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I conti con l’imprevisto

Paolo Pombeni - 21.03.2015
Gaetano Quagliariello e Matteo Renzi

Matteo Renzi deve adesso fare i conti con l’imprevisto, cioè con la bufera mediatica che si è scatenata attorno al caso Lupi. Le dimissioni del ministro, che probabilmente si pensa da più parti siano risolutive per mettere la polvere sotto il tappeto, dubitiamo possano servire allo scopo.

Prima di tutto perché siamo ormai in piena fase pre-elettorale e fra poco meno di due mesi e mezzo si vota. In sé il tempo potrebbe essere sufficiente per smorzare l’interesse dei media verso l’ennesima storia che sembra intrecci corruzione e ingenuità, la prima, a stare a quel che si sa, da parte della alta burocrazia, la seconda, sempre per quel che si sa per adesso, da parte del ministro: il tutto con il contorno di un mondo di affaristi che prosperano grazie al combinarsi dei due fattori.

Anche a prescindere dal merito stretto della vicenda, non c’è da dubitare che le opposizioni, cioè tanto la Lega da un versante, quanto i grillini e Sel dall’altro, non lasceranno cadere un’arma così utile per una campagna populistica. In fondo ci sono tutti gli ingredienti che piacciono ad un certo genere di opinione pubblica: più che la grande corruzione, la vanità delle persone, che non resistono a farsi regalare orologi di pregio, vestiti e vacanze.

Il partito di Renzi, perché di questo ormai si tratta visto che il PD non è esattamente schierato compatto dietro il suo leader, farà fatica a controbattere una campagna mediatica che ha molto combustibile ad alimentarla, visto che ci sono i verbali di circa due anni di intercettazioni e che i politici al telefono parlano linguaggi molto disinvolti, roba che si presta benissimo a tutte le manipolazioni.

In più dovrà vedersela col risentimento del Nuovo Centro Destra, un partito in cui Lupi conta molto, tanto che già si pronostica che sarà nominato capogruppo alla Camera. Nel rimpasto di governo, ammesso che ci si arrivi, Renzi non può offrire molto per sedare le brame di rivalsa dei suoi alleati. Sembra difficile possa ridare loro le infrastrutture, a meno di non svuotarle di poteri, il che però sarebbe un aggiustamento peggio della toppa e del resto NCD non ha un personaggio simbolo che possa occupare quella poltrona senza alimentare ulteriormente la campagna attorno al caso Lupi.

La voce che gira adesso di una nomina di Gaetano Quagliariello agli affari regionali indica una soluzione che costituirebbe semplicemente uno spreco di intelligenza. Il politico che come ex responsabile del dicastero delle riforme, ma anche per quanto ha fatto prima, gode di un suo prestigio anche fra gli avversari, perché è persona colta con un buon background di razionalità, sarebbe messo in una condizione non agevole infilandolo in un ministero che, diciamo la verità, conta pochissimo (tanto è vero che è vacante da tempo e quasi nessuno se ne è lamentato).

Certamente Alfano non ha molte possibilità di rompere l’alleanza governativa, perché significherebbe perdere del tutto la rete di clientele che, specie al sud, mantiene il suo partito in linea di galleggiamento, però se non riesce a rivendicare un trattamento più dignitoso difficilmente attirerà i voti dei delusi del berlusconismo, che sono quelli su cui sperava di poter contare per trovare uno spazio politico di dimensioni dignitose.

Teniamo anche conto che Renzi da qui alle elezioni deve stare molto attento a come muoversi, perché lo scontro con la sinistra del suo partito non è una partita semplicissima. In un paese coi nervi a pezzi come è l’Italia in questo momento, il richiamo dei Landini di turno non è automaticamente destinato a suscitare solo entusiasmi di frange marginali e la pressione del M5S continua, adesso in modo molto più tatticamente abile di qualche mese fa (basta vedere come hanno preso a girare per i talk show).

Ovviamente Renzi punta sull’effetto della ripresa economica, per limitata che possa essere, soprattutto sulla riapertura di un po’ di dinamismo nel mercato del lavoro. Lui per primo però sa che l’acquisizione dell’effetto psicologico che viene da questi elementi richiede più tempo, perché la corrispondenza fra inizio della ripresa e sua percezione non è immaginabile come immediato (perché lo fosse si dovrebbe avere un balzo in avanti eclatante, ma questo non sembra proprio alle viste).

Naturalmente fra gli imprevisti ci sono anche quelli che non è facile catalogare per gli effetti che possono avere. L’allargarsi delle fiammate del terrorismo islamico, per esempio, possono avere due effetti contrastanti: essere un elemento che porta combustibile al fuoco della Lega e degli altri populismi, oppure essere una ragione per schierarsi in una sorta di “unione nazionale” attorno al governo per rispondere ad un pericolo che preme alle nostre frontiere.

Certamente adesso Renzi dovrebbe rivedere la sua strategia, perché non gli basterà più la capacità comunicativa basata sulla narrazione di un “cambio di verso” grazie all’avvento suo e di una nuova classe dirigente. L’episodio Lupi-Incalza trasmette al momento la narrazione di una vita politica che, tutto sommato, è rimasta quella dei vecchi tempi di tangentopoli e si tratta di una narrazione che ha anche troppi menestrelli che la raccontano in giro per le nuove piazze mediatiche.