Ultimo Aggiornamento:
24 aprile 2024
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Vince Alternative für Deutschland, ma non è il «trionfo degli anti-immigrati»

Gabriele D'Ottavio - 15.03.2016

La crisi dei profughi domina il dibattito politico tedesco ormai da diversi mesi. Era quindi facile prevedere che il tema della politica migratoria giocasse un ruolo importante nelle elezioni per il rinnovo delle assemblee regionali in Baden-Württemberg, Renania-Palatinato e Sassonia-Anhalt. Nessun analista ha saputo, però, prevedere l’entità del successo conseguito domenica scorsa da Alternative für Deutschland (AfD), l’unico partito apertamente contrario alla politica di accoglienza avviata da Angela Merkel. In tutti e tre i Länder in cui si è votato, il partito guidato da Frauke Petry ha conseguito un risultato migliore di quello che era stato pronosticato alla vigilia: il 15,1% dei consensi nella ricchissima e industrializzata regione Baden-Württemberg a sud-ovest, il 12,6% nel confinante Renania-Palatinato e addirittura un clamoroso 24,2% nel Land orientale Sassonia-Anhalt. Il dato politico più rilevante che emerge dal voto è sicuramente l’attestazione di uno nuovo partito sul lato destro dello spazio politico.   

Non convince invece l’analisi che è stata accreditata ieri dalle prime pagine dei principali quotidiani italiani secondo cui il voto di domenica avrebbe rappresentato uno «schiaffo alla Merkel» e in particolare alla sua politica di apertura ai migranti. Dai primi studi dei flussi elettorali emerge che AfD è riuscita a sottrarre voti non solo al partito della Cancelliera, la CDU, ma a tutti i partiti tradizionali. leggi tutto

La Cancelliera del mondo libero

Gabriele D'Ottavio - 15.12.2015

L’anno scorso il tributo è venuto dal quotidiano britannico «Times», questa volta ci ha pensato il settimanale americano «Time» a eleggere Angela Merkel “persona dell’anno”, mettendola in cima a una lista di soli uomini e assegnandole il titolo di “Cancelliera del mondo libero”. Non si tratta di un atto di gentilhommerie (per la prima volta dal 1986 la scelta è caduta su una donna), ma di un riconoscimento che è stato motivato sulla base del ruolo internazionale avuto dalla Cancelliera tedesca: dopo la crisi economica, Merkel ha preso di petto quella dei rifugiati e, secondo quanto si legge nella motivazione del «Time», si sarebbe “opposta fermamente alla tirannia, fornendo una leadership morale decisa in un mondo che ne è a corto”.

Curiosamente, i media tedeschi non hanno dato particolare risalto alla notizia: un anonimo trafiletto sulla «Frankfurter Allgemeine Zeitung», una breve intervista al pittore irlandese Colin Davidson, autore del ritratto della copertina del «Time», sulla «Süddeutsche Zeitung» e poco altro. Il quotidiano tedesco che ha dato un po’ più di peso al riconoscimento del «Time» è stato il conservatore «Die Welt», che d’altra parte, nell’unico articolo di approfondimento (pubblicato a pagina 11), sembra accreditare la tesi secondo cui il settimanale americano, più che premiare Angela Merkel, abbia voluto denunciare l’inerzia del Presidente Obama. leggi tutto

I 25 anni della riunificazione tedesca, ovvero della memoria divisa degli europei

Gabriele D'Ottavio - 06.10.2015

Il 3 ottobre 1990 avveniva ciò che per decenni era apparso impensabile: la ricomposizione delle due Germanie all’interno di un’unica entità statuale. Gli europei ebbero la certezza che in loro presenza fosse terminata un’intera epoca. Diversi sono, però, i modi in cui questa cesura storica è stata recepita e poi rielaborata. In Germania s’impose da subito una narrazione trionfalistica, che interpretava l’annus mirabilis 1989-1990 come una sorta di punto di non-ritorno alle famigerate «vie speciali», come approdo in Occidente, ovvero come il coronamento di una democrazia riuscita: quella della Repubblica federale tedesca, nata nel 1949 e che quarant’anni dopo estese le sue strutture politiche e legali ai territori della ex Repubblica democratica tedesca. Fuori dai confini tedeschi, invece, gli avvenimenti legati alla riunificazione delle due Germanie furono accolti con sentimenti contrastanti. Se è vero che all’indomani del crollo del muro di Berlino si poté registrare in tutto il mondo (e analogamente in Italia) un’ondata di simpatia nei confronti dei tedeschi, alquanto diversa appare la reazione dell’opinione pubblica internazionale se si guarda alle posizioni assunte nei mesi successivi dalle élite politiche e intellettuali europee. È noto, per esempio, che nel marzo 1990 Margaret Thatcher organizzò un seminario leggi tutto

La Germania perde uno dei protagonisti della Ostpolitik

Gabriele D'Ottavio - 22.08.2015

Giovedì è venuto a mancare Egon Karl-Heinz Bahr, uno degli artefici della Ostpolitik. Egon Bahr era nato il 18 marzo 1922 a Treffurt in Turingia, uno dei Länder Orientali della Germania. Finita la seconda guerra mondiale, cui aveva partecipato come soldato dal 1942 al 1944, Bahr iniziò la sua attività di giornalista come inviato di “Berliner Zeitung”, “Allgemeine Zeitung” e “Tagesspiegel”; dal 1950 al 1960 fu anche caporedattore dell’emittente radiofonica berlinese RIAS. La sua carriera politica fu strettamente legata a quella del suo mentore, nonché amico, Willy Brandt. Iscritto alla Socialdemocrazia tedesca dal 1956, Bahr venne nominato nel 1960 dall’allora borgomastro berlinese portavoce al Senato e direttore dell’ufficio stampa e informazione di Berlino Ovest. Nel 1966, quando Brandt divenne ministro degli Esteri, Bahr fu nominato ambasciatore straordinario e, nel 1967, direttore della Commissione di pianificazione presso l’Auswärtiges Amt. Al culmine della carriera politica di Brandt, Bahr ricevette nel 1969 il doppio incarico di segretario di stato presso la cancelleria e di delegato plenipotenziario della città di Berlino e, nel 1972, divenne ministro agli Affari particolari. La sua attività politica proseguì, tuttavia, anche dopo le dimissioni di Brandt da capo del governo, provocate dallo scandalo Guillaume. Nel luglio 1974 il successore di Brandt, Helmut Schmidt, affidò a Bahr il Ministero per la Cooperazione allo sviluppo, incarico che ricoprì fino al 1976. Membro del Bundestag sin dal 1972, resterà parlamentare fino al 1990, l’anno della riunificazione tedesca. leggi tutto

La crisi greca e le tante narrazioni pretenziose

Gabriele D'Ottavio - 14.07.2015

Nelle ultime settimane, le narrazioni sulla crisi della Grecia si sono accumulate a ritmo serrato. Qualcuno interpreta la situazione attuale come un classico conflitto di potenza tra Paesi creditori e debitori, qualcun altro come uno scontro ideologico, o addirittura come uno scontro di civiltà tra Europa settentrionale e meridionale. Qualcuno enfatizza il primato della politica sull’economia o viceversa quello dell’economia sulla politica. Qualcun altro crede di sapere con certezza chi è il responsabile o, meglio, il colpevole, qualcun altro, più accorto, tende invece a distribuire le responsabilità su tutti gli attori coinvolti. Qualcun altro sostiene di avere capito chi sono i falchi e chi le colombe. Qualcuno ricorre alla teoria del complotto, qualcuno si affida al vecchio luogo comune, qualcun altro ancora evoca scenari e categorie che appartengono a un passato che non c’è più. Insomma, quasi nessuno sembra avere più la pazienza di attendere la conclusione di questo interminabile negoziato europeo. Quasi nessuno sembra ritenere che l’esito finale, qualunque esso sia, possa conferire un significato diverso e più profondo a quel che è avvenuto prima, a quel che sta avvenendo in questi concitati giorni e a quel che potrebbe avvenire dopo. Invece tanti ritengono di poter dire la loro, incuranti del fatto se possono vantare o meno competenze specifiche sull’argomento o almeno un’autorità non autoproclamata. leggi tutto

La «foto di gruppo con signora» dello Spiegel. Un problema solo tedesco?

Gabriele D'Ottavio - 26.03.2015

Un’Angela Merkel sorridente, vestita con abiti dai colori pastello, circondata da sette gerarchi nazisti, con il Partenone sullo sfondo. È questa la foto della copertina dell’ultimo numero dello Spiegel, che ha pubblicato un reportage su come gli europei vedono la Germania dal titolo «Il Quarto Reich». La foto manipolata – quella originale fu scattata nel 1941 – è chiaramente provocatoria. Come ha affermato il caporedattore del settimanale tedesco, Klaus Brinkbäumer, rispondendo alle polemiche sollevate dal quotidiano Süddeutsche Zeitung e da altri quotidiani tedeschi, «non si può fraintendere, a meno che non lo si voglia fare». D’altra parte, l’articolo dello Spiegel avrebbe sicuramente guadagnato in qualità se gli autori, che pure si sono documentati, non si fossero limitati, per negligenza o opportunismo, a citare solo quelle fonti straniere che corroborano l’immagine di un’opinione pubblica europea incline ad accostare i tedeschi di oggi ai nazisti di ieri. È significativo, ad esempio, il fatto che per l’Italia venga citato Il Quarto Reich di Vittorio Feltri e Gennaro Sangiuliano e non Cuore tedesco di Angelo Bolaffi o altri volumi usciti recentemente che cercano di restituire un’immagine meno faziosa e superficiale della Germania al tempo di Angela Merkel.

Tale rilievo nulla toglie al fatto che la questione sollevata dallo Spiegel pone un problema politico e culturale ineludibile. Un problema sicuramente rilevante per la Germania, che è l’unico paese ad avere le credenziali per assumere la leadership in Europa, ma a cui manca ancora l’ingrediente più importante per esercitarla: una piena legittimazione internazionale. leggi tutto

La politica tedesca vista da Amburgo

Gabriele D'Ottavio - 28.02.2015

In Germania le elezioni regionali possono assumere, talvolta, un significato che va al di là del contesto specifico in cui hanno luogo. Nel 2005, per esempio, il Cancelliere Gerhard Schröder decise di porre anticipatamente fine alla legislatura dopo la pesante sconfitta subita in Nordreno-Vestfalia, nel tentativo di arrestare l’emorragia di consensi del suo partito. Le recenti elezioni di Amburgo, che si sono svolte il 15 febbraio scorso, molto probabilmente non avranno alcuna ricaduta rilevante sulla tenuta del governo. L’attuale Grande coalizione gode infatti di una maggioranza amplissima al Bundestag (quasi l’80% dei seggi) e le prossime elezioni politiche, previste per l’autunno 2017, appaiono ancora molto lontane. I risultati ottenuti dalle due principali forze politiche, la Cdu e la Spd, non trovano peraltro alcuna corrispondenza nelle più recenti rilevazioni effettuate a livello nazionale. Dalle urne di Amburgo sono usciti vincitori i socialdemocratici e sconfitti i cristiano-democratici, mentre a livello nazionale tutti i sondaggi danno il partito di Angela Merkel stabilmente sopra la soglia del 40%, con un distacco di oltre 15 punti percentuali sulla Spd, in linea con i risultati delle politiche del settembre 2013. leggi tutto

La Germania e l’Europa. I primi segnali e le ragioni del cambiamento

Gabriele D'Ottavio - 29.01.2015

Ci sono buone ragioni per ritenere che anche la Germania possa rispondere alla crescente domanda di cambiamento, a dispetto della contestata rigidità tedesca sulla politica europea. Anzi, l’impressione è che proprio in Europa il governo tedesco abbia iniziato a mutare atteggiamento, per quanto tale cambiamento possa risultare impercettibile a uno sguardo superficiale. Il modo in cui i media (soprattutto quelli tedeschi) hanno raccontato le ultime decisioni europee non aiutano a cogliere le novità provenienti da Berlino. Il programma di investimenti strategici di Jean Claude Juncker, la maggiore flessibilità nell’applicazione dei vincoli finanziari europei annunciata dalla Commissione europea e soprattutto la nuova politica monetaria espansiva varata dalla Banca centrale europea, infatti, sono state presentate per lo più come misure imposte alla Germania contro la sua volontà. Al riguardo, è singolare che nessuno si sia chiesto come mai le istituzioni europee, che fino a qualche poco tempo fa venivano tacciate di essere eccessivamente sensibili alle preferenze tedesche, abbiano improvvisamente potuto adottare provvedimenti contrari alla linea dell’austerità. In realtà, parlare di decisioni europee subite dalla Germania non solo è riduttivo ma è anche fuorviante. Gli ultimi provvedimenti adottati dalle istituzioni sovranazionali segnalano un’inequivocabile, ancorché parziale, presa di distanza dalla linea rigorista finora dettata dalla Germania leggi tutto

Ultimo atto del semestre italiano sottotono, ma con finale a sorpresa

Gabriele D'Ottavio - 20.01.2015

Gli attacchi terroristici di Parigi e le dimissioni di Napolitano hanno oscurato molte notizie che in circostanze diverse avrebbero probabilmente ricevuto maggiore attenzione dai media italiani. La chiusura del semestre europeo di presidenza italiana è una di queste. A onor del vero, l’ultima giornata del semestre italiano non ha offerto uno spettacolo particolarmente gratificante, a cominciare dall’immagine dell’aula semivuota del Parlamento di Strasburgo in cui Matteo Renzi ha tenuto il suo discorso, per finire con lo «scambio di cortesie» tra il Presidente del Consiglio e il leader della Lega Nord. Approfittando del palcoscenico europeo, l’europarlamentare Matteo Salvini ha duramente attaccato l’operato del governo Renzi, beccandosi per tutta risposta dell’ignorante e del populista.

Chi ha buona memoria ricorderà che anche l’inaugurazione del semestre italiano era stata contrassegnata da un acceso scontro dialettico. Sei mesi fa a criticare il Presidente del Consiglio italiano era stato il neoeletto capogruppo del Ppe, il tedesco Manfred Weber, il quale aveva contestato la richiesta italiana di una maggiore flessibilità nell’applicazione del Patto di stabilità, esprimendo inoltre forti dubbi sulla credibilità progettuale e attuativa del governo italiano rispetto alle tante riforme che erano state annunciate da Renzi. Il Presidente del Consiglio aveva replicato piccato che l’Italia non prendeva lezioni da nessuno, leggi tutto

Germania e Italia a 25 anni della caduta del muro: da storie parallele a divergenti?

Gabriele D'Ottavio - 08.11.2014

Il venticinquesimo anniversario della caduta del muro di Berlino può essere l’occasione per riflettere non solo sulla nuova Germania e sulla nuova Europa (mancata?), ma anche sulla vicenda italiana e sull’evoluzione delle relazioni italo-tedesche dalla fine della guerra fredda a oggi. Nella ricerca storica il paradigma a lungo dominante delle «storie parallele» sembra aver fatto il suo tempo. Tale paradigma si basava su alcuni fenomeni rilevanti che suggerivano l’idea di una sorta di rispecchiamento tra le vicende nazionali di Italia e Germania, principalmente dal punto di vista politico: la costruzione «tardiva» dei due Stati nazionali; i due modelli di regime totalitario; la fondazione «parallela» delle due repubbliche sotto la guida politica di due leader democratico-cristiani, come De Gasperi e Adenauer; la politica di ancoraggio all’Europa e all’Occidente. Dopo l’«Ottantanove», e in maniera più evidente con l’inizio del XXI secolo, la tesi del rispecchiamento tra le due vicende nazionali è stata prima messa in discussione e poi, di fatto, abbandonata. Soprattutto nell’ambito delle trattazioni generali sulla storia dell’Italia repubblicana e della Repubblica Federale Tedesca sono emerse nuove interpretazioni che sembrano recuperare, sia pure in modo diverso dal passato, l’idea dell’«anomalia italiana», da un lato, e dell’«eccezionalismo tedesco» (questa volta in positivo), dall’altro. Il compito dello storico interessato alle relazioni italo-tedesche potrebbe, dunque, essere quello di illustrare la trasformazione che dal 1945, e con più evidenza dal 1989, a oggi porta dall’apparente somiglianza alla crescente divergenza delle vicende di Germania e Italia. Uno dei fenomeni storico-politici più rilevanti, che forse meglio di altri consente di cogliere tale trasformazione, è il percorso comune dell’integrazione europea. leggi tutto