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Tafazzi fra i quadri del PD?

Paolo Pombeni - 05.04.2017
Sede PD

L’osservatore che non tifa per nessuno dei contendenti rimane sconvolto a vedere le reazioni di molti quadri del PD per l’esito delle votazioni congressuali nei circoli del partito, tanto da chiedersi se non sia il mitico Tafazzi, quel personaggio che predilige farsi male da solo, il modello a cui essi si ispirano.

I risultati dei circoli possono ovviamente piacere o meno, ma è doveroso chiedersi cosa sia successo anziché perdere tempo a strologare su complotti, forzature e quant’altro. Dovrebbe essere elementare che a non molti mesi dalle elezioni nazionali (ed a breve ad una tornata di amministrative) si facesse una riflessione sul danno che si procura al proprio partito descrivendolo come un’accolita più o meno di venduti e/o sprovveduti, da cui i migliori se ne sono andati e in cui vigono le più spregiudicate tecniche di manipolazione.

Francamente non si vede su cosa possano basarsi queste analisi. Non che nei partiti manchino anche giochi spregiudicati, difficoltà di permanenza per le anime belle e via dicendo, ma è una realtà antica che è esistita da tempo, da cui hanno tratto beneficio anche coloro che se ne sono andati sbattendo la porta (a tutt’oggi senza avere dato giustificazioni più convincenti dell’antipatia per Renzi). Dunque non sono buone ragioni per mettere in crisi la tenuta stessa del partito in cui si milita, visto che una sua sconfitta travolgerebbe tutti.

Converrebbe piuttosto chiedersi cosa sia veramente successo. La prima leggenda da sfatare è la lamentazione continua sul crollo degli iscritti. E’ un fenomeno comune in tutte le società occidentali e da almeno vent’anni: risponde al declino dell’amore per la militanza, al venir meno della capacità di presenza sociale dei partiti, al tramonto delle ideologie nella loro forma tradizionale. Si sarebbe avuto più o meno lo stesso andamento anche senza Renzi, sarebbe bene rendersene conto. La seconda leggenda riguarda il tasso di partecipazione degli iscritti alle operazioni elettorali. Anche qui si finge di non sapere che una parte delle tessere sono acquisite per default da tradizione, altre sono state in qualche modo forzate da funzionari che devono mostrare che sono in grado di fare molti aderenti, altre riguardano persone che si sentono di fatto ininfluenti sulla vita del partito e che pertanto partecipano alla dimensione della sua socialità (ancora forte nelle vecchie generazioni del PD), ma non più a quella politica. Dunque sono tessere di soggetti che non ardono dal desiderio di andare a votare per i confronti interni.

Ce la si può cavare naturalmente dando tutte le colpe a Renzi e ai suoi per questa devitalizzazione del partito, ma si sa bene che i suoi avversari non è che facciano esattamente vita di circolo dedicandosi intensamente alla crescita culturale della base.

L’ultima leggenda da sfatare è una lettura cervellotica dei risultati del referendum del 4 dicembre scorso. In esso non si può dire ci sia stata una sconfessione di massa del leader del PD, visto che la sua proposta ha raccolto più o meno il 40% dei consensi. Certo il 60% gli ha votato contro, ma è più probabile che questi fossero in maggioranza coloro che facevano riferimento ai suoi avversari fuori del partito, piuttosto che dei dissidenti interni del PD.

Dunque sarebbe più corretto prendere atto che i risultati di questa tornata hanno smentito la tesi di un Renzi “alieno” all’interno del suo partito, perché gli alieni si sono rivelati essere i numerosi quadri che hanno sostenuto la candidatura di Orlando (anzi che l’hanno quasi obbligato a candidarsi) senza capire che la loro presa sulla base era assai più modesta di quella dell’ex segretario.

Ovviamente anche a Renzi converrebbe imparare qualcosa da questa competizione ed è che ha stravinto perché ha limitato molto la sua presenza pubblica e ha lasciato lavorare i suoi uomini. Gli ha giovato enormemente l’attacco concentrico della vecchia guardia e dei tradizionali colonnelli, perché poche cose portano simpatia ad un politico come l’essere oggetto di attacchi scriteriati in cui lo si accusa di ogni nefandezza. Non tutta la gente si lascia abbindolare da questi pregiudizi.

Naturalmente la partita per Renzi non è finita, si è solo aggiudicato il primo round. Adesso comincia il secondo più difficile perché è nelle primarie aperte a tutti che Renzi deve dimostrare la forza del suo consenso. Sarebbe interesse di tutti lasciare che questa prova si svolgesse nella massima lealtà. Che una persona pure intelligente come Cuperlo chiami in soccorso gli scissionisti che hanno scelto di fare un altro partito ad inquinare il voto nei gazebo intristisce e molto: sembra quei principi italiani che chiamavano gli eserciti stranieri a sostegno dei loro traballanti regni e che finirono per consegnare loro il paese.

Adesso sembra che l’ultimo gioco al massacro sia quello di “dare i numeri”, cioè di fissare tetti di partecipazione sotto i quali la vittoria di Renzi, che viene data per scontata, sarebbe poco significativa. E’ un’altra operazione politicamente senza senso perché qualcuno deve spiegarci a chi serva avere un PD con un segretario squalificato dovendo andare ad una difficilissima prova elettorale, visto che un parlamento con quel partito terremotato non si troverebbe in buona salute (è un dato oggettivo, a prescindere dalla simpatia o meno per il PD). Aggiungiamoci poi che se invece si avesse una nuova grande vittoria di Renzi con superamento dei tetti che gli avversari gli fissano avremmo un vincitore che si esalterebbe per il suo successo e che, visto il suo carattere, avrebbe qualche difficoltà a fare un uso assennato della sua vittoria (e questo è qualcosa che dovrebbe preoccupare anche coloro che hanno simpatia nelle capacità creative dell’ex presidente del consiglio).