Ultimo Aggiornamento:
01 maggio 2024
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Il rompicapo europeo

Riccardo Brizzi - 19.07.2014

Dopo lo psicodramma che ha accompagnato la nomina di Jean-Claude Juncker alla testa della Commissione, all'indomani della fumata nera di mercoledì scorso la Ue si ritrova nuovamente arenata nelle secche di una partita di nomine ai vertici delle istituzioni comunitarie.

«E' un peccato, ma la situazione non è drammatica [...].Ho già partecipato alla formazione di otto governi [in Belgio]. Sono questioni che richiedono tempo» ha affermato Herman Van Rompuy uscendo dal vertice che sanciva il fallimento di tre settimane di consultazioni con le ventotto capitali.

Dopo l'elezione del popolare lussemburghese Jean-Claude Juncker alla testa della Commissione, l'attribuzione degli incarichi di presidente del Consiglio, Alto Rappresentante e dei portafogli più pesanti della commissione risponde a delicati equilibri politici destra-sinistra, geografici nord-sud/est-ovest, ma anche a bilanciamenti di genere e generazionali. Un vero rompicapo. Van Rompuy era stato incaricato di proporre un «pacchetto» che prendesse in considerazione anche la presidenza permanente dell'Eurogruppo, che dovrebbe essere attribuita al ministro spagnolo dell'Economia, il conservatore Luis de Guindos. Ma i capi di Stato e di governo nei loro calcoli tenevano in considerazione anche la Commissione europea, con l'obiettivo di ottenere portafogli di peso per il proprio paese, rendendo l'equilibrismo diplomatico sempre più difficile e suscitando la ferma opposizione di Juncker. Il neo presidente dell'esecutivo europeo non ha abdicato alle proprie prerogative, rifiutandosi di anticipare la distribuzione dei portafogli in una notte, sotto la pressione diretta di capi di Stato e di governo dalle richieste spesso contraddittorie. leggi tutto

Una doccia fredda per il Front national

Riccardo Brizzi - 01.07.2014

Nonostante tra i due non corra buon sangue Jean-Marie Le Pen avrebbe comunque potuto insegnare alla figlia Marine una vecchia lezione dell'Ue: l'eurofobia non è quasi mai un collante sufficiente per formare (e tenere coeso) un eurogruppo all'interno del Parlamento di Strasburgo. All'indomani del successo alle europee, la leader del Front national (FN) aveva annunciato che l'emiciclo europeo sarebbe stato un «trampolino» per il proprio movimento. Rischia invece di diventare il teatro della prima delusione politica dopo due anni di crescita elettorale continua (dalle presidenziali alle europee, passando per legislative e municipali). leggi tutto

L'Unione europea alla ricerca di un capo

Riccardo Brizzi - 07.06.2014

A due settimane dalle elezioni europee il nuovo organigramma europeo è ancora lungi dall'essere definito. A partire dal posto più ambito, quello di presidente della Commissione europea, per il quale la partita si sta rivelando decisamente più complessa del previsto, con una serie di veti incrociati tanto a livello istituzionale che intergovernativo. A rendere questo stallo potenzialmente esplosivo è il combinato disposto delle rinnovate ambizioni dell'Europarlamento, del tradizionale euroscetticismo dei governi britannici e di un esito elettorale ambiguo che, senza decretare vincitori in maniera chiara, ha sancito una preoccupante crescita dell'euroscetticismo manifestatasi in tutta la sua portata lungo l'asse Parigi-Londra-Copenaghen. leggi tutto

L'assalto disordinato degli eurofobi alla vecchia Europa

Riccardo Brizzi - 27.05.2014

Alla vigilia delle prime elezioni europee dallo scoppio della crisi dell'eurozona (2010), gli osservatori erano concordi nel prevedere l'affermazione di due protagonisti: l'astensione e l'eurofobia. Le urne hanno invece riservato alcune sorprese.

 

Un'affluenza stabile

 

A partire dal tasso di affluenza (43,1%) che aumenta di un decimale rispetto a cinque anni fa. Il dato non è certo la spia di un rinnovato euroentusiasmo ma si tratta comunque di un'inversione di tendenza se si considera che l'affluenza era costantemente diminuita dal 1979 (62%) in avanti, sino al 43% del 2009. L'Italia (-8% di affluenza rispetto al 2009) si distingue rispetto agli altri «grandi» d'Europa: in Germania (+5%), Francia (+2,5%) e Regno Unito (+1,5%)  infatti le urne sono state più frequentate rispetto a cinque anni fa. La partecipazione è ulteriormente diminuita invece nei paesi dell'Europa centro-orientale, con tassi d'astensionismo impressionanti quasi dappertutto, a partire dalla Slovacchia (87%), Repubblica ceca (80,5%), Slovenia (79%) e Polonia (77%). leggi tutto

La comunicazione di Monsieur Valls

Riccardo Brizzi - 24.04.2014

Correva il lontano 6 aprile 1982 quando Manuel Valls registrò la sua «prima» televisiva. Appena diciannovenne intervenne nella trasmissione «Tribune libre» su France3, come rappresentante dei giovani socialisti, bacchettando con disinvoltura la strategia di nazionalizzazioni promossa dal capo dello Stato, François Mitterrand. Un talento naturale che Valls ha fatto fruttare nel tempo, affinando l'esercizio prima come portavoce di Lionel Jospin durante il governo della «sinistra plurale» (1997-2002), poi come responsabile della comunicazione di François Hollande durante la campagna presidenziale del 2012, e infine servendosi dell'incarico di ministro degli Interni per farne (come, a suo tempo, Sarkozy) il fulcro di un incessante presenzialismo mediatico (che gli ha permesso di raddoppiare la propria popolarità, passata in pochi mesi dal 30% al 60%, diventando la personalità politica più apprezzata dai francesi). Valls appare in realtà come l'ultimo prodotto di una nuova generazione di leader consapevoli di come nelle democrazie contemporanee l'azione politica debba essere condotta in perfetta integrazione con le esigenze e i vincoli di società iper-mediatizzate. leggi tutto

Parigi val bene un Primo Ministro

Riccardo Brizzi - 15.04.2014

Fare il Primo ministro della V Repubblica francese non è mai stato un mestiere semplice. Né tantomeno si tratta di un impiego stabile. Chiedere ai venti predecessori di Manuel Valls per avere conferma.  Si può essere sollevati dall'incarico perché il capo dello Stato ritiene conclusa una stagione politica, come accadde nel 1962 a Michel Debré, all'indomani dell'indipendenza algerina. O perché il presidente della Repubblica ha sciolto le camere in maniera maldestra, come fece Chirac nel 1997, chiudendo anzitempo l'esperienza governativa del suo braccio destro Juppé per ritrovarsi a coabitare con il socialista Jospin. Si può essere congedati perché il credito di cui si gode nell'opinione pubblica inizia a fare ombra all'Eliseo, come accadde a Pompidou, sostituito dopo gli eventi del maggio 1968 dal Generale de Gaulle, indispettito dall'autorevolezza acquisita in quel frangente dal Primo ministro. Il caso più frequente è tuttavia quello di fungere da capro espiatorio dopo una grave sconfitta elettorale. leggi tutto