Ultimo Aggiornamento:
01 maggio 2024
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Dunkirk di Christopher Nolan. Il ritorno dell’epica di guerra (e l’involontario omaggio all’arroganza).

Marco Mondini - 09.09.2017

Una pellicola enigmatica.

You can’t blame Christopher Nolan for Brexit («non possiamo rimproverare Christopher Nolan per la Brexit») ha scritto il Guardian il 20 luglio scorso. Non c’è dubbio. Quando il referendum britannico sulla permanenza nell’Unione Europea si è tenuto, nel giugno 2016, l’ultimo film del regista anglo-americano, era già in fase avanzata di lavorazione: scritta la sceneggiatura, scelti gli attori e iniziate le riprese.Era da anni che Nolan meditava di raccontare al cinema l’operazione Dynamo, la leggendaria evacuazione delle truppe britanniche (e francesi), accerchiate dai tedeschi nella sacca di Dunquerque e miracolosamente riportate in Inghilterra negli ultimi giorni del maggio 1940, e comunque dal 2015 che si parlava della produzione del film.Eppure,lo spettatore europeo sfugge difficilmente alla sensazione che Dunkirk sia un inno trionfante all’orgoglio, al solipsismo e, per dirla tutta, all’arroganza britannica. Nolan, come la stragrande maggioranza degli intellettuali, degli artisti e in generale delle persone colte del Regno Unito, sarà anche personalmente contrariato dall’inopinata decisione dei suoi compatrioti, ma la sua pellicola possiede tutti gli ingredienti per assurgere al rango di emblema del neo isolazionismo dell’era Brexit.

 

Niente paura, siamo inglesi. leggi tutto

Le colpe dei padri.

Marco Mondini - 12.10.2016

L’uomo che ho ucciso

 

«Se muoiono i loro figli, noi brindiamo con la birra e la chiamiamo vittoria. Se muoiono i nostri figli, loro brindano con il vino e la chiamiamo sconfitta» proclama il dottor Holderlin in Broken Lullaby, film che Ernst Lubitsch realizza alla fine del 1931. In questo coraggioso adattamento cinematografico del dramma L’homme que j’ai tué di Maurice Rostand, si ritrova tutto il trauma del regista tedesco, artista colto e cosmopolita, di fronte alla recrudescenza del nazionalismo tedesco negli anni Trenta, rivelazione di una Germania incapace di smobilitare la propria cultura di guerra e di seppellire l’ascia del revanscismo. Di lì a poco, il nazismo di Adolf Hitler avrebbe conquistato il potere. Gli squallidi frequentatori di birreria che proclamano la necessità di una vendetta contro la Francia, contro cui il personaggio di Holderlin si scaglia, avrebbero a quel punto inneggiato ai quadrati delle camicie brune, o forse sarebbero divenuti alcuni di quegli «uomini comuni» su cui si basava la forza totalitaria del regime, contribuendo a precipitare la Germania nell’abisso di un’altra sconfitta.

Da questo testo, tra le più interessanti testimonianze del fallimento dello «spirito di Locarno» nell’Europa che stava scivolando verso la Seconda Guerra Mondiale, François Ozon ha tratto ora Frantz, leggi tutto

Non ci sono più i golpe di una volta…

Marco Mondini - 20.07.2016

Il dittatore dello stato libero di Bananas

 

In una delle sequenze più geniali di Bananas (1971), Woody Allen mette in scena un reparto di mercenari assoldati dalla CIA in volo per partecipare all’ennesimo golpe nello staterello immaginario di Bananas. Alla domanda di un soldato «si combatte per o contro il governo?», qualcuno prontamente replica «l’Agenzia non vuole correre rischi questa volta. Metà di noi sono per e metà di noi contro il governo». Che tra la commedia di Allen e il tentativo (presunto tentativo? falso tentativo?) di colpo di stato militare in Turchia fallito nella notte tra venerdì e sabato scorsi ci siano delle assonanze grottesche, è un’evidenza. Che il disorientamento e la confusione abbiano dominato anche nel racconto degli eventi da parte dei media italiani, è un’altra. Chi ha assistito alla lunga diretta che le emittenti all news in chiaro (RaiNews24, Sky News) e La7 hanno dedicato al racconto di ciò che stava succedendo a Istanbul e Ankara, ha raramente avuto la possibilità di comprendere ciò che stava succedendo, quali erano gli attori del gioco e soprattutto quali potessero essere gli scenari probabili. Solo una parte di questo pasticciaccio brutto della mancata informazione italiana può essere addebitato alla obiettiva confusione leggi tutto

Il centenario disperso. Le commemorazioni della Grande Guerra e l’identità comune europea.

Marco Mondini - 15.07.2014

Le commemorazioni del 1914 stanno riproducendo una memoria frammentata – ovverosia ancora integralmente ed esclusivamente nazionale – del grande conflitto europeo? Il grido d’allarme è stato lanciato sulle pagine di Le Monde da Pierre Lemaitre, autore del fortunato romanzo Au-revoir là haut che l’anno scorso ha ottenuto il Prix Goncourt riesumando (è il caso di dirlo) la narrazione fantastica ma verosimile delle vicende rocambolesche di due sopravvissuti al fronte occidentale. Non c’è dubbio che i primi passi del rituale pubblico del centenario non assomiglino molto a quel grandioso lavacro purificatore degli egoismi nazionali che molti avevano, non senza un tocco di ingenuità, auspicato. «Le differenti memorie della Prima Guerra Mondiale mettono in luce l’inesistenza di una memoria collettiva europea» per citare la Mission du centenaire francese, uno dei pochi registi istituzionali del caravanserraglio memoriale ad essersi mosso per tempo (il centenario transalpino è stato aperto ufficialmente a novembre dell’anno scorso) con una strategia mediatica più o meno coerente e con palesi appetiti di egemonia culturale anche extra-nazionali. Lo stesso Presidente della Repubblica Napolitano, in una lettera aperta pubblicata sulle pagine di “Repubblica”, e poi ancora nel suo discorso di apertura delle cerimonie del centenario italiano, inaugurato simbolicamente a Redipuglia il 6 luglio leggi tutto