Tra pressapochismo delle informazioni e condizionamenti delle fake news
Secondo il Prof Ruben Razzante - docente di Diritto dell’informazione all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano e al Master in giornalismo dell’Università Lumsa di Roma - “si è avuta l’impressione, soprattutto dopo la prima ondata del Covid, che il ‘Festival della virologia a reti unificate’, alimentato in modo incosciente dal circuito mediatico, sia stato funzionale alla narrazione dominante della pandemia e quindi si sia rivelato un elemento di propaganda. Un vero vulnus alla democrazia una comunicazione autoreferenziale e persuasoria che ha preso il sopravvento sulla comunicazione di pubblica utilità, contribuendo a destabilizzare le persone sul piano psichico. È un abuso del quale pagheremo le conseguenze per anni, anche se ora nessuno ne parla. È mancata la democrazia dell’informazione, intesa come garanzia del diritto dei cittadini ad essere informati correttamente senza spettacolarizzazioni, allarmismi ma anche senza sottovalutazioni. Ha difettato l’equilibrio nei flussi comunicativi, improvvisati, schizofrenici e contraddittori”. Una tendenza che non si è interrotta e cresce esponenzialmente con il pericolo di una nuova ondata pandemica: secondo un report dagli USA pubblicato dal Corriere della sera il 25/7 u.s esiste una vera e propria rete della disinformazione, che si avvale di consulenze scientifiche mirate a diffondere falsità sui vaccini. “Sotto accusa come al solito, soprattutto Facebook che veicola attraverso le sue diverse reti, da Instagram a WhatsApp, circa i tre quarti del traffico sui social media”. Dietro la diffusione delle fake news c’è soprattutto la ricerca del profitto, che si realizza nella negazione della scienza ufficiale e si alimenta attraverso la messa in circolazione di cure e farmaci alternativi, quanto inefficaci.
Esiste poi il coté politico di questa informazione distorta che mira a recuperare consensi facendo leva sulle paure della gente. Va sottolineato tuttavia come la scienza ufficiale abbia avuto modo in diverse occasioni di contraddirsi: questa mancanza di univocità ha gonfiato la bolla speculativa del dissenso e del negazionismo. Senza contare che i decisori politici hanno difettato in coerenza e lungimiranza, mettendosi al rimorchio delle notizie anziché gestirle in modo oculato, senza sensazionalismi e – soprattutto - senza frammentarietà e contraddizioni. La stagione dei DPCM incalzanti è stata forse necessitata ma disastrosa: si voleva regolamentare tutto ma inevitabilmente si produceva una burocrazia paralizzante, tra conflitti Stato-Regioni, colorifici territoriali, notizie indecifrabili, ordini e contrordini, aperture e chiusure.
Certamente lo spartito imposto da Draghi e Figliuolo ha cambiato la musica: tuttavia lo zoccolo del negazionismo, delle valutazioni sommarie, dell’ignoranza resta in tutta la sua inscalfibile durezza.
Prevedere tutto e su tutto dare informazioni tempestive e chiare, utilmente declinabili in comportamenti individuali e sociali è certo un’utopia irrealizzabile, fare opera di pedagogia sociale pure: ma si ha l’impressione che governi e forze politiche di opposizione di tutto il mondo, ivi comprese le istituzioni terze come l’OMS, le agenzie dei farmaci e le stesse case farmaceutiche abbiano costruito una narrazione poco coerente, con fughe in avanti, conferme e poi smentite, rocamboleschi dietro-front. Ciò dimostra – come il Prof Razzante ha evidenziato- che l’informazione (spesso confusa con la mera e aleatoria comunicazione) di fatto si sta ponendo come un crocevia decisivo in tema di scelte da compiere tra dettami scientifici rassicuranti e mercato mondiale della persuasione occulta o della strumentalizzazione preconcetta.
E’ questo dunque il potere latente più forte, perché simultaneo e pervasivo, liquido direbbe Bauman.
Quando il dibattito politico è condizionato da interessi capziosi vuol anche dire che la scienza non ha (non è supportata ad esserlo) l’autorevolezza necessaria per metabolizzare convincimenti suffragati dall’evidenza della ricerca e della medicina. La globalizzazione ha generato omologazione e luoghi comuni ma anche soggettività distorte che si alimentano di molti diritti e di pochi doveri. Esiste dunque un difetto di informazione a cui si affianca la narrazione negazionista rispetto alle evidenze: si pensi all’Olocausto, al terrapiattismo, al misconoscimento della medicina ufficiale della comunità internazionale: ma c’è anche un problema di metabolizzazione individuale e collettiva che radica nel sospetto e nella miscredenza come fonti di conoscenza, nella disobbedienza civile, nell’assenza di pensiero critico. Tutto è falsato, contestato, ribaltato e ciò non riguarda solo la questione della pandemia o l’efficacia dei vaccini, ci sono diversi fronti aperti dove ora si decide il futuro dell’umanità. La forza di penetrazione delle fake news è devastante, facilitata dall’onda lunga dei social e della digitalizzazione raggiunge ogni angolo del pianeta e fa proseliti: spesso è preponderante rispetto alle tutele della trasparenza e della privacy, le stesse istituzioni ne sono vulnerate. Dietro ad essa ci sono mani sapienti che gestiscono l’informazione, per questo è necessaria un’etica della responsabilità. Oscillando nell’ibrido del vero e del falso siamo tutti alla ricerca – per dirla con Battiato – di un centro di gravità permanente: ’over and over again’.
* Già dirigente ispettivo MIUR
di Francesco Provinciali *
di Francesco Domenico Capizzi *