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La vendetta della première dame

Riccardo Brizzi - 11.09.2014
Valerie Trierweiler

«Dolce è la vendetta, soprattutto per le donne», recita un verso del Don Giovanni di Lord Byron, che non deve essere passato inosservato a Valérie Trierweiler. In effetti all'indomani della crisi del governo Valls, mentre il clima nella maggioranza appare tesissimo e si registrano i primi inciampi nella formazione del nuovo esecutivo, il racconto dettagliato dell'ex compagna del presidente della sua relazione con Hollande, appare la classica pugnalata alla schiena. A coronare la tragicommedia politico-personale di Hollande mancava solo il castigo letterario di Valérie.

Sgombriamo il campo dagli equivoci: «Merci pour ce moment» non è una bomba, è fuffa. L'indignazione postuma della figlia di un invalido e di una cassiera di supermercato verso il disprezzo classista del presidente - che in privato  chiamerebbe «sdentati» i meno abbienti - è quantomeno sospetta. E il travaglio interiore di colei che ha avuto accesso all'Eliseo soltanto dalla laterale avenue de Marigny, e non dall'ingresso d'onore, lascia poco spazio all'immedesimazione dei comuni mortali.

 

Hollande e il baratro dell'impopolarità

 

Merci pour ce moment non è nemmeno la ragione principale del vento di panico che spira su Hollande, presidente più impopolare nella storia della V Repubblica, con appena il 13% di opinioni favorevoli a meno di metà mandato. La curva dell'impopolarità presidenziale è indicizzata anzitutto su quelle della disoccupazione, della crescita, del potere d'acquisto e della pressione fiscale. Ancor più del suo predecessore Hollande è vittima di un'assenza di risultati di fronte alla crisi. Il discredito è stato da subito massimo a destra, si è poi allargato ai simpatizzanti del Front de gauche e agli ecologisti, estendendosi infine all'elettorato socialista. La politica condotta da Ayrault prima e da Valls poi, non solo si è dimostrata inefficace ma è apparsa agli occhi di un numero crescente di elettori del PS come una politica contraria agli impegni presi in campagna elettorale dal candidato Hollande, presentatosi come l'alfiere della crescita che avrebbe posto fine alla stagione d'austerità imposta dal tandem Merkel-Sarkozy. Il capo dello Stato paga contemporaneamente la propria impotenza e il proprio tradimento.

Il terzo fattore che spiega il crollo verticale di popolarità di Hollande è legato alla carenza di autorità presidenziale. Una debolezza palesata tanto dall'incapacità di controllare una litigiosa compagine governativa, quanto dalla poco oculata gestione della vita privata durante un mandato inaugurato con il «tweet assassino» di Valérie in occasione delle legislative del 2012 sino al recente regolamento di conti editoriale, passando per il maldestro tentativo di mascherare dietro un casco integrale la liaison clandestina con l'attrice Julie Gayet. 

Fragilità politiche e personali si intrecciano inestricabilmente e spingono Hollande nel baratro dell'impopolarità, minando alla base la dimensione simbolica del potere.

 

Il ruolo della première dame e il declino dell'autorità presidenziale

 

Merci pour ce moment non è la ragione della crisi di autorità presidenziale, ne è piuttosto una spia. Uno spunto è fornito da un altro libro edito in questo scorcio di fine estate in Francia, Premières dames (Perrin, 2014). Ė un affresco che Robert Schneider dedica alle mogli e compagne dei sette presidenti della V Repubblica e che illustra la distanza siderale tra il modello instaurato da Yvonne de Gaulle nel 1958 e quello attuale. Per mezzo secolo la première dame ha «sopportato di tutto», dalle umiliazioni di un ruolo puramente decorativo alle intemperanze sentimentali dei propri mariti (Danielle Mitterrand protesse la seconda famiglia del presidente, mentre Bernadette Chirac diventò lo zimbello dei media che la ritraevano sola nel letto ad attendere il ritorno dalla scappatella del marito, ribattezzato «Cinque minuti doccia compresa»). Negli ultimi anni, invece, la vita privata ha colpito con la regolarità di un metronomo la traiettoria politica dei presidenti, spesso in momenti delicati, dall'allontanamento di Cécilia Sarkozy tra i due turni delle presidenziali del 2007 al recente libro della Trierweiler. Schneider spiega questa evoluzione con l'emancipazione femminile che ha reso anacronistico il ruolo «per procura» della première dame. Occorre però considerare le evoluzioni politiche che hanno contribuito a precarizzare un potere presidenziale che un tempo era pienamente legittimato dall'investitura elettorale.

Nell'ipermediatizzata democrazia d'opinione attuale la legittimità politica non è più garantita dalla sola elezione e non risponde più in maniera esclusiva ai tempi lunghi della legittimità istituzionale ma è strettamente condizionata da fattori congiunturali legati alla sfera della comunicazione, dell'immagine, agli indici di popolarità e alla crescente contaminazione tra sfera pubblica e privata. Un'evoluzione che ha portato le premières dames alla consapevolezza di non rivestire più un ruolo esclusivamente «per procura» ma pienamente attivo nel determinare le sorti politiche dei loro congiunti. E all'ambizione di esercitarlo.

Prima di reclamare rispetto per la «sacralità» del potere presidenziale Hollande dovrebbe riflettere sui limiti del proprio esercizio e, secondariamente, sul fatto che si tratta di una funzione che non ha

più il controllo di un fattore decisivo quale il tempo, ma che è sottoposta agli eventi, alle oscillazioni dei sondaggi, agli annunci dei risultati economici, alle scadenze elettorali intermedie e anche alle vendette letterarie di ex compagne rancorose.