcosa di concreto su qualcuno degli obiettivi generici indicati.

Proviamo a porre almeno alcune delle questioni di fondo. La prima è storica. Il PD era nato, su spinta di Veltroni, ma non solo, per realizzare il superamento di una frattura che risaliva alla guerra fredda (ma per certi versi anche a prima): la riunificazione delle correnti del riformismo italiano che si erano disperse tanto nel partito democristiano, quanto nella tradizione del progressismo laico, quanto in quella del socialismo e comunismo. Doveva essere chiaro che, se ci si consente di parafrasare uno celebre espressione di Kautsky sulla SPD di inizio Novecento, doveva trattarsi di un partito rivoluzionario, non di un partito che fa rivoluzioni. leggi tutto

Le spine nel fianco di Giorgia Meloni

Paolo Pombeni - 18.01.2023

Ci sono stati molti commenti per quel “non solo” lasciato cadere in una comunicazione della premier quando si lamentava dei bastoni fra le ruote posti dalle opposizioni. Una specie di “dagli amici mi guardi Iddio, che dai nemici mi guardo io”. Tutti hanno subito capito che si riferiva tanto alla Lega quanto a Forza Italia, anzi più probabilmente ai gruppi dirigenti dei due partiti suoi alleati a cui ha anche concesso di esprimere i due vicepresidenti del suo esecutivo.

Da questo punto di vista le posizioni sono differenti. Mentre Taiani si barcamena per non scontentare Berlusconi e i suoi fidi, ma in sostanza fa squadra con Meloni, Salvini si profonde in attestazioni di fedeltà verso la premier, ma lavora costantemente ad indebolirne la leadership cercando di accreditarsi come il vero motore occulto del governo. Le ragioni di questi comportamenti sono facilmente inquadrabili nelle dinamiche di una coalizione in cui esiste un partito di gran lunga maggiore che si è associato due partiti decisamente minori. Basterebbe rileggersi la storia delle coalizioni messe in piedi dalla DC nella lunga fase che arriva fino al termine degli anni Settanta del secolo scorso per capire che è una vecchia storia che si ripete. Ma così è stato leggi tutto

Il Guazzabuglio dello spoils system

Paolo Pombeni - 11.01.2023

Da molti giorni ormai si discute del sistema impropriamente importato dagli USA noto come spoils system. Si tratta del potere dei vertici politici di nominare i detentori dei ruoli apicali della burocrazia al servizio delle istituzioni che essi hanno “conquistato” col consenso elettorale, per cui dovrebbe valere il vecchio detto “al vincitore le spoglie” (ovvero una sorta di diritto di saccheggio).

Il problema è delicato ed è trattato in modo molto confuso, per cui crediamo che sarebbe utile fare un poco di chiarezza. Tutto nasce dalla constatazione che in moltissimi casi non esiste una neutralità oggettiva nell’azione della burocrazia. In teoria i vertici politico-istituzionali decidono il che fare e le burocrazie attuano quelle decisioni. In pratica i vertici burocratici hanno strumenti per agevolare o per boicottare quanto è stato deciso, usando per esempio il potere interpretativo delle norme, il controllo delle filiere di esecuzione e via elencando. Di qui un contrasto possibile quando i detentori dei due poteri facciano riferimento a partiti diversi, e per di più, coi tempi che corrono, a fazioni dei partiti, a lobby e quant’altro.

È chiaro che un contesto di guerre e guerricciole fra politici e burocrati produce inefficienza amministrativa e gestionale, ma come impedire che ciò accada non è leggi tutto

L'incognita del Presidenzialismo

Paolo Pombeni - 04.01.2023

Nella conferenza stampa di fine anno la premier Meloni è tornata sul tema della riforma costituzionale che introdurrà un qualche forma di presidenzialismo (lei ha specificato di preferire il semipresidenzialismo modello francese) e di seguito l’on. Casellati, ministro delle riforme istituzionali, ha fatto alcuni interventi sul tema e soprattutto sulle modalità con cui si potrebbe procedere.

Dire che tutto è molto confuso è un eufemismo. Dal punto di vista contenutistico si oscilla sempre fra un generico rinvio alla necessità di stabilizzare i governi a favore di una continuità della loro azione e un confuso appello alla superiorità di legittimazione che avrebbe un vertice scelto direttamente dal voto popolare. Fra i due aspetti si fa una notevole confusione e non sembra opportuno inoltrarsi su un terreno così delicato senza avere chiari i termini della questione.

Diciamo subito che per quanto riguarda il vertice del potere esecutivo la pura e semplice esaltazione dei poteri legittimanti del voto popolare evoca lo spettro del plebiscitarismo che è sempre stato una malattia mortale dei sistemi politici. Il voto è sempre frutto di molte contingenze che possono essere manipolate in vario modo, come la storia, ma anche l’esperienza recente dimostra senza difficoltà. Nel caso della investitura del vertice del potere esecutivo leggi tutto

La solita questione del partito conservatore

Paolo Pombeni - 21.12.2022

La celebrazione dei dieci anni di Fratelli d’Italia ha assunto un particolare rilievo per il fatto di avvenire dopo che quel partito a settembre aveva vinto in modo significativo le elezioni e la sua leader aveva assunto il ruolo di guida del governo. Il tutto è reso più complesso dal fatto che si è di fronte ad un cambio di maggioranza politica: dal centrosinistra alla destra-centro, da questo punto di vista una novità nella storia dell’Italia repubblicana che aveva in precedenza conosciuto solo governi di centro-destra.

La puntualizzazione non è pignoleria. Il dibattito che riguarda il tema di cosa si possa considerare una politica “di destra” è da tempo vivo in questo paese e si confonde con la questione del rilievo da dare alla presenza di un partito “conservatore” che, secondo una schematizzazione sulla cui fondatezza si può discutere, dovrebbe nel contrasto con un partito “progressista” costituire la normalità della politica. Questo nel quadro dell’altra semplificazione che riduce tutto ad uno scontro fra “destra” e “sinistra”.

Nell’immiserimento attuale del dibattito politico, la confusione che regna su faccende del genere è massima ed ha più a che fare con i pregiudizi (a volte proprio pretesti) che guidano opposte tifoserie che non con temi di qualche rilievo. leggi tutto

L’incognita delle regionali

Paolo Pombeni - 14.12.2022

La politica, a parte qualche fuoco di artificio giusto per non perdere l’allenamento, è piuttosto piatta. Parliamo di quella nazionale e parlamentare e si capisce facilmente il perché: soldi per imporre qualche iniziativa dirompente non ce ne sono, la situazione europea non consente alzate d’ingegno, tutti sanno che il rischio di finire nell’esercizio provvisorio è grave e nessuno vuole intestarsi una responsabilità del genere.

Un’altra storia è quella sul fronte dei partiti che sono davanti alla prova delle elezioni regionali in Lombardia e Lazio (ce ne saranno anche altre: Molise, Friuli, Trentino-Alto Adige, ma quelle vengono più in là e sono considerate meno importanti - sbagliando). È chiaro che quelle sono due regioni simbolo e che più o meno tutti i principali partiti cercano nelle urne lombarde e laziali la conferma di qualcosa. Proviamo a fare un po’ di analisi.

La Lombardia è una regione chiave, oltre che per il Paese, per il centro destra: tanto la Lega, quanto Forza Italia avevano lì un insediamento storico identitario. Entrambe sono in difficoltà di consensi. Salvini deve misurarsi con le inquietudini di frange che vorrebbero tornare al vecchio partito di Bossi, ma non è chiaro quanto seguito possano avere. Il suo vero tallone d’Achille di Salvini è il candidato alla

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Il PD alla ricerca di una politica

Paolo Pombeni - 07.12.2022

Quel che sta avvenendo in ciò che resta del partito che puntò a fondare una versione italiana del bipartitismo/bipolarismo non è entusiasmante: né per la diatriba che si è accesa sulla riscrittura della sua carta dei principi e dei valori, né per la competizione su chi debba essere il segretario del partito nel momento in cui si punta ad un qualche tipo di rinascita.

Sul primo versante verrebbe banalmente da dire che i “manifesti” sarebbe meglio affidarli a dei pensatori politici veri piuttosto che ad una platea di una novantina di delegati scelti con criteri abbastanza oscuri e privi, senza offesa, di quella caratteristica. Piuttosto che a scrivere documenti di principio sarebbe meglio che una forza politica si dedicasse a produrre progetti e azioni sul “che fare”, perché è su questo terreno che si può puntare all’allargamento dei consensi e al dialogo/confronto con le altre forze politiche. Dedicarsi all’accademia che discetta su cosa sia veramente un valore da promuovere lascia il tempo che trova e produce più che altro sofismi, a meno che non si dica come ci si propone di tradurre le teorie in realtà e con quali mezzi si ritiene di poterlo fare con successo.

Molti decenni fa era stato di leggi tutto

L’incognita del Terzo Polo

Paolo Pombeni - 30.11.2022

Si può discutere se l’alleanza fra Azione e Italia Viva sia appropriatamente definita “terzo polo” o se, visto che i Cinque Stelle non vogliono fare “polo” col PD e che hanno il doppio dei suoi consensi, non sia più esatto definirla un “quarto polo”. Non è una questione di lana caprina, se vogliamo ragionarci un poco.

L’idea del terzo polo nasceva dalla tesi che esistessero due poli tradizionali, la destra e la sinistra, certamente piuttosto divisi e variegati nelle rispettive compagini, ma tenuti insieme ciascuno dalla normale divisione in due del campo politico. Si trattava di vedere se in mezzo ci fosse spazio per un qualcosa che non voleva appartenere né all’uno, né all’altro campo. Da questo punto di vista è una vecchia questione non solo della politica italiana, e cioè lo spazio che ci può essere per un partito “di centro”. Nella nostra storia l’esperimento di maggior successo e anche l’unico di quel tipo  è stata la Democrazia Cristiana che da un lato ha rifiutato di collocarsi o nella destra o nella sinistra dello schieramento e che dall’altro ha cercato, in verità con alterne fortune, di tenersi dentro tanto istanze di destra quanto istanze di sinistra.

Nella situazione attuale il quadro è troppo leggi tutto