I cattolici negli Stati Uniti. Una minoranza con un leader positivo
Gli Stati Uniti non hanno mai avuto nella loro storia una maggioranza cattolica. La storia stessa della costruzione del Paese racconta soprattutto di gruppi protestanti spinti a muoversi da una sponda all’altra dell’Atlantico, e, una volta arrivati oltreoceano, decisi a spostarsi verso Ovest alla ricerca di una Terra se non promessa, almeno abitabile. I seguaci della Chiesa di Roma, in questo processo, hanno giocato un ruolo di secondaria importanza, come dimostra anche la loro marginalità nella storia missionaria dell’America settentrionale.
Francesco, star dei sondaggi
Abbiamo raccontato in un articolo precedente che negli Stati Uniti è visibile una crisi del cristianesimo, un declino numerico che accomuna cattolici e protestanti. Se ci concentriamo sui cattolici, scopriamo che in soli otto Stati dei cinquanta costituenti la Federazione essi sono il gruppo religioso prevalente, quasi ovunque i loro numeri sono in calo e neppure là dove l’immigrazione ispanica ha fornito nuova linfa alla fede romana il trend negativo è invertito, anzi. Quando c’è, la maggioranza è striminzita, talvolta condivisa con altri, sempre relativa.
Uno di questi Stati è la Pennsylvania, dove il papa è atteso a fine settembre per l’incontro mondiale leggi tutto
Strategie di sopravvivenza alla crisi del Cristianesimo negli Stati Uniti
La Costituzione degli Stati Uniti d’America sancisce la separazione tra sfera istituzionale e religiosa e proibisce al Congresso di legiferare per il riconoscimento di qualsiasi religione. Uno Stato laico dunque, ma pur sempre religiosamente connotato, come dimostrano i ripetuti richiami a Dio presenti nell’immaginario popolare, nelle banconote, nelle formule dei giuramenti giudiziari, nei discorsi dei presidenti, nella normativa di alcuni stati del Sud che discriminano gli atei manifesti.
Un panorama religioso in mutamento
Una recente ricerca del Public Religion Research Institute (American Value Atlas) ha dimostrato che i richiami al Dio dei cristiani sono sempre meno efficaci per la sensibilità dei cittadini. Se infatti i cristiani (non i cattolici) rimangono la maggioranza nel Paese, le cose stanno rapidamente cambiando. Un censimento religioso datato 2007 fissava al 16% la percentuale di coloro che non si riconoscevano in nessuna affiliazione, cifra salita al 22% nel 2014. Atei e agnostici sono secondi solo ai cristiani, tra i quali i protestanti hanno perso la maggioranza assoluta (47%). L’indagine è molto dettagliata, approfondisce la situazione nei singoli stati e mostra come una delle ragioni della trasformazione sia il mutamento della composizione etnica e anagrafica della popolazione statunitense. Sono stati individuati alcuni indicatori del mutamento in leggi tutto
Romero non è solo. Il Perù, la violenza e la valenza politica delle nuove beatificazioni.
Lo scorso 3 febbraio papa Francesco ha autorizzato la Congregazione delle Cause dei Santi a promulgare i decreti per la beatificazione di cinque persone. Quattro di loro sono stati dichiarati martiri. Oscar Arnulfo Romero, vescovo di San Salvador, fu ucciso “in odio alla fede” il 24 marzo 1980 dagli squadroni della morte legati al governo autoritario del Paese. È un riconoscimento invocato da molto tempo. L’attesa ha indotto parte della Chiesa e dell’opinione pubblica a interrogarsi sul perché né Giovanni Paolo II né Benedetto XVI abbiano compiuto il passo fatto invece da Bergoglio. Meno noto è il caso di Michal Tomaszek e Zbingiew Strzałkowski, francescani polacchi, e di Alessandro Dordi, sacerdote bergamasco, assassinati dai guerrieri maoisti di Sendero Luminoso il 9 e il 25 agosto 1991, a Pariacoto, diocesi di Chimbote (Perù costiero settentrionale). Vittime, i martiri, di violenze politiche provenienti da estremismi di desta e di sinistra e oggi uniti nella beatificazione, con una scelta che svela un equilibrismo politico poco casuale.
Roma: una Chiesa spaventata
Era allora vescovo di Chimbote Luis Bambarén Gastelumendi, gesuita, il quale iniziò presto il procedimento di beatificazione dei tre missionari, chiedendone il riconoscimento quali martiri uccisi in odio alla fede, proprio come Romero. La decisione per la beatificazione presumibilmente non è estranea alla visita che Bambarén Gastelumendi, oggi vescovo emerito di Chimbote, ha fatto al confratello Jorge Mario Bergoglio il 22 ottobre 2014. leggi tutto
Il viaggio apostolico, un cardine della politica vaticana
La storia sa correre veloce come un jet.
Gennaio 1964: Paolo VI fu il primo papa a salire su un aereo. Volò con destinazione Terra Santa e inaugurò così una nuova stagione nella vita della Chiesa: negli anni successivi papa Montini si sarebbe recato in Libano e India, Stati Uniti, Portogallo, Turchia, Colombia e Bermuda, Svizzera, Uganda e avrebbe portato a termine un lungo giro tra l’Asia e l’Oceania, dall’Iran fino in Australia (25 novembre-3 dicembre 1970).
Gennaio 2015: il viaggio di Francesco fa tappa a Manila dove viene celebrata una messa davanti a milioni di persone. Le stime oscillano tra sei e sette, padre Federico Lombardi – direttore della Sala Stampa della Santa Sede – ha parlato del più grande avvenimento della storia pontificia. Tra Paolo VI e Francesco sono stati tre gli eletti al soglio di Pietro. Fatta eccezione per il brevissimo pontificato di Giovanni Paolo I, di voli se ne contano davvero tanti. Soprattutto per iniziativa di Giovanni Paolo II, “il papa viaggiatore” che fu protagonista di centocinque visite fuori Italia. Ognuna di esse, diceva Woytila, rappresentava “un autentico pellegrinaggio al santuario vivente del popolo di Dio”. Neppure Benedetto XVI si è risparmiato: ventiquattro volte si è spinto fuori dai confini italiani. leggi tutto
Ne mancano quarantatré. Censura e canzoni a proposito del massacro di Ayotzinapa
La vicenda è nota. Lo scorso 26 settembre ottanta studenti della Escuela Normal Rural “Raul Isidro Burgos” di Ayotzinapa (stato di Guerrero, Messico meridionale) si trovavano a Iguala, capoluogo del municipio. Erano lì per una colletta, programmata per raccogliere i fondi necessari a recarsi a Città del Messico, dove avrebbero dovuto partecipare alla commemorazione del massacro di studenti avvenuto nella piazza di Tlatelolco. Era il 2 ottobre 1968. Solo dopo trent’anni la giustizia acclarò che si era trattato di un attacco premeditato, organizzato per reprimere il movimento studentesco. Torniamo al 2014. Accanto alla raccolta fondi, i ragazzi della “Burgos” avevano organizzato un’azione di protesta, volta a occupare l’area destinata a un evento istituzionale del Partito della Rivoluzione Democratica, quello del sindaco di Iguala, José Luis Abarca Velázquez. Polizia e uomini in borghese hanno reagito sparando. La violenza è proseguita fino al giorno successivo, otto persone sono morte, quarantatré studenti sono scomparsi. I media hanno parlato di caccia all’uomo. Le indagini hanno portato alla scoperta di diversi cadaveri sommariamente sepolti in fosse comuni. La confessione di alcuni arrestati ha rivelato quello che molti si aspettavano: i desaparecidos sono stati torturati e uccisi. Da chi? La stretta alleanza tra la polizia locale e i narcotrafficanti suggerisce un’inquietante leggi tutto
Cattolici in Cina: storia e attualità di una questione insoluta
È notizia degli ultimi giorni quella di un possibile riavvicinamento tra il Vaticano e la “Chiesa patriottica cinese”, necessario preludio all’eventuale inaugurazione di una nuova stagione dei rapporti tra la Santa Sede e la Repubblica popolare, a oggi ancora pressoché inesistenti.
Una questione di sovranità
La difficoltà di relazioni tra Roma e Pechino ha radici lontane. Papa Clemente XI nel 1704 sancì l’illegittimità dei metodi missionari introdotti da Matteo Ricci e dai gesuiti, volti a concedere il massimo rispetto alle cerimonie e ai costumi cinesi, nella ricerca di una convivenza tra l’insegnamento cattolico e la tradizione locale. Ribadito nel 1742 da Benedetto XIV, il divieto segnò la fine dell’avanzata cattolica nel Celeste Impero. Decisiva fu la reazione risentita dell’imperatore Kangxi, che alla predicazione gesuitica aveva guardato con benevolenza, fino a promulgare un Editto di tolleranza in favore del cristianesimo (1692). Solo nel 1939 Pio XII avrebbe modificato la linea di condotta romana, consentendo ai cristiani di partecipare alle cerimonie civili. Lo stesso pontefice consentì la costituzione di una gerarchia ecclesiastica locale nel 1946, ma reagì alla nascita della Repubblica popolare cinese (21.9.1949) vietando ai cattolici di cooperare con il regime. Il riconoscimento di Taiwan da parte della Santa Sede (1951) condusse alla rottura dei rapporti diplomatici tra la Cina e il Vaticano. Ufficialmente banditi, leggi tutto
La strada del dialogo ecumenico. Cinque secoli dopo Lutero (1517-2017)
Festeggiare le ricorrenze storiche può essere tanto una mera celebrazione senza conseguenze, quanto una feconda opportunità di costruire il futuro guardando al passato. A questa seconda categoria di possibilità appartiene la serie di lavori preparatori per la ricorrenza del quinto centenario dalla Riforma luterana.
Dal conflitto alla comunione
Il simbolico inizio della Riforma è datato 31 ottobre 1517, giorno in cui Martin Lutero affisse sulla porta della chiesa di Wittenberg le sue Novantacinque Tesi, lanciando una sfida epocale alla Chiesa di Roma. Per la prima volta nella storia luterani e cattolici commemoreranno insieme la ricorrenza, e lo faranno all’esito di un notevole percorso di riflessione. L’obiettivo del cammino è evidenziare i punti di comunione per superare quelli di divisione, mettere l’accento sul dialogo anziché sullo scontro. Il documento che ha avviato il ragionamento sul passato si intitola Dal conflitto alla comunione, il suo primo capitolo riflette sull’anniversario della Riforma in “un’era ecumenica e globale”. Si tratta di uno scritto licenziato dalla Commissione luterana-cattolica sull’unità e la commemorazione comune della Riforma, reso pubblico nel luglio dello scorso anno. L’importanza della storia è palese nel testo, sorta di approfondito inventario del dialogo tra le due Chiese, rassegna dei lunghi e difficili passi che hanno portato dalla condanna comune e dalle reciproche scomuniche alla ricerca della comprensione, del rispetto e della collaborazione, momento di progresso sulla via della concordia. leggi tutto
Il risveglio della Chiesa argentina. La ricerca dei “bambini scomparsi” nel periodo della dittatura.
Le nude cifre spesso sanno impressionare più di quanto non facciano pagine e pagine di commenti. In Argentina quattrocento famiglie ancora cercano i “bambini rubati”. Sono i figli delle donne in attesa sequestrati negli anni del terrorismo di Stato, quando le mamme venivano lasciate sopravvivere fino al termine della gravidanza, salvo poi vedere affidati i loro neonati a famiglie legate alla dittatura militare (1976-1983). Ai piccoli era cambiata l’identità, nascosta la verità, impedita la consapevolezza delle proprie origini. I genitori naturali, nella stragrande maggioranza dei casi, non restavano in vita. Sono state le nonne, le Abuelas de Plaza de Mayo ad attivarsi per cercare quei bambini, definiti da alcuni “bottino di guerra”. Di cinquecento che nacquero nelle prigioni clandestine, poco più di un centinaio hanno potuto sapere.
La voce dei vescovi
Nel fluire della storia ci sono ritardi che impressionano: è nell’ottobre 2014 che i vescovi argentini hanno preso decisamente la parola sul tema dei “bambini nascosti”. Lo hanno fatto attraverso uno spot registrato dal presidente della Conferenza Episcopale nazionale, José María Arancedo, e destinato ad andare in onda sulle reti televisive e radiofoniche nazionali. Il titolo è “La fede muove verso la verità”. Arancedo nel video appare a fianco di Estela de Carlotto e Rosa Roisinblit (presidentessa e vicepresidentessa delle Abuelas de Plaza de Mayo). Parla in nome dei vescovi argentini per chiedere a chiunque abbia notizie sui ricoveri in cui sono stati i bambini sequestrati, o sia a conoscenza dei luoghi i cui i loro genitori sono stati sepolti clandestinamente, di riconoscere il proprio obbligo morale: devono rivolgersi alle autorità competenti. Si spera che il mezzo televisivo e quello radiofonico abbiano la capacità di moltiplicare leggi tutto
Voci del cattolicesimo indiano. Presupposti per un nuovo cammino
Oltre le polemiche tra cardinali, oltre la resistenza della parte tradizionalista alle aperture ipotizzate dagli innovatori, il sinodo sulla famiglia offre l’occasione per volgere lo sguardo a parti della Chiesa universale geograficamente e culturalmente molto lontane da Roma. Una di queste realtà è l’India.
Essere minoranza religiosa
Indirizzati dall’urgenza, musulmani e cristiani hanno ripetutamente unito la propria voce a quella di movimenti sociali impegnati nella lotta per la difesa dei diritti civili. L’allarme suona a causa dei sempre più frequenti attacchi subiti dalle minoranze religiose per mano di estremisti indù. I dati raccolti raccontano di addirittura seicento casi acclarati tra maggio e settembre 2014. Non si tratta solo di violenza e di preoccupazione per l’incolumità e per la libertà di espressione dei fedeli delle religioni minoritarie. È anche un problema politico. Emerge dall’appello dei gesuiti indiani (Jesuits in Social Action) e dal dossier reso pubblico da John Dayal (segretario del consiglio cristiano pan-indiano) come diversi leader politici, nazionali e locali, sostengano apertamente le azioni estremiste e garantiscano sovente l’impunità ai colpevoli di violenze anche efferate. Per avere un’idea dei rapporti numerici attuali nel panorama religioso indiano, si noti che quasi l’80% della popolazione si professa induista, i musulmani si attestano intorno al 13% e i cattolici poco sopra il 2%. leggi tutto
Il sinodo dei vescovi: uno sguardo sul futuro tra dottrina e disciplina.
Questa sera alle 18 inizierà la veglia di preghiera e riflessione che anticipa la riunione della III Assemblea Generale straordinaria del sinodo dei vescovi, prevista per domani, domenica 5 ottobre. Il tema scelto per l’assise è molto ampio: “Le sfide pastorali della famiglia nel contesto dell’evangelizzazione”. Le discussioni della vigilia si sono però concentrate su questioni che possono apparire marginali, quali soprattutto la liceità della comunione ai divorziati risposati e l’alleggerimento del procedimento per la nullità canonica del matrimonio.
La chiusura dei cinque cardinali
Una rilevante eco sui mezzi di comunicazione ha avuto l’annuncio dell’uscita del libro Remaining in the Truth of Christ. Marriage and Communion in the Catholic Church (Ignatius Press, edito in Italia da Cantagalli con il titolo Permanere nella verità di Cristo. Matrimonio e Comunione nella Chiesa Cattolica). Tra gli autori vi sono cinque cardinali: Walter Brandmüller, Raymond Leo Burke, Carlo Caffarra, Velasio De Paolis, Gerhard Müller (prefetto della Congregazione della Dottrina della Fede, l’antica Inquisizione). A muovere l’interesse non sono tanto i contenuti, in verità ben poco innovativi e in qualche caso semplice rielaborazione di scritti noti. Risalta piuttosto come alcuni cardinali prendano palesemente posizione contro le tesi esposte da un altro porporato, Walter Kasper, che nel febbraio scorso ha tenuto di fronte al concistoro una lunga relazione teologica sulla pastorale familiare (pubblicato in Il Vangelo della famiglia, Queriniana). leggi tutto