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Alain Juppé, ovvero il momento di gloria dell’“usato sicuro”.

Michele Marchi - 21.10.2014
Alain Juppé

In Francia si è diffusa una vera e propria “Juppé-mania”. L’evento è doppiamente interessante. Se sulla competenza di Juppé non si è mai discusso, non hanno mai convinto il suo scarso carisma e la sua debole propensione ad essere in sintonia con il Paese, né è mai stata apprezzata la sua presenza negli angoli meno chiari, soprattutto da un punto di vista economico, della storia del movimento gollista. L’ondata di fiducia nei confronti del sindaco di Bordeaux è ancora più significativa se si pensa che non è stata scalfita nemmeno dal rientro in campo di Nicolas Sarkozy, impegnato oramai da un mese nella corsa per la presidenza dell’UMP. Come si spiega il consenso di Alain Juppé? Quali sono le reali possibilità di vederlo candidato all’Eliseo nel 2017? Per avanzare qualche ipotesi, è necessario ricordare chi è Juppé.

Da sempre uomo di fiducia di Jacques Chirac, Juppé viene eletto al Parlamento europeo nel 1984 sull’onda del trionfo della lista RPR-UDF guidata da Simone Veil. Ben presto lascia Strasburgo perché nel 1986 è ministro del Bilancio e portavoce del primo governo di coabitazione della Quinta Repubblica, non a caso guidato dallo stesso Chirac. Nel 1993 è poi nuovamente al governo, come ministro degli Esteri, nel secondo esecutivo di coabitazione, questa volta con Edouard Balladur a Matignon. L’elezione a presidente della Repubblica di Chirac nel 1995 lo conduce a sua volta a Matignon, dove resta due anni, sino alla scellerata scelta dello stesso presidente di sciogliere l’Assemblea nazionale. Nel 1995 Juppé avvia anche la sua lunghissima carriera di sindaco di Bordeaux. Lo è tutt’oggi, rieletto trionfalmente al primo turno con oltre il 60%, alle municipali di primavera. Nell’ultimo ventennio, solo tra il 2004 e il 2006 non ha ricoperto questa carica, per problemi giudiziari. La condanna subita il 1 dicembre 2004 - quattordici mesi con condizionale più un anno di ineleggibilità per false assunzioni al municipio di Parigi ad inizio anni Novanta quando Chirac era ancora sindaco - sembrava  averlo tagliato fuori dai giochi. Juppé, dopo un periodo trascorso totalmente fuori dalla politica e dal Paese, (ad insegnare in Canada), è ritornato sul finire 2006, per ripartire dalla “sua” Bordeaux, che lo ha trionfalmente rieletto sindaco nel 2008 con il 55% al primo turno. La riabilitazione si è poi completata con il suo ingresso nella compagine di governo di Sarkozy, a partire dal 2010, prima come ministro della difesa e poi come responsabile degli esteri. Oggi, oltre all’incarico locale, Juppé è tornato a dedicarsi all’UMP, che aveva fondato nel 2002 su incarico del rieletto presidente Chirac. Infatti, è uno dei tre “saggi” (gli altri sono François Fillon e Jean-Pierre Raffarin) che stanno traghettando il partito in gravi difficoltà politiche, economiche e giudiziarie, alle primarie interne per la presidenza di fine novembre.

Ebbene Juppé a fine agosto, senza informare i suoi più stretti collaboratori, dal blog personale (sul quale periodicamente pubblica interessanti analisi), ha annunciato la sua candidatura per le primarie “aperte” che il centro-destra svolgerà a fine 2016 per scegliere il candidato all’Eliseo. Da quel momento il suo livello di popolarità, già alto, è cresciuto e soprattutto non è stato intaccato dal ritorno sulla scena dell’ex presidente Sarkozy. L’ultimo sondaggio di metà ottobre parla di Juppé come del politico più gradito ai francesi con oltre il 60% di giudizi positivi, mentre Sarkozy, dopo diverse decine di apparizioni pubbliche, si deve accontentare di poco più del 40% (Marine Le Pen è sotto la soglia del 40% e il “povero” Hollande a stento raggiunge il 20%).

Due domande da porsi. Perché Juppé abbia così anticipato la sua decisione e d’altra parte a cosa si debba questo livello di fiducia. Rispetto alla prima, la decisione di Juppé è stata assunta quasi certamente per spingere Sarkozy ad uscire allo scoperto e costringerlo a correre per la guida del partito. È vero che Sarkozy avrà l’apparato a sua disposizione, in realtà un partito come si è detto in grandissima difficoltà. Dall’altro però l’ex presidente dovrà tornare ad occuparsi di “bassa politica”, dovrà fare il capo dell’opposizione alla coppia Hollande-Valls, mentre Juppé potrà limitarsi a preparare il suo programma elettorale e, se la crisi economica dovesse proseguire, presentarsi nell’autunno 2016 come il candidato della competenza e dell’equilibrio, dopo lo sfascio dei cinque anni di Hollande e le visioni, anche se differenti, ma comunque entrambe divisive, di Sarkozy e Marine Le Pen.

E qui si passa alla risposta alla seconda domanda. Come mai questo successo? Innanzitutto perché in questa fase di crisi i francesi apprezzano la competenza e l’esperienza di Juppé. In fondo Hollande è prima di tutto criticato per l’immagine “dilettantesca” che lui, e ancor più la sua squadra di governo, stanno offrendo. Dopo il “presidente normale”, che prima di entrare all’Eliseo non aveva mai svolto un incarico di governo, Juppé sarebbe il presidente della competenza, che nell’ultimo trentennio ha ricoperto tutti gli incarichi di governo più prestigiosi, compreso quello di Primo ministro. In secondo luogo, colui che Chirac ha sempre definito “il più intelligente tra noi gollisti”, sembra finalmente essere entrato in sintonia con gli umori popolari. I francesi gradiscono la sua riflessività ed hanno apprezzato che, dopo le accuse e la condanna (in realtà in molti ritengono che Juppé abbia pagato al posto di Chirac), egli abbia abbandonato gli incarichi istituzionali e di partito e si sia sottoposto ad una sorta di “traversata del deserto” politica e personale. Infine Juppé gode di questa ondata di successo proprio perché rappresenta l’anti-Sarkozy. Come ha dichiarato pochi giorni fa il deputato della Savoia ed ex ministro Hervé Gaymard (uno degli uomini forti della sua squadra) “laddove Sarkozy mette elettricità, Juppé rassicura e calma gli animi”. Le prime mosse di Sarkozy non sembrano aver soddisfatto in particolare l’elettorato più moderato dell’UMP, che si riconosce al contrario nel riformismo liberale, centrista ed europeista di Juppé.

A questo punto la partita si dovrebbe delineare in questo modo. Sarkozy dovrebbe assicurarsi agevolmente la guida del partito. Le elezioni di fine novembre sono aperte solo agli iscritti, vero zoccolo duro dei suoi sostenitori. Importante per lui sarà ottenere una sorta di plebiscito (sotto al 70% si tratterebbe di un mezzo flop). Bisognerà poi vedere cosa vorrà fare dell’UMP. Fino ad oggi ha parlato in maniera non chiara di rifondazione sia materiale, sia ideologica. C’è da attendersi qualche novità.

Juppé, dal canto suo, è un candidato forte per le primarie aperte di fine 2016. Si tratterà di un voto allargato a tutti i simpatizzanti di centro-destra, anche ai non iscritti e soprattutto anche agli elettori centristi (Bayrou si è espresso per il sindaco di Bordeaux) e a quelli socialisti delusi da Hollande. I dubbi sull’età (nel 2017 avrà 72 anni) sono stati aggirati affermando che la sua sarà una candidatura per un solo mandato e dunque condotta con il massimo della libertà, non dovendo garantirsi la rielezione.

Questo è il quadro di massima. Complicato e rischioso diffondersi in previsioni, sia perché ci troviamo solo a metà del mandato di Hollande, sia perché il 2015 sarà un anno elettorale importante (le regionali), sia perché il percorso di “dédiabolisation” del FN di Marine Le Pen è in evoluzione. La leader frontista ha di recente addirittura parlato dell’ipotesi di un cambio di nome del. Infine il dato economico potrà senza dubbio mutare gli umori dell’elettorato, in caso di una ripresa o di un ulteriore peggioramento.

Al momento si può dire con certezza che Juppé è un ottimo candidato da ballottaggio, un profilo perfetto per “rassembler”, in un doppio turno contro Marine Le Pen, ma, in fondo, anche contro un socialista (che si tratti di Hollande  o di un volto nuovo). Il punto è capire se sia un buon candidato al primo turno, quando si deve fare il pieno di voti nel proprio campo e magari riprendersi parte degli elettori UMP che in questi ultimi anni stanno sempre più di frequente scegliendo il FN. In questa sorta di “lavoro sporco” Sarkozy offre forse ancora garanzie migliori.  Infine qualcosa di più si potrà dire una volta che, a confrontarsi, saranno i programmi e le proposte per portare la Francia fuori dalla peggiore crisi che il Paese abbia vissuto dal dopoguerra. Oggi si è ancora ad un livello umorale, quasi primordiale, legato a pulsioni e sensazioni. Che anche da questo punto di vista l’oramai ex “antipatico” Juppé ottenga ottimi risultati, è comunque dal suo punto di vista, una notizia piuttosto confortante.