Quattromila numeri di Civiltà Cattolica. A proposito di storia
Il quindicinale dei gesuiti italiani “Civiltà Cattolica” ha raggiunto sabato il fascicolo 4.000. Come si aspetta chi conosce la Compagnia di Gesù, laricorrenza è stata salutata attraverso una riflessione sul presente e la presentazione di progetti per il futuro, costruiti sulla tradizione e sulla storia. Questo è visibile sia nel discorso pronunciato dal Papa alla comunità della rivista, sia nell’indice del quaderno. Nulla di strano per un ordine religioso che ha costruito la propria identità soprattutto sui documenti e sugli archivi.
Il Papa a Civiltà Cattolica
Francesco ha indicato tre parole guida per il lavoro futuro del collegio degli scrittori, accompagnandole a figure di riferimento di gesuiti dell’età moderna. Sembra una scelta simbolica, quella di indicare tre persone che nell’interno dell’ordine hanno avuto percorsi molto diversi. Come patrono dell’inquietudine il Papa ha menzionato uno dei padri fondatori, Pierre Favre (1506-1546), “pioniere dell’ecumenismo”, capace di percorrere buona parte dell’Europa occidentale per conoscere chi non la pensava come lui e per confrontarsi. Matteo Ricci (1552-1610), missionario in Cina, è il simbolo dell’incompletezza, intesa come curiosità e apertura di pensiero, anche lui prontissimo a dialogare con le altre culture. A personificare l’immaginazione è invece Andrea Pozzo (1642-1709), architetto e pittore, capace di aprire cupole e corridoi dove c’erano tetti e muri, ha detto il Papa. leggi tutto
La missione non sia proselitismo. Note sull’Angelus di papa Francesco
Nell’Angelus di domenica scorsa, 8 gennaio, Francesco ha commentato il passo del Vangelo di Matteo che racconta il battesimo di Gesù per mano di Giovanni, detto appunto il Battista (Mt, 3, 13-17). Il papa si è soffermato sul momento in cui Giovanni dice: «Sono io che dovrei essere battezzato da te» e sulla reazione del Messia che lo invita a procedere perché si adempiano le Scritture: «Ecco lo stile di Gesù e anche del missionario dei discepoli di Cristo: annunciare il Vangelo con mitezza e fermezza, senza arroganza o imposizione. La vera missione non è mai proselitismo ma attrazione a Cristo».
Battesimi di massa e ospedale da campo
La riflessione di Bergoglio si pone in piena continuità con i tratti di un pontificato che abbiamo imparato a conoscere. Nell’intervista con Luigi Scalfari dell’ottobre 2013 Francesco era stato molto chiaro: il proselitismo è una sciocchezza, è arroganza che nulla ha a che vedere con la vera missione, sintetizzata nell’immagine della Chiesa ospedale da campo, chiamata a uscire per curare gli ammalati. Nella sostanza, sono pensieri che appartengono da tempo al sistema missionario cattolico, di certo dal Concilio Vaticano II, ma in alcuni casi anche da molto prima. leggi tutto
Un oleodotto in terra sioux. Il rispetto della religione, la difesa dell’ambiente
Mni Wiconi, l’acqua è vita: è questo il motto di protesta dei Sioux, una delle tribù della nazione Lakota, in particolare di quelli che oggi vivono nella riserva di Standing Rock (Nord Dakota). Si tratta di un luogo simbolo. Proprio la diffusione in questa riserva di una nuova religione nata altrove, la cosiddetta “Danza degli Spiriti” (Ghost Dance), contribuì infatti a scatenare una dissennata reazione dell’esercito degli Stati Uniti che diede luogo all’ultimo episodio delle guerre indiane, il Massacro di Wounded Knee (29 dicembre 1890).
Un oleodotto in luoghi sacri
L’attuale malcontento nasce dal progetto che prevede la costruzione dell’oleodotto Dakota Access Pipeline, milleduecento miglia (quasi duemila km) di condutture, per opera della Dakota Access, società del gruppo di Dallas Energy Transfer Partners. Una parte della mastodontica opera dovrebbe passare sulle terre abitata dai Sioux di Standing Rock, precisamente sotto il lago Ohae, a mezzo miglio dalle falde acquifere della riserva. I rischi di inquinamento sono evidenti, meno di quanto non siano le parimenti rilevanti questioni legate alla sacralità di parte delle terre comprese nel percorso dell’oleodotto.
Da aprile un accampamento occupato stabilmente da almeno seimila persone è stato organizzato per opporsi ai lavori. Chi lo abita sono soprattutto leggi tutto
Dal Venezuela il nuovo ‘Papa Nero’.
Venerdì scorso, 14 ottobre, è stato eletto il nuovo generale dei gesuiti, il venezuelano Arturo Sosa Abascal. Tradizionalmente l’uomo al vertice della Compagnia di Gesù viene definito ‘Papa Nero’. A quel che ne sappiamo, l’espressione fu riportata la prima volta dal prete-scrittore francese Jean Hippolyte Michon, che in una novella del 1865 (Le Jésuite) aveva messo in scena proprio il rientro del generale Jan Roothaan a Roma dopo l’esilio seguito ai moti del 1848, acclamato dalla folla al grido di «Viva il papa nero». L’invocazione richiamava l’abitudine degli ignaziani di abbigliarsi in quel colore. A un bambino che chiedeva spiegazioni alla madre sul significato di quel saluto, la donna – stando alla penna di Michon – rispose: «È il papa nero, il vero papa».
Arturo Sosa, tra periferia e centro
Oggi che «il vero papa» è egli stesso un gesuita, questa distinzione suona stonata, ma è indubbio che il capo dei gesuiti ricopra un posto di rilievo per la vita della Chiesa. Arturo Sosa ha un altissimo profilo intellettuale e non è certo una novità per il generale della Compagnia di Gesù. Esperto di scienza politica, accademico di valore, conosce il mondo e l’arte di governare, come dimostrato dalla sua strada all’interno dell’ordine, in Venezuela prima e a Roma poi, leggi tutto
Pace in Colombia. Il principio di una stagione nuova
Fin dagli esordi del pontificato Bergoglio è stato chiaro che il ruolo della Santa Sede nelle vicende latinoamericane avrebbe assunto una marcata importanza, in particolare in situazioni particolarmente complesse come quella colombiana. Agevolato dalla diplomazia vaticana, il procedere dei negoziati di La Havana tra i rappresentanti del governo e quelli delle FARC (Fuerzas Armadas Revolucionarias de Colombia - Ejército del Pueblo) ha effettivamente portato dei risultati concreti.
Le ultime tappe
È del 25 agosto scorso l’annuncio congiunto della chiusura delle trattative, cui ha fatto seguito il “cessate il fuoco” definitivo, dopo più di cinquant’anni di lotta armata. Contestualmente è stato definito il calendario costituzionale che definisce la fase di transizione: il 26 settembre è la data della firma ufficiale dell’accordo, mentre il 2 ottobre sarà celebrato un referendum popolare per la ratifica dell’accordo finale. Più che di un referendum, si crede, dovremmo parlare di un plebiscito, anche perché un eventuale mancata ratifica porterebbe a una poco pronosticabile (e auspicabile) riapertura dei negoziati.
Al di là di queste due fondamentali scadenze, vi sono ulteriori momenti importanti a definire la concretizzazione degli accordi di pace. Uno di questi è il ritorno alla vita pacifica di migliaia di bambini guerrieri, fino a ora “arruolati” nelle truppe delle FARC. Il percorso è iniziato lo scorso dieci settembre, leggi tutto
Brindiamo agli Europei, visti da Parigi
La prima fase dei Campionati Europei di calcio si è conclusa. Sportivamente si è trattato di una danza tutto sommato insignificante: trentasei partite per eliminare otto squadre su ventiquattro, una formula che ha prodotto molti incontri senza pathos e molti altri senza qualità. Aspettiamo dunque il futuro prossimo, ma intanto proviamo a ragionare sulla rilevanza sociale di quanto è successo in Francia, di certo ben più marcata di quella sportiva.
Ubriachezza molesta
Gli scontri più gravi sono stati quelli di Marsiglia, caratterizzati da un terribile eccesso di violenza che ha messo di fronte inglesi e russi, accompagnati da gruppi di estremisti francesi bramosi di battaglia, senza un vero perché. C'è ancora chi lotta per sopravvivere. La polizia è provata, lo si legge nei volti di chi presiede la "fan zone" allestita a Parigi a Champ de Mars, sotto la Tour Eiffel. Sono in tanti, sono armati, sono tesi ma sono anche gentili e prodighi di indicazioni e consigli per chi, anziché guerreggiare, vorrebbe guardare del buon football.
Si è scritto che la battaglia di Marsiglia è stata alimentata dall'alcool. Tutti ubriachi, o alterati da sostanze capaci di mandare fuori di senno. Probabilmente non completamente in sé lo era anche il giovane croato che per introdurre un fumogeno allo stadio ha sacrificato l'intimità del proprio corpo, facendone nascondiglio inviolabile. leggi tutto
Nuove conversioni. Il battesimo dei rifugiati in Germania
Che lo spostamento dei migranti sia un segno tra i più noti e caratterizzanti del nostro tempo è un’affermazione scontata, ma non sempre è facile tenere conto della sua complessità. Dentro tale complessità c’è da evidenziare un crescente numero di conversioni dall’islam al cristianesimo (specie alla confessione luterana) da parte dei rifugiati. Per cogliere i tratti caratteristici della questione – poco nota nel nostro Paese – è necessario volgere lo sguardo di là dai confini: alla Francia, dove Le Monde ha pubblicato un interessante reportage, ma soprattutto alla Germania e all’Austria, dove da anni se ne sta ragionando.
Chi arriva
Berlino, Hannover, Stoccarda sono solo alcune delle città in cui le parrocchie evangeliche stanno registrando un sempre crescente numero di conversioni, soprattutto da parte di donne e uomini provenienti da Afghanistan e Iran. Il fenomeno si sta inoltre allargando dalle città ai piccoli paesi ed è testimoniato anche in altri stati, come la Danimarca. Modi e ragioni della conversione sono diversi. A persone che sono già entrate in contatto con il cristianesimo in patria (e che talvolta sostengono di non averlo potuto abbracciare per paura) si aggiunge chi inizia a conoscerlo dopo leggi tutto
Daniel Berrigan (1921-2016). Un uomo contro la guerra
Sabato scorso, 30 aprile, è scomparso all'età di novantaquattro anni il padre gesuita Daniel Berrigan. Il titolo scelto dal New York Times per annunciare la notizia lo descrive come “il prete che predicò il pacifismo”. Berrigan è stato un simbolo dell'azione politica di quella che negli Stati Uniti è stata chiamata la “nuova sinistra cattolica”.
I nove di Catonsville
L'opinione pubblica mondiale lo conobbe soprattutto per una clamorosa azione di protesta contro la guerra in Vietnam. Assieme al fratello Philip e ad altri sette attivisti cattolici entrò nel Centro di reclutamento di Catonsville in Maryland (17 maggio 1968) per bruciare le lettere di chiamata alle armi. La portata emblematica del gesto fu rinforzata dalla scelta di incendiare le carte usando del napalm fatto in casa.
Fu un'azione drammatica che contribuì alla crescita della protesta contro la guerra in Vietnam in tutti gli Stati Uniti, caratterizzata in seguito da sempre più frequenti proteste e atti di disobbedienza civile. I “nove di Catonsville” furono condannati alla reclusione per distruzione di proprietà statale, ma si nascosero in clandestinità. Scoperti e catturati, furono effettivamente incarcerati. Daniel Berrigan scontò due anni di pena nella prigione federale di Danbury, dove ricevette anche la visita del generale della Compagnia di Gesù, Pedro Arrupe, uomo che nella propria esperienza missionaria aveva vissuto la scioccante esperienza della bomba atomica a Hiroshima. leggi tutto
Da Pio XII a Francesco. Lo sguardo di Hans Küng sui sette Papi della sua vita
Uscito nella versione tedesca per l’editore Piper il 10 agosto 2015, il nuovo libro di Hans Küng è stato recentemente (febbraio 2016) pubblicato in traduzione italiana con il titolo “Di fronte al Papa. La mia vita nella Chiesa da Pio XII a Francesco”. Come spesso accade, esigenze editoriali hanno suggerito una modifica del titolo originale “Sette Papi. Come io li ho vissuti”, più fedele al contenuto, dal momento che il noto teologo svizzero non è stato propriamente sempre “di fronte” ai Papi. Basti pensare a Giovanni Paolo II, che gli revocò la missio canonica (ovvero l’investitura della Chiesa cattolica a poter insegnare nel suo nome) e che rifiutò sempre di incontrarlo.
Il libro riprende e integra la corposa autobiografia di Küng, composta di tre volumi nell’edizione tedesca (“Libertà conquistata”; “Verità contestata”; “Umanità vissuta”) e di un unico tomo – approvato dall’autore – in quella italiana, ancora Rizzoli, intitolato “Una battaglia lunga una vita. Idee, passioni, speranze. Il mio racconto del secolo”. Così come nelle memorie, anche nel raccontare i rapporti personali e nell’esprimere le proprie considerazioni sui Papi della sua vita, Küng dimostra la raffinata capacità di parlare di sé e degli altri mantenendo una costante attenzione al contesto storico, solidamente radicata su di una conoscenza continuamente in divenire grazie allo studio, all’esperienza individuale e a una non ordinaria capacità di lettura dell’attualità. leggi tutto
Ayotzinapa. Una battaglia nella guerra dei nostri giorni
Nel corso del recente viaggio messicano, il papa non ha mancato di dedicare parte del suo tempo ai confratelli gesuiti. Limitato da un’agenda davvero incalzante, Bergoglio ha infatti trovato il modo di riunirsi con alcuni esponenti della squadra di governo della provincia messicana della Compagnia di Gesù. Guidati dal padre provinciale Francisco Magaña, i sei gesuiti che si sono incontrati con Francesco gli hanno consegnato una lettera scritta dai familiari dei quarantatré ragazzi di Ayotzinapa.
I desaparecidos
Il riferimento è alla vicenda datata 26 settembre 2014. In quell’occasione ottanta studenti di una scuola della città di Ayotzinapa (Messico meridionale) avevano partecipato a una manifestazione organizzata per raccogliere i fondi necessari a recarsi a Città del Messico, dove avrebbero dovuto intervenire alla commemorazione della strage di studenti avvenuto nel 1968 a Tlatelolco, un massacro premeditato, organizzato per reprimere il movimento studentesco e riconosciuto come tale solo trent’anni dopo i fatti. La rievocazione però costituiva anche l’occasione per un’azione di protesta contro il Partito della Rivoluzione Democratica e gli studenti di Ayotzinapa hanno conosciuto un destino simile a quelli di Tlatelolco. La loro manifestazione è stata repressa con violenza e crudeltà, ci sono stati molti spari, otto persone sono morte, leggi tutto